...in effetti, fa una certa impressione, devo dire, non essere di ritorno da Roma. Vero? Me lo faceva notare ieri sera Lucio. Qualcuno lì fuori lo sente anche lui? e stupisce anche leggere reportage su qualcosa di credibile. Tantopiù che il concerto di Don Byron non era certo il massimo. Ok, ne è valsa la pena per ascoltare "il bassista più noiso del mondo" - sempre Lucio che parla - ma il resto... mmh qualcuno dormiva pure. E come se non bastasse, arrivati davanti al Maffia, altre sonnolenze varie e pochi euro ci hanno tenuto fuori dai Royksopp (da segnalare, alla cassa, una folta coda di groupies norvegesi, alte senza tacchi e con il biondo platino che faceva luce: Lucio è entrato...).
Beh, insomma, per tutti questi motivi, come nei veri blog-diari passo di qui per dare un senso alla mia "tranche de vie n°1".
Tranche de vie n°1
Io, Robot
R.Sammy girò sui tacchi e tornò al solito lavoro. Baley si chiese, irritato,
perché lo stesso lavoro non potesse farlo un uomo.
(Isaac Asimov, Abissi d'acciaio, Il ciclo dei robot vol.1)
Dico questo perché io di famiglia sono un ragazzo per lo meno benestante. Benestante la famiglia, che poi è una famigliastra. Vivo sui tetti di Modena; da ragazzo gli unici sport che ho praticato con impegno sono stati il tennis d'inverno e l'apnea e la pesca subacquea d'estate (almeno fino a una mia famosa sincope nella piscina del club); e se mi incontravi a quindici/sedici anni e mi chiedevi cosa facevo, tipo a che scuola andavo, io ti rispondevo secco che di lavoro suonavo la chitarra in un gruppo progressive jazz (???). Da allora non è cambiato poi molto. Sono un po' più affabile, ma si sa la cortesia è un modo per evitare le spiegazioni. Quindi continuo a dare molto facilmente del lei e mi ritrovo ai margini. Di cosa poi non saprei. Mi ricordo quando facevo il servizio civile. All'arci-uisp. 150 metri dietro casa. Assegnato al settore pallavolo, quell'anno il settore fallì per polemiche interne. Non avevo nulla da fare. Davo del lei a tutti. Leggevo i libri del settore cinema. Un bel giorno nella penombra silente del mio ufficio si presenta un tizio impomatato e brillante, il nome lo descrive bene. Si chiamava Ziosi. Ziosi, presidente plenipotenziario di una superpolisportiva, mi dice "hey, mi hanno detto che tu ha il tempo per ciclostilarmi dei volantini". Chiudo Pudovkin e vado al ciclostile: "Quanti ne vuole... scusi così vanno bene... non si preoccupi... lei cosa ne dice... li preferisce rossi ecc". Arrivati di fronte al direttore Uisp Ziosi mi guarda e mi fa "dammi pure del tu". "Non si preoccupi" sorrido. "No, dai, preferisco se mi dai del tu". "Sì sì" risposi "ma io le do del lei per rispetto nei miei confronti". Gelo in ufficio presidenza. Mai più ciclostilati per Ziosi.
Per venire al dunque, che poi un dunque non c'è, sono un certo tipo di povero. Povero di soldi e da qualche tempo credo anche di spirito. Ma io non ho fatto niente, dico, neanche niente di male. Per questo 12 mesi fa, quando, raccomandato, l'editore il Mulino mi ha chiamato per un colloquio ero anche ben disposto. Al colloquio, dove io davo del lei a tutti, mi spiegano un paio di cose. Ho poi saputo da amici di essere stato definito "implùme".
Siamo al punto non punto. Studente, come 'lavoro' ho collaborato per un anno con la redazione e l'ufficio diffusione del Mulino. Indici, bozze, indici analitici. Sono un rappresentante del "popolo della partita iva", costretto da non so quale decreto fiscale che rende impraticabili le collaborazioni occasionali. Sarà precariato? Di sicuro con i licenziamenti per giusta causa non c'entra. Con la flessibilità senz'altro sì, anche perché qui ti telefonano un giorno per l'altro, tutti molto gentili, si scusano ti danno del tu, ti invitano a prendere le bozze in Strada Maggiore. Due o tre mesi fa mi sono dato malato a tempo indeterminato. Non ho neanche emesso l'ultima fattura perché ho un casino col registro. E poi il commercialista dei miei mi farebbe il prezzo speciale di un milione e mezzo l'anno, il che mi imbarazza ad avviare il rapporto.
L'unico impegno che ho mantenuto è la stesura dei testi del catalogo semestrale. Ogni sei mesi, di fatto, il Mulino ristampa e aggiorna il mio best seller. Siamo alla terza edizione, di cui si prevedono diverse migliaia di copie. Funziona così: la diffusione ti passa le quarte di copertina, le note per i librai e gli indici di circa 100 novità. Tu devi far finta di aver letto i libri per intero e stendere 800 caratteri per ciascuno. 9 righe da cui emergano i temi principali del libro e qualche nota di lettura. Il tutto accattivando i lettori del target, cioè laureati in genere. Un anno fa, feci 10 testi di prova. Economia, sociologia, non profit. Occhi luccicanti, addirittura la direttrice del settore uscì dall'ufficio per dirmi: "Ah, ecco, sei tu Sisco. Bravo, ma nella vita cosa fai? li hai scritti molto, molto bene; sono perfetti". "La ringrazio", dico. Mi spiega: "Non li facciamo fare agli editor perché sai, spesso non riescono a riscrivere quel che hanno già scritto e poi sono già molto impegnati con gli autori". Beh, penso, per un target laureato io vado come un treno.
Ti danno 5 euro a testo. 500 euro in tutto. Ho fatto due calcoli. Perché mi convenisse dovevo impiegarci 10 massimo 12 ore. Sembra facile ma tenere dieci testi all'ora di media svuota. Mi metto lì come una macchina, di solito un pomeriggio e una mattina. Il primo l'ho fatto tutto da solo. Fotocopia sulle ginocchia, lettura, scrittura. Ho impegato 15 ore. Ora ho aggiunto altri componenti. Lavoro molto di scanner. Seleziono prima, inverto delle frasi, combino parole. Avvio la scansione e poi, quando hai il testo grezzo sul desk, è come scrivere con gli occhi, come avere uno strano sensore che trascrive cancella e modifica secondo quello che pensi.
Mercoledì, in piena attività, c'è stato un clic. Mi sono fermato circa 15 secondi e ho riletto un testo, era il penultimo. Non lo avevo mai fatto. Era un volume di sociologia del lavoro di un certo Mutti. Eccolo:
In Italia, la ricerca sociologica, tende ad occuparsi soprattutto del mercato del lavoro e delle condizioni del lavoratore sul territorio. I sociologi economici hanno con ciò sottolineato le peculiarità del nostro sviluppo, caratterizzato da una evidente differenziazione territoriale e dalla questione meridionale. Contribuendo a quel processo di riflessione su se stessa, sulla propria identità e sulla propria maturità che la sociologia italiana ha cominciato a sviluppare negli ultimi anni, questa ricerca si propone di esplicitare le immagini della società italiana che essa stessa ha costruite.
"Contribuendo a quel processo di riflessione su se stessa... questa ricerca si propone di esplicitare le immagini della società italiana che essa stessa ha costruite"?. Sentivo qualcosa di perverso, di un umano degradato. Ho controllato. Avevo rispettato pienamente la logica del discorso che avevo in mano. Io ero stato perfettamente lucido, funzionante, il meccanismo non si era inceppato, avevo riscritto ma non avevo mutato, come mi veniva richiesto.
Devo aver perso una rotella, ho trasgredito le leggi, mi sono ribellato. Ormai era inevitabile, avrei interrotto anche il contatto con la diffusione. Sull'onda dell'emozione ho scritto l'ultimo testo, la scehda di una raccolta di studi dei giovani di confindustria, poi mi sono steso sul letto a guardare la Ghirlandina. Ecco l'ultimo capitolo del mio best seller, forse il più umano:
"Voluto dai Giovani Imprenditori di Confindustria, questo volume interpella una ventina di studiosi e analisti sui temi della globalizzazione. Non una critica alla globalizzazione, quindi, ma una riflessione su una globalizzazione ancora imperfetta ed incompleta. Come fare per globalizzare la globalizzazione? La globalizzazione va governata, ma mentre le società e le culture si globalizzano, sono proprio i governi a non riflettere abbastanza sulla globalizzazione. Si pensi per esempio all’importanza, in una prospettiva globalizzata, di politiche migratorie eque e sostenibili. Gli autori di questo libro, che non necessariamente sono esperti di globalizzazione, hanno voluto proporre un contributo di idee perché “la globalizzazione sia regolata” e perché si realizzino gli investimenti necessari alla globalizzazione; affinché si giunga, infine, ad un’idea positiva di globalizzazione".
Cfr. Paolo Annunziato, Antonio Calabrò Lo sguardo dell'altro. Per una governance della globalizzazione , Fuori collana - Il Mulino 440 p. - £. 35.000
Beh, insomma, per tutti questi motivi, come nei veri blog-diari passo di qui per dare un senso alla mia "tranche de vie n°1".
Tranche de vie n°1
Io, Robot
R.Sammy girò sui tacchi e tornò al solito lavoro. Baley si chiese, irritato,
perché lo stesso lavoro non potesse farlo un uomo.
(Isaac Asimov, Abissi d'acciaio, Il ciclo dei robot vol.1)
Dico questo perché io di famiglia sono un ragazzo per lo meno benestante. Benestante la famiglia, che poi è una famigliastra. Vivo sui tetti di Modena; da ragazzo gli unici sport che ho praticato con impegno sono stati il tennis d'inverno e l'apnea e la pesca subacquea d'estate (almeno fino a una mia famosa sincope nella piscina del club); e se mi incontravi a quindici/sedici anni e mi chiedevi cosa facevo, tipo a che scuola andavo, io ti rispondevo secco che di lavoro suonavo la chitarra in un gruppo progressive jazz (???). Da allora non è cambiato poi molto. Sono un po' più affabile, ma si sa la cortesia è un modo per evitare le spiegazioni. Quindi continuo a dare molto facilmente del lei e mi ritrovo ai margini. Di cosa poi non saprei. Mi ricordo quando facevo il servizio civile. All'arci-uisp. 150 metri dietro casa. Assegnato al settore pallavolo, quell'anno il settore fallì per polemiche interne. Non avevo nulla da fare. Davo del lei a tutti. Leggevo i libri del settore cinema. Un bel giorno nella penombra silente del mio ufficio si presenta un tizio impomatato e brillante, il nome lo descrive bene. Si chiamava Ziosi. Ziosi, presidente plenipotenziario di una superpolisportiva, mi dice "hey, mi hanno detto che tu ha il tempo per ciclostilarmi dei volantini". Chiudo Pudovkin e vado al ciclostile: "Quanti ne vuole... scusi così vanno bene... non si preoccupi... lei cosa ne dice... li preferisce rossi ecc". Arrivati di fronte al direttore Uisp Ziosi mi guarda e mi fa "dammi pure del tu". "Non si preoccupi" sorrido. "No, dai, preferisco se mi dai del tu". "Sì sì" risposi "ma io le do del lei per rispetto nei miei confronti". Gelo in ufficio presidenza. Mai più ciclostilati per Ziosi.
Per venire al dunque, che poi un dunque non c'è, sono un certo tipo di povero. Povero di soldi e da qualche tempo credo anche di spirito. Ma io non ho fatto niente, dico, neanche niente di male. Per questo 12 mesi fa, quando, raccomandato, l'editore il Mulino mi ha chiamato per un colloquio ero anche ben disposto. Al colloquio, dove io davo del lei a tutti, mi spiegano un paio di cose. Ho poi saputo da amici di essere stato definito "implùme".
Siamo al punto non punto. Studente, come 'lavoro' ho collaborato per un anno con la redazione e l'ufficio diffusione del Mulino. Indici, bozze, indici analitici. Sono un rappresentante del "popolo della partita iva", costretto da non so quale decreto fiscale che rende impraticabili le collaborazioni occasionali. Sarà precariato? Di sicuro con i licenziamenti per giusta causa non c'entra. Con la flessibilità senz'altro sì, anche perché qui ti telefonano un giorno per l'altro, tutti molto gentili, si scusano ti danno del tu, ti invitano a prendere le bozze in Strada Maggiore. Due o tre mesi fa mi sono dato malato a tempo indeterminato. Non ho neanche emesso l'ultima fattura perché ho un casino col registro. E poi il commercialista dei miei mi farebbe il prezzo speciale di un milione e mezzo l'anno, il che mi imbarazza ad avviare il rapporto.
L'unico impegno che ho mantenuto è la stesura dei testi del catalogo semestrale. Ogni sei mesi, di fatto, il Mulino ristampa e aggiorna il mio best seller. Siamo alla terza edizione, di cui si prevedono diverse migliaia di copie. Funziona così: la diffusione ti passa le quarte di copertina, le note per i librai e gli indici di circa 100 novità. Tu devi far finta di aver letto i libri per intero e stendere 800 caratteri per ciascuno. 9 righe da cui emergano i temi principali del libro e qualche nota di lettura. Il tutto accattivando i lettori del target, cioè laureati in genere. Un anno fa, feci 10 testi di prova. Economia, sociologia, non profit. Occhi luccicanti, addirittura la direttrice del settore uscì dall'ufficio per dirmi: "Ah, ecco, sei tu Sisco. Bravo, ma nella vita cosa fai? li hai scritti molto, molto bene; sono perfetti". "La ringrazio", dico. Mi spiega: "Non li facciamo fare agli editor perché sai, spesso non riescono a riscrivere quel che hanno già scritto e poi sono già molto impegnati con gli autori". Beh, penso, per un target laureato io vado come un treno.
Ti danno 5 euro a testo. 500 euro in tutto. Ho fatto due calcoli. Perché mi convenisse dovevo impiegarci 10 massimo 12 ore. Sembra facile ma tenere dieci testi all'ora di media svuota. Mi metto lì come una macchina, di solito un pomeriggio e una mattina. Il primo l'ho fatto tutto da solo. Fotocopia sulle ginocchia, lettura, scrittura. Ho impegato 15 ore. Ora ho aggiunto altri componenti. Lavoro molto di scanner. Seleziono prima, inverto delle frasi, combino parole. Avvio la scansione e poi, quando hai il testo grezzo sul desk, è come scrivere con gli occhi, come avere uno strano sensore che trascrive cancella e modifica secondo quello che pensi.
Mercoledì, in piena attività, c'è stato un clic. Mi sono fermato circa 15 secondi e ho riletto un testo, era il penultimo. Non lo avevo mai fatto. Era un volume di sociologia del lavoro di un certo Mutti. Eccolo:
In Italia, la ricerca sociologica, tende ad occuparsi soprattutto del mercato del lavoro e delle condizioni del lavoratore sul territorio. I sociologi economici hanno con ciò sottolineato le peculiarità del nostro sviluppo, caratterizzato da una evidente differenziazione territoriale e dalla questione meridionale. Contribuendo a quel processo di riflessione su se stessa, sulla propria identità e sulla propria maturità che la sociologia italiana ha cominciato a sviluppare negli ultimi anni, questa ricerca si propone di esplicitare le immagini della società italiana che essa stessa ha costruite.
"Contribuendo a quel processo di riflessione su se stessa... questa ricerca si propone di esplicitare le immagini della società italiana che essa stessa ha costruite"?. Sentivo qualcosa di perverso, di un umano degradato. Ho controllato. Avevo rispettato pienamente la logica del discorso che avevo in mano. Io ero stato perfettamente lucido, funzionante, il meccanismo non si era inceppato, avevo riscritto ma non avevo mutato, come mi veniva richiesto.
Devo aver perso una rotella, ho trasgredito le leggi, mi sono ribellato. Ormai era inevitabile, avrei interrotto anche il contatto con la diffusione. Sull'onda dell'emozione ho scritto l'ultimo testo, la scehda di una raccolta di studi dei giovani di confindustria, poi mi sono steso sul letto a guardare la Ghirlandina. Ecco l'ultimo capitolo del mio best seller, forse il più umano:
"Voluto dai Giovani Imprenditori di Confindustria, questo volume interpella una ventina di studiosi e analisti sui temi della globalizzazione. Non una critica alla globalizzazione, quindi, ma una riflessione su una globalizzazione ancora imperfetta ed incompleta. Come fare per globalizzare la globalizzazione? La globalizzazione va governata, ma mentre le società e le culture si globalizzano, sono proprio i governi a non riflettere abbastanza sulla globalizzazione. Si pensi per esempio all’importanza, in una prospettiva globalizzata, di politiche migratorie eque e sostenibili. Gli autori di questo libro, che non necessariamente sono esperti di globalizzazione, hanno voluto proporre un contributo di idee perché “la globalizzazione sia regolata” e perché si realizzino gli investimenti necessari alla globalizzazione; affinché si giunga, infine, ad un’idea positiva di globalizzazione".
Cfr. Paolo Annunziato, Antonio Calabrò Lo sguardo dell'altro. Per una governance della globalizzazione , Fuori collana - Il Mulino 440 p. - £. 35.000
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