Retromania, l’ultimo libro di Simon Reynolds (pubblicato in Italia da ISBN), è di sicuro uno dei saggi musicali più importanti dell'anno, e probabilmente uno dei testi che più tornerà utile in futuro a capire questa epoca.
(Personalmente mi ha lasciato un po' insoddisfatto in alcuni punti, ma l'acutezza delle riflessioni dell'autore britannico è fuori discussione.)
Qualche giorno fa MAPS ha intervistato Reynolds e ora, dopo aver ascoltato le risposte dalla sua viva voce, grazie agli infaticabili Jonathan Clancy e Francesco Locane potete anche leggerne qui la trascrizione.
Che cosa ti ha spinto a intraprendere la stesura di Retromania?
Non so, nell'ultimo decennio ho iniziato a pensare che ci fosse qualcosa di strano nella cultura pop: c'era tanta nostalgia, revival, rimettere le mani sul passato, molta musica eccellente che mi interessava e mi piaceva, ma che rielaborava in continuazione il passato. Non c'era solo quindi cattiva musica, ma anche musica che aveva una relazione intensa con la memoria e con la storia. Sembrava veramente una condizione caratteristica della nostra epoca e non soltanto una cosa che accadeva in precedenza, cioè essere derivativi come, per esempio, gli Electric Light Orchestra che prendevano molto dai Beatles. Ho sentito questa condizione generale nella musica di oggi, dove veramente la musica in qualche modo è quasi stregata dal passato, dalla memoria e dalla nostalgia.
La nostalgia è quindi una delle differenze che senti tra l'appropriarsi del retrò che c'è sempre stato nella cultura rock e tra quello che accade oggi?
No, o meglio: quello che era marginale una volta non lo è più: un gruppo come gli Electric Light Orchestra erano popolarissimi ma non erano rispettati, né considerati una band importante. Adesso invece anche band molto cool e valide costruiscono il loro sound prendendo dal passato e costruendo su di esso una serie di riferimenti. Alcuni dei miei artisti preferiti di oggi, come Ariel Pink, si basano completamente sulla memoria e sul prendere spunto dal passato. C'è un elemento di nostalgia, ma si tratta anche di riportare a galla un sentimento e un modo di sentire la musica che è andato perso. Sono davvero tante e complesse le emozioni in gioco.
Pensi che il fatto di non essere sicuri di sé stessi, né consci delle proprie capacità sia qualcosa che influenza gli artisti di oggi in questa scelta di tornare al passato?
Penso sia l'opposto! Gli artisti oggi sono estremamente consci e sicuri di sé stessi, sanno esattamente da dove provengono i loro riferimenti, le loro ispirazioni. Sono fieri delle loro influenze e non se ne vergognano: le presentano tranquillamente. Se intervisti una band i musicisti ti dicono subito le loro influenze e a chi si rifanno, il tutto in maniera molto naturale. Mi ricordo un tempo quando non era così: le band non volevano ammettere le influenze, dicevano “proviene tutto da noi, non prendiamo da nessuno”. Non si parlava di come la loro musica era basata su musica di altri. Ora i riferimenti fanno parte della musica, la musica più underground, più cool, etichette come la Not Not Fun Records, è come se facessero dei giochi con la storia del pop. La "retromania" per esempio è pienamente applicata anche alla musica elettronica degli anni '90, un misto di house e disco. Il problema insomma per me è che si è troppo consci di se stessi.
Cosa ne pensi dei mezzi che abbiamo oggi? In un clic possiamo recuperare tutta la discografia, i video, i testi di una band...
È sicuramente una parte importante: anche prima la musica c'era ma era difficilissimo trovarla. Diciamo che prima dell'avvento di internet a banda larga, quindi alla fine degli anni '90, ci voleva tempo e fatica. Adesso in un istante puoi ascoltare un pezzo su YouTube, e poi puoi trovare i suoni della batteria utilizzati in quel pezzo, quindi accostarlo ad altro e insomma ascoltare duemila cose diverse. Praticamente tutto è online ed è gratuito, si accelera il modo di fruire: anche io stesso ho questa esperienza, si è sempre in movimento. Non vivi le cose in maniera completa: ascolti una canzone a metà e poi vai avanti. Internet si tiene sempre in movimento, ma è difficile avere una reale connessione emotiva: il piacere deriva quasi dal muoversi costantemente, c'è un archivio online così grande che puoi muoverti per sempre, le ore passano e io stesso non mi ricordo il percorso che ho fatto. A volte ho incontrato cose dell'oggi, a volte del passato, tutto è in qualche modo post-geografico, post-storico.
Prevedi una fine in tutto questo o si continuerà fino all'infinito con le band A B C che diventano i padrini delle band X Y Z?
Non lo so, ma penso che ad un certo punto la gente potrebbe stufarsi di vedere le stesse cose ripetute. Ora nella musica pop, grazie ad Adele, Duffy e Amy Whinehouse c'è un grande ritorno del soul anni '60 ma anche negli anni '80 era già successo con i Jam che riprendevano la Motown, e pure Phil Collins fece una cover molto fedele delle Supremes. Band come gli Wham e i Culture Club imitavano il suono del soul anni '60. Quindi è assurdo, ma oggi sta accadendo lo stesso e non riesco a capire come possa entusiasmare qualcuno. Mi piacerebbe pensare che ad un certo punto la gente smetterà. Però c'è così tanta musica da citare! Ci sono cinque o sei decenni, anche a guardare solo la storia del rock n roll. C'è così tanta musica che si può usare, cambiando qualcosa, forse all'infinito: forse la "retromania" è infinita. Mi piacerebbe pensare che magari un giorno arriverà una macchina che ci farà fare qualcosa di nuovo.
Per quanto riguarda la musica, secondo te qual è l'ultimo genere veramente innovativo?
Probabilmente la cosa che mi ha eccitato di più è il Grime, artisti come Dizze Rascal, il produttore Terra Danger... Sembrava una espressione nuova, era rap ma molto britannico, con contenuti nuovi. Sento produttori che fanno cose nuove come Actress, Villalobos in Germania, altri che fanno cose retrò ma che sembrano nuovi come Oneohtrix Point Never che lavora su synth anni '80, però sono tutte cose molto lontane dal mainstream e sono molto individuali: parliamo di figure lontane dai generi, sono persone singole e non movimenti come rap, rave, post-punk ecc. Se guardi al mainstream la cosa incredibile è che manca veramente gente interessata all'innovazione. Non mi viene in mente nessuno di famoso, di successo come lo erano i Police, Peter Gabriel, Bowie, Kate Bush per non parlare dei Beatles, che mettano qualcosa di innovativo nella loro musica. Forse l'unico esempio sono i Radiohead ma il loro ultimo disco innovativo è stato Kid A. Insomma nel mainstream ci sono pochissimi esempi di pura innovazione. Nella musica indie secondo me ci sono cose innovative come gli Animal Collective e Panda Bear che sì prendono dai Beach Boys ma hanno veramente un vibe tutto loro, nuovo, fresco. Però non hanno avuto minimamente l'impatto di band come, per esempio, l'hanno avuto all'epoca i Talking Heads o oggi i Radiohead. Forse sì, il Grime è l'ultimo genere che mi ha sconvolto.
Retromania è stato molto lodato ma anche criticato, perché secondo te?
Perché è un libro che vuole provocare e lanciare una sfida: è stato scritto per iniziare una discussione, non per finirla, per cominciarla. L'ho scritto per vedere se c'erano persone d'accordo con me, e quindi parte del processo è vedere che ci sono persone non d'accordo. Queste persone affermano che al momento c'è innovazione, ma ti dirò: non riescono mai ad avere argomenti per sostenere la loro tesi. Altri dicono “vabbè non c'è innovazione ma chi se ne importa”. Ci sono anche discussioni interessanti, persone che hanno criticato il libro che mi hanno dato altre idee che vorrei aver messo nel libro e di cui parlerò a breve. Una delle cose più interessanti che è uscita è che la gente è convinta che nella cultura pop ci sia sempre stato questo sentimento di "retromania", non solo ora, tutto è stato sempre derivativo da qualcosa e retrò. Una delle cose più divertenti è vedere la gente che dice che i Beatles erano retrò e derivativi. Si tratta di un sacco di persone, mica una o due, che hanno avanzato questa ipotesi che per me è ridicola, storicamente proprio sbagliata. In qualche modo è come riscrivere il passato con gli occhi del passato. È l'opposto della fantascienza, dove immagini il futuro come una mutazione del presente. Qua è al contrario, immagini il passato come il presente... dici “beh I Beatles non erano importanti, hanno solo copiato da Chuck Berry”... Comunque questa tesi è abbastanza significativa per comprendere dove siamo in questo momento.
(Personalmente mi ha lasciato un po' insoddisfatto in alcuni punti, ma l'acutezza delle riflessioni dell'autore britannico è fuori discussione.)
Qualche giorno fa MAPS ha intervistato Reynolds e ora, dopo aver ascoltato le risposte dalla sua viva voce, grazie agli infaticabili Jonathan Clancy e Francesco Locane potete anche leggerne qui la trascrizione.
Che cosa ti ha spinto a intraprendere la stesura di Retromania?
Non so, nell'ultimo decennio ho iniziato a pensare che ci fosse qualcosa di strano nella cultura pop: c'era tanta nostalgia, revival, rimettere le mani sul passato, molta musica eccellente che mi interessava e mi piaceva, ma che rielaborava in continuazione il passato. Non c'era solo quindi cattiva musica, ma anche musica che aveva una relazione intensa con la memoria e con la storia. Sembrava veramente una condizione caratteristica della nostra epoca e non soltanto una cosa che accadeva in precedenza, cioè essere derivativi come, per esempio, gli Electric Light Orchestra che prendevano molto dai Beatles. Ho sentito questa condizione generale nella musica di oggi, dove veramente la musica in qualche modo è quasi stregata dal passato, dalla memoria e dalla nostalgia.
La nostalgia è quindi una delle differenze che senti tra l'appropriarsi del retrò che c'è sempre stato nella cultura rock e tra quello che accade oggi?
No, o meglio: quello che era marginale una volta non lo è più: un gruppo come gli Electric Light Orchestra erano popolarissimi ma non erano rispettati, né considerati una band importante. Adesso invece anche band molto cool e valide costruiscono il loro sound prendendo dal passato e costruendo su di esso una serie di riferimenti. Alcuni dei miei artisti preferiti di oggi, come Ariel Pink, si basano completamente sulla memoria e sul prendere spunto dal passato. C'è un elemento di nostalgia, ma si tratta anche di riportare a galla un sentimento e un modo di sentire la musica che è andato perso. Sono davvero tante e complesse le emozioni in gioco.
Pensi che il fatto di non essere sicuri di sé stessi, né consci delle proprie capacità sia qualcosa che influenza gli artisti di oggi in questa scelta di tornare al passato?
Penso sia l'opposto! Gli artisti oggi sono estremamente consci e sicuri di sé stessi, sanno esattamente da dove provengono i loro riferimenti, le loro ispirazioni. Sono fieri delle loro influenze e non se ne vergognano: le presentano tranquillamente. Se intervisti una band i musicisti ti dicono subito le loro influenze e a chi si rifanno, il tutto in maniera molto naturale. Mi ricordo un tempo quando non era così: le band non volevano ammettere le influenze, dicevano “proviene tutto da noi, non prendiamo da nessuno”. Non si parlava di come la loro musica era basata su musica di altri. Ora i riferimenti fanno parte della musica, la musica più underground, più cool, etichette come la Not Not Fun Records, è come se facessero dei giochi con la storia del pop. La "retromania" per esempio è pienamente applicata anche alla musica elettronica degli anni '90, un misto di house e disco. Il problema insomma per me è che si è troppo consci di se stessi.
Cosa ne pensi dei mezzi che abbiamo oggi? In un clic possiamo recuperare tutta la discografia, i video, i testi di una band...
È sicuramente una parte importante: anche prima la musica c'era ma era difficilissimo trovarla. Diciamo che prima dell'avvento di internet a banda larga, quindi alla fine degli anni '90, ci voleva tempo e fatica. Adesso in un istante puoi ascoltare un pezzo su YouTube, e poi puoi trovare i suoni della batteria utilizzati in quel pezzo, quindi accostarlo ad altro e insomma ascoltare duemila cose diverse. Praticamente tutto è online ed è gratuito, si accelera il modo di fruire: anche io stesso ho questa esperienza, si è sempre in movimento. Non vivi le cose in maniera completa: ascolti una canzone a metà e poi vai avanti. Internet si tiene sempre in movimento, ma è difficile avere una reale connessione emotiva: il piacere deriva quasi dal muoversi costantemente, c'è un archivio online così grande che puoi muoverti per sempre, le ore passano e io stesso non mi ricordo il percorso che ho fatto. A volte ho incontrato cose dell'oggi, a volte del passato, tutto è in qualche modo post-geografico, post-storico.
Prevedi una fine in tutto questo o si continuerà fino all'infinito con le band A B C che diventano i padrini delle band X Y Z?
Non lo so, ma penso che ad un certo punto la gente potrebbe stufarsi di vedere le stesse cose ripetute. Ora nella musica pop, grazie ad Adele, Duffy e Amy Whinehouse c'è un grande ritorno del soul anni '60 ma anche negli anni '80 era già successo con i Jam che riprendevano la Motown, e pure Phil Collins fece una cover molto fedele delle Supremes. Band come gli Wham e i Culture Club imitavano il suono del soul anni '60. Quindi è assurdo, ma oggi sta accadendo lo stesso e non riesco a capire come possa entusiasmare qualcuno. Mi piacerebbe pensare che ad un certo punto la gente smetterà. Però c'è così tanta musica da citare! Ci sono cinque o sei decenni, anche a guardare solo la storia del rock n roll. C'è così tanta musica che si può usare, cambiando qualcosa, forse all'infinito: forse la "retromania" è infinita. Mi piacerebbe pensare che magari un giorno arriverà una macchina che ci farà fare qualcosa di nuovo.
Per quanto riguarda la musica, secondo te qual è l'ultimo genere veramente innovativo?
Probabilmente la cosa che mi ha eccitato di più è il Grime, artisti come Dizze Rascal, il produttore Terra Danger... Sembrava una espressione nuova, era rap ma molto britannico, con contenuti nuovi. Sento produttori che fanno cose nuove come Actress, Villalobos in Germania, altri che fanno cose retrò ma che sembrano nuovi come Oneohtrix Point Never che lavora su synth anni '80, però sono tutte cose molto lontane dal mainstream e sono molto individuali: parliamo di figure lontane dai generi, sono persone singole e non movimenti come rap, rave, post-punk ecc. Se guardi al mainstream la cosa incredibile è che manca veramente gente interessata all'innovazione. Non mi viene in mente nessuno di famoso, di successo come lo erano i Police, Peter Gabriel, Bowie, Kate Bush per non parlare dei Beatles, che mettano qualcosa di innovativo nella loro musica. Forse l'unico esempio sono i Radiohead ma il loro ultimo disco innovativo è stato Kid A. Insomma nel mainstream ci sono pochissimi esempi di pura innovazione. Nella musica indie secondo me ci sono cose innovative come gli Animal Collective e Panda Bear che sì prendono dai Beach Boys ma hanno veramente un vibe tutto loro, nuovo, fresco. Però non hanno avuto minimamente l'impatto di band come, per esempio, l'hanno avuto all'epoca i Talking Heads o oggi i Radiohead. Forse sì, il Grime è l'ultimo genere che mi ha sconvolto.
Retromania è stato molto lodato ma anche criticato, perché secondo te?
Perché è un libro che vuole provocare e lanciare una sfida: è stato scritto per iniziare una discussione, non per finirla, per cominciarla. L'ho scritto per vedere se c'erano persone d'accordo con me, e quindi parte del processo è vedere che ci sono persone non d'accordo. Queste persone affermano che al momento c'è innovazione, ma ti dirò: non riescono mai ad avere argomenti per sostenere la loro tesi. Altri dicono “vabbè non c'è innovazione ma chi se ne importa”. Ci sono anche discussioni interessanti, persone che hanno criticato il libro che mi hanno dato altre idee che vorrei aver messo nel libro e di cui parlerò a breve. Una delle cose più interessanti che è uscita è che la gente è convinta che nella cultura pop ci sia sempre stato questo sentimento di "retromania", non solo ora, tutto è stato sempre derivativo da qualcosa e retrò. Una delle cose più divertenti è vedere la gente che dice che i Beatles erano retrò e derivativi. Si tratta di un sacco di persone, mica una o due, che hanno avanzato questa ipotesi che per me è ridicola, storicamente proprio sbagliata. In qualche modo è come riscrivere il passato con gli occhi del passato. È l'opposto della fantascienza, dove immagini il futuro come una mutazione del presente. Qua è al contrario, immagini il passato come il presente... dici “beh I Beatles non erano importanti, hanno solo copiato da Chuck Berry”... Comunque questa tesi è abbastanza significativa per comprendere dove siamo in questo momento.
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