La sottile differenza tra band e brand
Proprio questa mattina, il componente di una nota e giovane band italiana mi scriveva "l'idea è quella del facciamolo noi prima che lo faccia qualcun altro". Si stava parlando di campagne di promozione (fai-da-te, per carità, niente di troppo cerebrale a livello di marketing) per un nuovo disco in uscita.
Ci si rende conto che il periodo è talmente fluido e veloce, oltre che poco florido, che ogni strategia sembra poter funzionare più o meno una volta sola.
Spedire mp3 ai blog, concedere "l'anteprima" dello streaming in esclusiva a qualche webzine, scrivere i tour diary, far partecipare i fan con video, remix o addirittura quote di azionariato popolare... Tutto già visto e sentito (oltre che metabolizzato da Hipster Runoff). Un problema serio, se oggi per qualcuno il principale obiettivo da conquistare è l'attenzione.
Ed è qui che i social network, così ci raccontano, possono fare la differenza: con il potenziale della "conversazione". Giusto qualche giorno fa Indieriviera pubblicava un post dall'esplicito titolo "Come promuovere la tua band su Facebook", e sono sicuro che per molti funziona bene.
Ma dall'altra parte, ci sono anche band (come segnalato da Daily Swarm) che non hanno molta voglia di passare le giornate ad aggiornare profili su internet, e rivendicano il proprio lavoro di musicisti "puri". Infatti, il rischio è quello di finire a mettere in secondo piano musica e canzoni, e di perdere il senso della realtà ("so many twentysomethings are not interested in social networking" - Billboard).
La verità probabilmente sta da qualche parte nel mezzo, oltre che ovviamente nei mezzi (di comunicazione), vedi ad esempio il pratico realismo di questa Kristin Marshall, che conclude: "it's not hard, really".
>>>(mp3): Public Enemy - Don't Believe the Hype
Proprio questa mattina, il componente di una nota e giovane band italiana mi scriveva "l'idea è quella del facciamolo noi prima che lo faccia qualcun altro". Si stava parlando di campagne di promozione (fai-da-te, per carità, niente di troppo cerebrale a livello di marketing) per un nuovo disco in uscita.
Ci si rende conto che il periodo è talmente fluido e veloce, oltre che poco florido, che ogni strategia sembra poter funzionare più o meno una volta sola.
Spedire mp3 ai blog, concedere "l'anteprima" dello streaming in esclusiva a qualche webzine, scrivere i tour diary, far partecipare i fan con video, remix o addirittura quote di azionariato popolare... Tutto già visto e sentito (oltre che metabolizzato da Hipster Runoff). Un problema serio, se oggi per qualcuno il principale obiettivo da conquistare è l'attenzione.
Ed è qui che i social network, così ci raccontano, possono fare la differenza: con il potenziale della "conversazione". Giusto qualche giorno fa Indieriviera pubblicava un post dall'esplicito titolo "Come promuovere la tua band su Facebook", e sono sicuro che per molti funziona bene.
Ma dall'altra parte, ci sono anche band (come segnalato da Daily Swarm) che non hanno molta voglia di passare le giornate ad aggiornare profili su internet, e rivendicano il proprio lavoro di musicisti "puri". Infatti, il rischio è quello di finire a mettere in secondo piano musica e canzoni, e di perdere il senso della realtà ("so many twentysomethings are not interested in social networking" - Billboard).
La verità probabilmente sta da qualche parte nel mezzo, oltre che ovviamente nei mezzi (di comunicazione), vedi ad esempio il pratico realismo di questa Kristin Marshall, che conclude: "it's not hard, really".
>>>(mp3): Public Enemy - Don't Believe the Hype
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