Nuove frontiere dell'Alta Fedeltà


Lost in translationAvrei voluto scrivere qualcosa di convincente per rispondere a La Laura che, qui sotto, sembra essere rimasta insensibile alla poesia di Lost in translation (anche se capisco che non si riesce mai a persuadere qualcuno a "farsi piacere" qualcosa: al massimo puoi continuare a mostrare, illuminare aspetti, senza arrivare a capo di nulla).

Avrei voluto argomentare con leggerezza il risaputo: che non si tratta di una storia d'amore né d'amicizia semplice semplice, ma che mi è sembrata una storia sul bisogno d'amore e d'amicizia, bisogno che i due personaggi, così incastrati nella loro incredibile bolla spazio-temporale (Tokyo-insonnia), sono fin troppo consapevoli di non poter soddisfare.



Mentre le commedia d'amore presentano di solito il momento iniziale di una storia, e dopo la parola fine non c'è più niente da raccontare, cioè i due personaggi vivranno felici e contenti, qui si resta sospesi (guardiamo la città dall'alto, con la faccia di chi non riesce ad addormentarsi), non è possibile afferrare il cuore della questione per le mille differenze che li separano.

E forse da questa sospensione consegue la sensazione di superficialità che La Laura accusava. Allora le risponderei che di questa superficialità non è però vittima il film, e si andrebbe avanti un pezzo, tornando in macchina di notte dopo un concerto.



Ma dopo aver letto oggi il post di Fabio, dove viene illustrato il concetto di "rimasterizzazione emotiva", non so: non ne ho più la forza.

Aggiungo soltanto che anch'io, la mattina dopo, ho cercato subito la colonna sonora, e l'ho ascoltata tutta diverse volte, e non ci potevo credere quando alla fine di Just like honey, dopo cinque minuti di silenzio (non skippati) ho sentito la voce annunciare "Ladies and gentlemen, Mr. Bob Harris"...

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