E così questo è il futuro


Un paio di persone mi hanno già chiesto allora com’è questo ultimo libro di Douglas Coupland.

Io, che alla fine dei conti non mi esprimo tanto bene, ho sperato di cavarmela e di rendere un’idea rispondendo che ero rimasto sveglio fino alle quattro di mattina per finirlo.

Ma questa, mi accorgo dalla faccia di chi mi ascolta, non è un’esperienza di lettura che si comunica facilmente: troppo intima, troppo legata a ciò che io pretendo che diventi il tenere in mano un libro.

E dunque eccomi qui stasera, tra la cena e il cinema, seduto sul letto a cercare di capire cosa penso davvero di All families are psychotic (concedetemi la snobismo di chiamarlo col suo vero nome - il senso del titolo italiano mi sfugge completamente e mi fa un po’ rabbia: qualcuno ha qualche ipotesi?).



Da dove cominciare: dalla trama? Non ho visto le recensioni ufficiali ma immagino che poche riportino una trama. Difficile farlo senza tralasciare qualche parte importante. Semplicemente, succedono troppe cose. La prima impressione è che questo racconto di Coupland non sia riducibile, che sia tutto un continuo cinematografico e corale colpo di scena.



Certo, c’è un’unità di luogo (una Florida traslucida, quasi allucinata) e di tempo (i pochi giorni precedenti il lancio di uno Shuttle). L’azione invece eccede: i personaggi che ruotano in grande quantità intorno alla già numerosa famiglia Drummond fanno quasi tutto quello che ci si potrebbe aspettare dai personaggi di un romanzo: ci chiedono fiducia e la tradiscono, si rendono antipatici poi ci fanno ridere, appaiono e scompaiono, con provvidenziale tempismo.

Ma questo è niente. Il nucleo familiare al centro del racconto è qualcosa di così esplosivo che si fatica a tenere a mente tutto quello che ogni personaggio porta dietro: conversioni religiose, dipendenza da droghe, fedine penali impresentabili, donne trovate e perse, malattie incurabili, soprattutto una tenacia (anche nell’autolesionismo) che ha quasi sempre dell’incredibile.

Non mancano: una ragazza che si chiama Swh, una sparatoria tra consanguinei, auto a noleggio che in ogni capitolo finiscono fuori strada, un conto alla rovescia e qualche morto.



Quello che però fa di questa vertiginosa favola “un romanzo di Douglas Coupland” credo sia qualcosa d’altro, come al solito. Qualcosa che si insinua tra le rughe di una signora che ormai ha varcato la soglia della terza età e che scopre (casualmente su internet, ma sono le pagine più deboli) di essere ancora un essere umano dotato di vita e sentimenti. Una persona che si rende conto che tutto quello che ha sempre creduto, ciò a cui è stata educata, può andare in fumo, svanire, e ugualmente riesce a trovare spazio per desiderare di vivere, per capire quale sia “la differenza tra morire a sessantacinque anni oppure a settantacinque”.



«E così questo è il futuro. Non è quello che mi aspettavo, ma che io sia dannata se lascerò che il futuro mi ignori».



Dopo Fidanzata in coma non avevo avuto voglia di leggere Miss Wyoming. Chi ha amato i romanzi di Coupland, e li ha letti in senso cronologico, sa che a metà di quel libro succede qualcosa, avviene uno scarto nel modo di raccontare di Coupland (e vistosamente anche nello stile): compare una tensione “morale” che prima non era così palese, o che forse rimaneva sullo sfondo.

Ora pare che Coupland “creda” in qualcosa (non sto parlando necessariamente di religione), e cerchi di comunicarcelo in tutti i modi. In questo momento sono portato a dire che riempire All families are psychotic di mirabolanti avventure è solo un modo per mostrare che, nonostante tutto quello che ci può accadere, nonostante la follia e la merda del mondo nel quale siamo finiti, noi viviamo. È una verità che mi pare Coupland ritenga essenziale e che si sforzi di farci vedere nella sua nuda grandiosità.



Fatta questa premessa, cioè che noi viviamo, non ci resta che scegliere. Tutto ciò che continuiamo a fare per/con disperazione, mentre ci muoviamo come ciechi, a un certo punto in Coupland diventa un traguardo. Non è un passo indietro.

Cercare, pensare, osservare, incontrare: sono attività (vorrei dire “di base”) che i personaggi di All families are psychotic conquistano: ho l’impressione che Coupland voglia esortarci a vedere la vita come una prova (del nostro stesso cercarne un senso), e per uno che ancora dopo più di dieci anni viene presentato come “quello della Generazione X” (sottinteso fancazzisti tutti mtv e fast-food) mi pare decisamente notevole.

Non so se All families are psychotic sia un grande romanzo: so solo che sono molto contento di averlo letto, di averlo letto oggi, nonostante tutto. Non fatevi distrarre dai trucchi: qui c’è solo un essere umano vivo che vi sta abbracciando, forte.

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