Musica per (tempo da) lupi
So che molti blogger, anche celebri, amano Bright Eyes e la sua musica. Inviterei costoro a concedere un giro in cuffia al ventenne Patrick Wolf. La prima volta che l'irresistibile A Boy Like Me è uscita dalla mia radio, suonata dal buon Ginka, mi è scappato detto "Conor Oberst + Richard D. James = Genio".
Ovviamente non è tutto qui, dato che dentro Lycanthropy, eterogeneo album d'esordio del biondo inglese, ci sono canzoni composte nell'arco di otto anni. Per la precisione, quelli che vanno dagli 11 ai 19.
In pratica, una summa dell'adolescenza del nostro eroe (vedi la titletrack), il documento della sua trasformazione in Lupo (epifania parigina sotto forma di medium), delle sue fughe da scuola con un registratore quattro tracce sotto braccio, delle sue vicissitudini in antiche residenze di Virginia Woolf ora abbandonate, ricordi dell'ultimo guardiano di faro d'Irlanda (manco a dirlo, il padre di suo padre) e sogni di due gatti due cani una grande cucina e uno zerbino con su scritto Benvenuti (tutto quello che voglio - battete le mani a tempo).
Patrick Wolf suona la viola dall'età di sei anni e ancora la suona ogni tanto per gli Hidden Cameras, quando passano per Londra. Da ragazzino si è costruito un theremin ma per fortuna in questo disco non si sente. Rilascia dichiarazioni piacevolmente ambigue circa il suo rapporto con il sesso ("last time I checked I had a penis, but I hate the idea of being a man - like Grobbie Williams [sic]. It's just so boring and antiquate") che aggiunte a versi come quelli di Childcatcher (in pratica un aggiornamento di "Suffer little children") e ai momenti musicali più smithsiani farebbero pensare di aver trovato un nuovo piccolo Morrissey. Ma la voce è quasi sempre molto più teatrale, e dagli Smiths si passa presto a Robert Smith. E poi ci sono pezzi con cori e cassa in quattro da fare invidia agli Underworld, quindi discorso chiuso. Ci sono canzoni dove il laptop è considerato lo strumento per eccellenza del musicista folk (meglio se aperto in un bosco in cima a una collina), e ci sono canzoni con clarinetti rotti e fisarmoniche, e ci sono canzoni registrate durante picnic nei cimiteri.
Lycanthropy è un disco profondo e semplice al tempo stesso, come il sorriso del suo autore, come i suoi vent'anni, come i desideri di "total chaos" che passano per la poesia vissuta in ogni momento, e che a quell'età sembrano devastanti e fanno sentire forti come lupi.
So che molti blogger, anche celebri, amano Bright Eyes e la sua musica. Inviterei costoro a concedere un giro in cuffia al ventenne Patrick Wolf. La prima volta che l'irresistibile A Boy Like Me è uscita dalla mia radio, suonata dal buon Ginka, mi è scappato detto "Conor Oberst + Richard D. James = Genio".
Ovviamente non è tutto qui, dato che dentro Lycanthropy, eterogeneo album d'esordio del biondo inglese, ci sono canzoni composte nell'arco di otto anni. Per la precisione, quelli che vanno dagli 11 ai 19.
In pratica, una summa dell'adolescenza del nostro eroe (vedi la titletrack), il documento della sua trasformazione in Lupo (epifania parigina sotto forma di medium), delle sue fughe da scuola con un registratore quattro tracce sotto braccio, delle sue vicissitudini in antiche residenze di Virginia Woolf ora abbandonate, ricordi dell'ultimo guardiano di faro d'Irlanda (manco a dirlo, il padre di suo padre) e sogni di due gatti due cani una grande cucina e uno zerbino con su scritto Benvenuti (tutto quello che voglio - battete le mani a tempo).
Patrick Wolf suona la viola dall'età di sei anni e ancora la suona ogni tanto per gli Hidden Cameras, quando passano per Londra. Da ragazzino si è costruito un theremin ma per fortuna in questo disco non si sente. Rilascia dichiarazioni piacevolmente ambigue circa il suo rapporto con il sesso ("last time I checked I had a penis, but I hate the idea of being a man - like Grobbie Williams [sic]. It's just so boring and antiquate") che aggiunte a versi come quelli di Childcatcher (in pratica un aggiornamento di "Suffer little children") e ai momenti musicali più smithsiani farebbero pensare di aver trovato un nuovo piccolo Morrissey. Ma la voce è quasi sempre molto più teatrale, e dagli Smiths si passa presto a Robert Smith. E poi ci sono pezzi con cori e cassa in quattro da fare invidia agli Underworld, quindi discorso chiuso. Ci sono canzoni dove il laptop è considerato lo strumento per eccellenza del musicista folk (meglio se aperto in un bosco in cima a una collina), e ci sono canzoni con clarinetti rotti e fisarmoniche, e ci sono canzoni registrate durante picnic nei cimiteri.
Lycanthropy è un disco profondo e semplice al tempo stesso, come il sorriso del suo autore, come i suoi vent'anni, come i desideri di "total chaos" che passano per la poesia vissuta in ogni momento, e che a quell'età sembrano devastanti e fanno sentire forti come lupi.
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