Thank you for the music (14)

Una polaroid di musica in nice price



I tre dischi di Nick Drake: Five leaves left, Bryter layter e Pink moon, usciti per la Island records rispettivamente nel 1969, 1970 e 1972, sono tutti in nice price.

Non c’è di certo bisogno che siano quelli di polaroid a raccomadarli caldamente, ma dato che abbiamo istituito una rubrica che fa questo (i.e. consiglia dischi fondamentali adducendo, però, bizzarre argomentazioni) tanto valeva ricordarvi di quel fanciullino di Tanworth-in-Arden, cui tanto deve molta della musica, britannica e non (anche se spesso in maniera indiretta, che presuppone una rielaborazione e non una citazione), che siamo usi lasciar girare allegramente inconsapevoli nei nostri lettori cidi.

Sarebbe interessante, per quanto possibile (me neanche troppo), dimenticare l’immaginario blakiano e a buon diritto pop, ipostatizzato in maniera abbastanza convincente nella copertina di Pink Moon, che il nome di Nick rievoca con facilità, e quanto gira attorno al confusionario e eccentrico modo di condurre artevita, il cui fascino abbiamo volentieri smesso di subire ventenni (credendo che saremmo diventati meno romantici e più critici, salvo poi scoprirsi più infelici).

Liberati dai pregiudizi a più larga diffusione è possibile godere dei tre lavori e intrecciarli ad un altro elemento biografico a tutti noto: l’insonnia di Nick. Per noi che dormiamo (è un fatto a priori) è molto facile lasciarsi incantare dall’inquietudine notturna di chi, per contro, non riesce.

Chiave di lettura riduttiva, ovvio, ma invitante: l’umore notturno, non forse quello dei licantropi ma piuttosto il comportamento incrudente (che il corpo scopre tra sonno e veglia, tale per cui la sua resistenza, raggiunto il limite snerva e poi, per un breve intervallo, che è già compromesso, ha una lucida e netta ripresa prima di venire vinta definitivamente), si respira soprattutto nell’ultimo disco, e la capacità di cantare le lune di marmellata che può solo qualcuno che non dorme e piglia i suoi pesci. Penso alla semplicità nitida della composizione che contrasta con quella tristezza fuori del comune, folk e blues assieme.

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