Ingegneri e Edili: spazio e letteratura
Senso pratico e sense of humor se ne vanno allegramente a braccetto. Tutto risiede nel fatto che questi (i pratici; si veda anche le Storie di Cronopios e Famas di Cortazar, Einaudi, che piace un sacco agli architetti) delle cose capiscono il meccanismo e riescono quindi a prender le distanze (sistemi di riferimento, si veda più sotto o in archivio). Lo dice Pavese (Mestiere di vivere, Einaudi) e facciamo che mi convince (è anche il Senso della vite, Perturbazione, se vogliamo, anche se alcuni del settore, però civile, sembrano non apprezzare). Che gli ingegneri abbiano senso pratico è opinione diffusa (non argomentiamo) ma meno conosciuto (qui lo scoop del post) è il fatto che gli ingegneri hanno un sacco di spazio per pensare (pause). Ce lo segnala Bruno nel suo blog-brogliaccio: Giornale di cantiere dove si legge: Perché una delle cose più belle e più brutte di questo mestiere è lo spazio libero concesso al rimuginio del cervello. Ci sono giorni in cui ti basta il 10-15% della tua limitata capacità mentale per andare avanti tranquillamente col lavoro. Un minimo di attenzione per non farsi male, un tantinello di accortezza per non combinare boiate, un pizzico d'ispirazione per fischiettare una canzone in tono e non occorre altro. Le mani ripetono gesti abituali, gli occhi controllano un minimo e l'hard-disk interiore gira senza controllo. Vabbè, Bruno è un edile con il kuore, ma visto che mi trova pienamente d'accordo, estendo alla categoria e di lì la metonimia per ingegneri, in generale. Quindi vale anche per i meccanici, ad esempio Musil Robert, e per gli elettrotecnici/elettronici, ad esempio Gadda Carlo Emilio. Che non sono affatto figure atipiche, ma l'espressione più completa dell'ingegnere ben riuscito (loro, nello spazio di risulta, 90-85%, hanno studiato la Filosofia).
Noialtri, poveretti, non siamo che ingegneri a mezzo.
Senso pratico e sense of humor se ne vanno allegramente a braccetto. Tutto risiede nel fatto che questi (i pratici; si veda anche le Storie di Cronopios e Famas di Cortazar, Einaudi, che piace un sacco agli architetti) delle cose capiscono il meccanismo e riescono quindi a prender le distanze (sistemi di riferimento, si veda più sotto o in archivio). Lo dice Pavese (Mestiere di vivere, Einaudi) e facciamo che mi convince (è anche il Senso della vite, Perturbazione, se vogliamo, anche se alcuni del settore, però civile, sembrano non apprezzare). Che gli ingegneri abbiano senso pratico è opinione diffusa (non argomentiamo) ma meno conosciuto (qui lo scoop del post) è il fatto che gli ingegneri hanno un sacco di spazio per pensare (pause). Ce lo segnala Bruno nel suo blog-brogliaccio: Giornale di cantiere dove si legge: Perché una delle cose più belle e più brutte di questo mestiere è lo spazio libero concesso al rimuginio del cervello. Ci sono giorni in cui ti basta il 10-15% della tua limitata capacità mentale per andare avanti tranquillamente col lavoro. Un minimo di attenzione per non farsi male, un tantinello di accortezza per non combinare boiate, un pizzico d'ispirazione per fischiettare una canzone in tono e non occorre altro. Le mani ripetono gesti abituali, gli occhi controllano un minimo e l'hard-disk interiore gira senza controllo. Vabbè, Bruno è un edile con il kuore, ma visto che mi trova pienamente d'accordo, estendo alla categoria e di lì la metonimia per ingegneri, in generale. Quindi vale anche per i meccanici, ad esempio Musil Robert, e per gli elettrotecnici/elettronici, ad esempio Gadda Carlo Emilio. Che non sono affatto figure atipiche, ma l'espressione più completa dell'ingegnere ben riuscito (loro, nello spazio di risulta, 90-85%, hanno studiato la Filosofia).
Noialtri, poveretti, non siamo che ingegneri a mezzo.
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