When I said I wanted to steal your song
Ascoltando la sempre fantastica radio on-line indie.nu mi è capitato di scoprire che Higher power di Jens Lekman è totalmente basata su un campionamento preso da So catch him dei Blueboy, band inglese che incideva sulla storica Sarah Records all'alba dei Novanta.
Ancora sconvolto, mi metto a cercare informazioni via Google e mi imbatto in questo bell'articolo (ovviamente su Tangents) a firma Rachel Stevenson, già membro dei Fosca, gruppo londinese accasato presso la Shinkansen Recordings, guarda caso etichetta "erede" della Sarah in quanto fondata da Matt Haynes.
In Rete, prima o poi, qualche cerchio si chiude sempre.
Comunque la Stevenson, che sgama tranquilla il nostro Lekman, poi si congeda con queste clamorose righe:
«Jens reminds me of the Lucksmiths, whose sense of place both grounds them in a specific location and time but whose tales of suburban train lines and small town lives make them strangely universal. The Swedish and the Candle/Melbourne scenes happily exist, occasionally bringing their music over to the UK or the US but without needing the approval of the English or the Americans. They are the light by which we travel into different, but similar worlds».
(ps: l'articolo non lo dice, ma anche Black cab di Lekman si regge tutta su un enorme campionamento: I've got something on my mind dei Left Banke, indicatami da Lucio)
Ascoltando la sempre fantastica radio on-line indie.nu mi è capitato di scoprire che Higher power di Jens Lekman è totalmente basata su un campionamento preso da So catch him dei Blueboy, band inglese che incideva sulla storica Sarah Records all'alba dei Novanta.
Ancora sconvolto, mi metto a cercare informazioni via Google e mi imbatto in questo bell'articolo (ovviamente su Tangents) a firma Rachel Stevenson, già membro dei Fosca, gruppo londinese accasato presso la Shinkansen Recordings, guarda caso etichetta "erede" della Sarah in quanto fondata da Matt Haynes.
In Rete, prima o poi, qualche cerchio si chiude sempre.
Comunque la Stevenson, che sgama tranquilla il nostro Lekman, poi si congeda con queste clamorose righe:
«Jens reminds me of the Lucksmiths, whose sense of place both grounds them in a specific location and time but whose tales of suburban train lines and small town lives make them strangely universal. The Swedish and the Candle/Melbourne scenes happily exist, occasionally bringing their music over to the UK or the US but without needing the approval of the English or the Americans. They are the light by which we travel into different, but similar worlds».
(ps: l'articolo non lo dice, ma anche Black cab di Lekman si regge tutta su un enorme campionamento: I've got something on my mind dei Left Banke, indicatami da Lucio)
Commenti
Posta un commento