The ballad of a mixtape

Spotify ad campaign - mixtapes


Non sono (per ora?) un utente molto convinto di Spotify, ma immagino sia solo un mio problema, l'abitudine, l'età, I'm losing my edge, eccetera. Però lo strumento mi incuriosisce, e quando qualche mese fa avevo fatto qualche prova con la piattaforma in realtà non pensavo alla musica, ma cercavo di capire in quali situazioni Spotify si immaginasse di venire utilizzata, come Spotify vedesse i propri utenti, quali possibilità concedeva, cose così.

Devo dire che, probabilmente per un limite mio, non mi è sembrata così coinvolgente come mi aspettavo, soprattutto dopo anni che ne leggevamo lodi assolute. Mi infastidiscono varie piccole cose secondarie che c'entrano poco con la musica, ma sono convinto che si tratta solo di prenderci la mano e prima o poi cambierò idea.

Ieri sera è uscita la notizia della sua prima grossa campagna pubblicitaria: ne trovate una buona sintesi sul New York Times. Il fulcro della comunicazione è proprio sul valore della musica. Ho dato un'occhiata e mi ha colpito questa foto. Semplice, diretta, a suo modo "calda". Mi sono chiesto quale appeal possa avere per quelli nati dopo Google e che dovrebbero essere le persone più interessate a Spotify.

La retorica dei nastroni oggi è più tramandata che realmente vissuta. Si cita Alta Fedeltà su facebook, si postano su Tumblr foto vintage, si ricopia la grafica dei vecchi foglietti Lato A Lato B per un flyer, ma nulla esce mai dal monitor.

"Mixtapes still work" invece allude a qualcosa tipo "puoi ancora conquistarla con il tuo incredibile gusto musicale". Ma chi? Ma dove? Sono io così fuori dal mondo e non capisco che il link a una playlist di Spotify può avere lo stesso fascino, racchiudere la stessa passione e dedizione che si mettevano dentro le vecchie cassette miste?

Questa pubblicità di Spotify è ovviamente indirizzata agli over 35 che da un pezzo non hanno più tempo di fare cassette né cercare musica nuova. "Stai tranquillo, qui funziona tutto come ricordavi: si limona subito, vedrai". Ma a parte che nemmeno all'epoca mi pare funzionasse poi così tanto, perché tirare in mezzo i limitatissimi nastroni per parlare di "musica nella nuvola", accessibilità universale, gratificazione istantanea del desiderio, e simili? Se mai diventerò un cliente Spotify non sarà perché "ci sono ancora i nastroni", tanto poi le playlist le crei soltanto per condividerle e mostrarle a tutti e guadagnarti i like.

Verrebbe quasi da dire che non è questione del solito "ci hanno davvero preso tutto", ma piuttosto di un bel "non hanno proprio capito niente". Se non fosse che anche questo rientra in qualche accuratissimo piano comunicazione e modello di business. Del resto, un segnale chiaro era arrivato dallo stesso Daniel Ek, CEO di Spotify, che l'anno scorso aveva dichiarato: "the more users we have to share their playlists, the faster users build up their collections. There is constantly increasing their willingness to pay for the service. The longer you use Spotify, the more likely you are to start paying for Spotify."





ps: Mi è tornato in mente questo articolo che avevamo citato tutti alla fine dell'anno scorso: "The sale of recorded music has become irrelevant to the dominant business models I have to contend with as a working musician. Indeed, music itself seems to be irrelevant to these businesses-- it is just another form of information" (Damon Krukowski - Galaxie 500)



pps: Sì, il titolo del post è proprio una citazione da matusa che ancora se la mena con i nastroni.

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