Hell, Yes!
Intervista a Marco Rapisarda
Nella rubrica su Rolling Stone di questo mese ho voluto parlare della Hell, Yes!, piccola label indipendente che stampa fighissimi vinili a tiratura limitata. La gestisce Marco Rapisarda, 29 anni, tra la provincia di Venezia, Londra e gli Stati Uniti. Questa è la versione "breve" dell'intervista andata in stampa, qui sotto invece vi metto quella integrale a ruota libera.
Prima osservazione, abbastanza scontata: un'etichetta italiana che, per suoni, grafica, stile, non ha nulla di italiano...
Ho sempre viaggiato molto, incontrando un sacco di gente. Alla fine la maggior parte delle band che escono per l’etichetta sono proprio band di amici, gente che conosco, con cui ho passato del tempo assieme. Tutto il progetto è nato un po’ seguendo i miei spostamenti: ho vissuto un po’ a New York e ho fatto uscire gruppi di New York, ho vissuto un po’ a San Diego e ho fatto uscire gruppi di San Diego, quand’ero più ragazzino avevo la passione per i gruppi svedesi... e poi i gruppi italiani, tipo Mojomatics, Movie Star Junkies... con i Mojomatics siamo cresciuti assieme, sono i miei migliori amici da quando avevo dodici anni.
L’idea della Hell, Yes! è nata come etichetta, ma poi si è allargata anche ad altre cose. Ho cominciato a fare fotografie quando stavo a New York, e da lì è nata questa passione. Non è solamente un’etichetta: è più quello che mi piace fare, quello che mi va di fare. In questo momento è per lo più far uscire dischi, stampare maglie, poster serigrafati eccetera, ma potrebbe ampliarsi in altri campi. Non voglio rimanere "soltanto" un’etichetta. Come vedi, anche nel sito, piuttosto che la biografia di ogni gruppo o la presentazione da comunicato stampa scrivo come ci siamo conosciuti, com’è nata l’idea grafica... Sono sempre io che seguo foto, uscite eccetera. Per esempio, la canzone sul sette pollici delle Dum Dum Girls parlava di un ipotetico fidanzato morto, e così quando è venuta a trovarmi Dee Dee siamo andati nel cimitero del mio paese e abbiamo pensato di fare delle foto qui. Per i Vermillon Sands ho usato una foto che avevo fatto a Manhattan quando ero andato a trovare mia sorella, ed è molto piaciuta a loro.
Hai anche suonato la batteria con i Crocodiles, com'è andata con loro?
Con i Crocodiles ci ho passato un anno in tour e quindi è nata un’amicizia particolare. Poi il cantante dei Crocodiles è il marito della cantante delle Dum Dum Girls, per cui alla fine è una cosa abbastanza di famiglia, bene o male alla fine è così per tutti i gruppi Hell Yes. Non escludo di poter ricevere dei demo di un gruppo nuovo e pensare che mi piacciono e li faccio uscire, però finora non è capitato. Finora è stata una cosa concentrata intorno a un giro di amici, anche perché si possono contattare le persone in modo più diretto, ci si può scrivere, eccetera. Ho notato che le band preferiscono conoscere una persona, il suo modo di lavorare, piuttosto che sapere cose tipo quanto è grossa un’etichetta. La band vuole gestire la cosa. E questa un po’ è stata anche la mia formazione. Ho sempre militato in band punk hardcore e ho sempre preferito lavorare con gente che conoscevo piuttosto che con gente che magari ti stampava più copie, però non sapevi com’era gestito il progetto. Ho sempre fatto mio un atteggiamento do it yourself.
Rende anche dal punto di vista economico?
Dal punto di vista economico, non sono a quei livelli da “sopra un tot di copie comincio a pagare studi di registrazione” eccetera. Stampo completamente io i dischi e do una percentuale di copie alle band, poi se le band ne ha bisogno di altre gliele vendo a prezzo di costo, un po’ come fa qualsiasi etichetta. L’unico aspetto “negativo” nel lavorare in questo modo, se proprio vogliamo trovarlo, è che non ci sono molte pianificazioni e scadenze per le consegne. Si lavora sempre all’ultimo minuto: arrivano i pezzi nuovi, le grafiche, andiamo in stampa.
In Italia, ma direi anche in Europa, al momento Hell Yes non ha molta concorrenza, nel senso che non ci sono molte etichette che producono qualcosa di simile. Alcune eccezioni sono ovviamente Rough Trade a Londra, con cui collaboro e mi dà una mano a distribuire dischi, e poi l’ambiente più orientato al garage rock, come Alien Snatch o Voodoo Rhythm, anche se le etichette tedesche sono più concentrate sul panorama locale. Per quanto mi riguarda più del 70% dei miei dischi finisce in Inghilterra e in America, non è che riceva tutti questi ordini dall’Italia. In Italia preferiscono comprarsi magliette che dischi, e poi magari scaricare i pezzi. E bisogna aggiungere che manca anche la cultura del negozio di dischi.
E quindi torniamo un po' alla domanda iniziale: perché un’etichetta italiana si mette a pubblicare un sette pollici, per esempio, delle Dum Dum Girls? Perché è una cosa figa, chiaro, ma magari non è che tutti nel nostro Paese lo capiscono...
Chiaro. Ma io alla fine ho sempre fatto e continuo a fare uscire quello che mi piace. Faccio un confronto di dimensioni tra Italia e California. Là il panorama è molto più vasto, c’è più concorrenza ma è molto più facile girare, prendere un furgone, prendere la strumentazione e fare date. In Europa una band americana passa attraverso l’agenzia europea, che di solito è inglese, la quale a sua volta rivende le date al promoter italiano che le vende ai club. Aggiungi che in Italia costa parecchio la benzina, costano parecchio le autostrade, la gente ultimamente va meno ai concerti, e che se fai date al Sud poi c’è il mare, e non un altro Stato dal quale puoi passare, come magari in Germania... Senza nulla togliere ai promoter, anzi per fortuna che alcuni esistono, con alcuni collaboro benissimo, ma la situazione alla fine è un po’ questa.
Quando gestivo l’etichetta a New York era tutto più facile. Metti la comodità di uscire di casa a piedi e andare a ritirare i dischi direttamente dallo stampatore, portarle direttamente in negozio. Qui ti tocca spiegare alle band americane che cos’è la SIAE. Da noi si spende più per spedire un LP in Italia che non in Europa...
E quindi ora, quali sono i prossimi passi?
Mi piace il fatto che Hell Yes continui e vada avanti seguendomi nei vari spostamenti. Magari vado sei mesi in Inghilterra e proseguo da là a stampare dischi e maglie, senza problemi. La considero un'etichetta “portatile”. Al momento la gestisco da solo. A questo livello non mi posso permettere di pagare qualcuno che lavori per me. Ora parto in tour con Zola Jesus (di spalla a Fever Ray), tornerò a ottobre e ripartirò subito con Blank Dogs (35 date in 35 giorni): in quei pochi giorni a casa partiranno le spedizioni dei vari ordini e metterò avanti le nuove uscite.
In calendario: i canadesi Bitters, hanno già fatto diverse uscite per Captured Tracks e Sacred Bones, oltre a un lp per Mexican Summer. Ci sono dentro membri dei Fucked Up, dei Career Suicide e altri, gente del giro punk che anche in questo caso conosco da anni; Flight, tipo del Mississippi già uscito su Hozac e che pubblicherà per Zoo Music, l’etichetta di Dee Dee delle Dum Dum Girls e Brandon dei Crocodiles; un gruppo di Austin, i Love Inks, che suona un po’ alla XX; e poi un progetto per ora segreto, Psychic Dancehall, composto da membri di Londra e San Diego. E in primavera l’album della mia band, gli Smart Cops (punk hardcore, ma ora siamo più orientati verso il garage), uscirà su La Tempesta (www.latempesta.org).
Poi continuerà anche la produzione di maglie, sempre con foto mie. La prossima serie sarà dedicata a facce di persone anziane che ho incontrato in giro per il mondo. Poi non escludo che cercherò di organizzare anche delle mostre ed esposizioni di foto e grafica. Insomma, voglio ampliare un po’ Hell Yes, non voglio che resti una cosa soltanto musicale. Possiamo anche definirlo un progetto artistico a tutto tondo. Quando torno vorrei avere più tempo per dedicarmi anche ad altre cose, ma sono un comune mortale, quest’estate ho dovuto lavorare come tutti, ho fatto la stagione in un hotel qui dalle mie parti. Ho fatto per una decina d’anni il maestro elementare, ma con la nuova riforma sono rimasto tagliato fuori. Era un lavoro comodo, ma del resto sono anche contento di potermi concentrare su Hell, Yes!.
>>>(mp3): Dum Dum Girls - Stiff Little Fingers
Intervista a Marco Rapisarda
Nella rubrica su Rolling Stone di questo mese ho voluto parlare della Hell, Yes!, piccola label indipendente che stampa fighissimi vinili a tiratura limitata. La gestisce Marco Rapisarda, 29 anni, tra la provincia di Venezia, Londra e gli Stati Uniti. Questa è la versione "breve" dell'intervista andata in stampa, qui sotto invece vi metto quella integrale a ruota libera.
Prima osservazione, abbastanza scontata: un'etichetta italiana che, per suoni, grafica, stile, non ha nulla di italiano...
Ho sempre viaggiato molto, incontrando un sacco di gente. Alla fine la maggior parte delle band che escono per l’etichetta sono proprio band di amici, gente che conosco, con cui ho passato del tempo assieme. Tutto il progetto è nato un po’ seguendo i miei spostamenti: ho vissuto un po’ a New York e ho fatto uscire gruppi di New York, ho vissuto un po’ a San Diego e ho fatto uscire gruppi di San Diego, quand’ero più ragazzino avevo la passione per i gruppi svedesi... e poi i gruppi italiani, tipo Mojomatics, Movie Star Junkies... con i Mojomatics siamo cresciuti assieme, sono i miei migliori amici da quando avevo dodici anni.
L’idea della Hell, Yes! è nata come etichetta, ma poi si è allargata anche ad altre cose. Ho cominciato a fare fotografie quando stavo a New York, e da lì è nata questa passione. Non è solamente un’etichetta: è più quello che mi piace fare, quello che mi va di fare. In questo momento è per lo più far uscire dischi, stampare maglie, poster serigrafati eccetera, ma potrebbe ampliarsi in altri campi. Non voglio rimanere "soltanto" un’etichetta. Come vedi, anche nel sito, piuttosto che la biografia di ogni gruppo o la presentazione da comunicato stampa scrivo come ci siamo conosciuti, com’è nata l’idea grafica... Sono sempre io che seguo foto, uscite eccetera. Per esempio, la canzone sul sette pollici delle Dum Dum Girls parlava di un ipotetico fidanzato morto, e così quando è venuta a trovarmi Dee Dee siamo andati nel cimitero del mio paese e abbiamo pensato di fare delle foto qui. Per i Vermillon Sands ho usato una foto che avevo fatto a Manhattan quando ero andato a trovare mia sorella, ed è molto piaciuta a loro.
Hai anche suonato la batteria con i Crocodiles, com'è andata con loro?
Con i Crocodiles ci ho passato un anno in tour e quindi è nata un’amicizia particolare. Poi il cantante dei Crocodiles è il marito della cantante delle Dum Dum Girls, per cui alla fine è una cosa abbastanza di famiglia, bene o male alla fine è così per tutti i gruppi Hell Yes. Non escludo di poter ricevere dei demo di un gruppo nuovo e pensare che mi piacciono e li faccio uscire, però finora non è capitato. Finora è stata una cosa concentrata intorno a un giro di amici, anche perché si possono contattare le persone in modo più diretto, ci si può scrivere, eccetera. Ho notato che le band preferiscono conoscere una persona, il suo modo di lavorare, piuttosto che sapere cose tipo quanto è grossa un’etichetta. La band vuole gestire la cosa. E questa un po’ è stata anche la mia formazione. Ho sempre militato in band punk hardcore e ho sempre preferito lavorare con gente che conoscevo piuttosto che con gente che magari ti stampava più copie, però non sapevi com’era gestito il progetto. Ho sempre fatto mio un atteggiamento do it yourself.
Rende anche dal punto di vista economico?
Dal punto di vista economico, non sono a quei livelli da “sopra un tot di copie comincio a pagare studi di registrazione” eccetera. Stampo completamente io i dischi e do una percentuale di copie alle band, poi se le band ne ha bisogno di altre gliele vendo a prezzo di costo, un po’ come fa qualsiasi etichetta. L’unico aspetto “negativo” nel lavorare in questo modo, se proprio vogliamo trovarlo, è che non ci sono molte pianificazioni e scadenze per le consegne. Si lavora sempre all’ultimo minuto: arrivano i pezzi nuovi, le grafiche, andiamo in stampa.
In Italia, ma direi anche in Europa, al momento Hell Yes non ha molta concorrenza, nel senso che non ci sono molte etichette che producono qualcosa di simile. Alcune eccezioni sono ovviamente Rough Trade a Londra, con cui collaboro e mi dà una mano a distribuire dischi, e poi l’ambiente più orientato al garage rock, come Alien Snatch o Voodoo Rhythm, anche se le etichette tedesche sono più concentrate sul panorama locale. Per quanto mi riguarda più del 70% dei miei dischi finisce in Inghilterra e in America, non è che riceva tutti questi ordini dall’Italia. In Italia preferiscono comprarsi magliette che dischi, e poi magari scaricare i pezzi. E bisogna aggiungere che manca anche la cultura del negozio di dischi.
E quindi torniamo un po' alla domanda iniziale: perché un’etichetta italiana si mette a pubblicare un sette pollici, per esempio, delle Dum Dum Girls? Perché è una cosa figa, chiaro, ma magari non è che tutti nel nostro Paese lo capiscono...
Chiaro. Ma io alla fine ho sempre fatto e continuo a fare uscire quello che mi piace. Faccio un confronto di dimensioni tra Italia e California. Là il panorama è molto più vasto, c’è più concorrenza ma è molto più facile girare, prendere un furgone, prendere la strumentazione e fare date. In Europa una band americana passa attraverso l’agenzia europea, che di solito è inglese, la quale a sua volta rivende le date al promoter italiano che le vende ai club. Aggiungi che in Italia costa parecchio la benzina, costano parecchio le autostrade, la gente ultimamente va meno ai concerti, e che se fai date al Sud poi c’è il mare, e non un altro Stato dal quale puoi passare, come magari in Germania... Senza nulla togliere ai promoter, anzi per fortuna che alcuni esistono, con alcuni collaboro benissimo, ma la situazione alla fine è un po’ questa.
Quando gestivo l’etichetta a New York era tutto più facile. Metti la comodità di uscire di casa a piedi e andare a ritirare i dischi direttamente dallo stampatore, portarle direttamente in negozio. Qui ti tocca spiegare alle band americane che cos’è la SIAE. Da noi si spende più per spedire un LP in Italia che non in Europa...
E quindi ora, quali sono i prossimi passi?
Mi piace il fatto che Hell Yes continui e vada avanti seguendomi nei vari spostamenti. Magari vado sei mesi in Inghilterra e proseguo da là a stampare dischi e maglie, senza problemi. La considero un'etichetta “portatile”. Al momento la gestisco da solo. A questo livello non mi posso permettere di pagare qualcuno che lavori per me. Ora parto in tour con Zola Jesus (di spalla a Fever Ray), tornerò a ottobre e ripartirò subito con Blank Dogs (35 date in 35 giorni): in quei pochi giorni a casa partiranno le spedizioni dei vari ordini e metterò avanti le nuove uscite.
In calendario: i canadesi Bitters, hanno già fatto diverse uscite per Captured Tracks e Sacred Bones, oltre a un lp per Mexican Summer. Ci sono dentro membri dei Fucked Up, dei Career Suicide e altri, gente del giro punk che anche in questo caso conosco da anni; Flight, tipo del Mississippi già uscito su Hozac e che pubblicherà per Zoo Music, l’etichetta di Dee Dee delle Dum Dum Girls e Brandon dei Crocodiles; un gruppo di Austin, i Love Inks, che suona un po’ alla XX; e poi un progetto per ora segreto, Psychic Dancehall, composto da membri di Londra e San Diego. E in primavera l’album della mia band, gli Smart Cops (punk hardcore, ma ora siamo più orientati verso il garage), uscirà su La Tempesta (www.latempesta.org).
Poi continuerà anche la produzione di maglie, sempre con foto mie. La prossima serie sarà dedicata a facce di persone anziane che ho incontrato in giro per il mondo. Poi non escludo che cercherò di organizzare anche delle mostre ed esposizioni di foto e grafica. Insomma, voglio ampliare un po’ Hell Yes, non voglio che resti una cosa soltanto musicale. Possiamo anche definirlo un progetto artistico a tutto tondo. Quando torno vorrei avere più tempo per dedicarmi anche ad altre cose, ma sono un comune mortale, quest’estate ho dovuto lavorare come tutti, ho fatto la stagione in un hotel qui dalle mie parti. Ho fatto per una decina d’anni il maestro elementare, ma con la nuova riforma sono rimasto tagliato fuori. Era un lavoro comodo, ma del resto sono anche contento di potermi concentrare su Hell, Yes!.
>>>(mp3): Dum Dum Girls - Stiff Little Fingers
Commenti
Posta un commento