La mia poco dignitosa verità è che Blackstar io non avevo molta voglia di ascoltarlo. C’è sempre questo rapporto ambivalente e teso con i grandi artisti ormai invecchiati: da una parte vorresti continuare a imparare tutto da loro, dall’altra hai paura di scoprire che non riescono più a dirti nulla. Sei cambiato tu? Sono cambiati loro? Ti eri sbagliato da giovane? Sei diventato ottuso e insensibile con gli anni? Con uno come David Bowie è ancora più difficile: è stato così monumentale, ha avuto talmente tante forme, indossato talmente tante maschere, che quasi ognuno può dire di avere il “proprio” Bowie. Sono convinto che ciò rappresenti una ricchezza, ma non bastava a farmi venire la voglia di ascoltare Blackstar.
Ho passato la maggior parte delle ultime quarantotto ore sveglio, tra ufficio, treno, casa, radio e telefono. Ero online quando sono cominciati ad arrivare i retweet della conferma di Duncan Jones. Lavorando e spostandomi continuavo a seguire i feed delle notizie e dei commenti che venivano pubblicati a getto continuo. Ho letto quasi tutti gli articoli che avete condiviso dappertutto. Ho fatto partire quasi tutti i video che avete postato. Ho messo like a un sacco di post commoventi. Oggi bisognava farlo. Non bevo quasi mai caffè. Il tempo ha cominciato a girare a vuoto, come quando non sei più sicuro di avere fatto quello che ricordi di avere fatto, e ti domandi se forse lo hai soltanto sognato. Non sapevo bene se stavo parlando nel sonno mentre ero seduto alla scrivania.
Mi accorgevo di una scomoda sensazione che mi restava addosso, in mezzo a tutte queste parole e a questi ricordi. Qualcosa di mesto e tetro, ma in qualche modo anche distante. Assomigliava più al sentirsi svuotato che all’essere semplicemente triste. E, soprattutto, era una sensazione collettiva, di continuo ribadita e rimbalzata in tutti i nostri reply. Mi era successa una cosa simile il giorno della morte di Lou Reed. La differenza forse stava nel fatto che Bowie lo conoscevo meno, ma l’ho conosciuto prima, molto prima.
C’erano stati gli indecifrabili turbamenti di fronte al video di Ashes To Ashes, che all'epoca sembrava passare tutti i pomeriggi su Popcorn; c'era stata l’esaltazione incontenibile per Modern Love, che da bambino mi faceva saltare per tutta la casa (Leos Carax: grazie di cuore); ci metto dentro anche la copia de I Ragazzi Dello Zoo Di Berlino, trafugata dalla libreria dei miei e letta di nascosto; Labyrinth una volta l'anno su Italia1, Let's Dance in spiaggia e poi la cassetta di Heroes al liceo, curiosamente registrata da una ragazza che insegnava catechismo.
Ho sempre saputo che Bowie ha influenzato un sacco di band che amo, e in qualche modo devo essermi sentito soddisfatto così: anche senza possedere la sua intera discografia, ne avrei avuto comunque gli stessi benefici. Mi sbagliavo. Questa sono tornato a Blackstar con la confusa convinzione che tutto quello che ci avevo trovato di faticoso sarebbe stato ora chiarito e sciolto. Avevo letto come tutti Tony Visconti definire l’album un “parting gift”, e ora sarebbe diventato anche mio. Non ha funzionato. Alla fine, è pur sempre un dono da parte di qualcuno che se ne sta andando, e leggere versi come "Look up here, I’m in heaven / I’ve got scars that can’t be seen" continua a fare male. Uno strano, distante e collettivo dolore.
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Segnalibri:
- "Thanks, Starman: Why David Bowie Was the Greatest Rock Star Ever - A tribute to the late master of rock & roll reinvention" - Rob Sheffield su Rolling Stone
- "Listening to David Bowie: A Critic’s Tour of His Musical Changes" - Ben Ratliff sul New York Times
- "My David Bowie, alive forever" - Suzanne Moore sul Guardian
- “bowie is dead” - Nicholas Currie (Momus)
- "10 Thoughts on David Bowie" - Bill Wyman su Vulture
- "I was working the Sunday night news shift..." - Jeremy Gordon
- "What David Bowie meant to me and multiple generations" - Stevie Mackenzie-Smith su Dazed
- "L'alieno che cadde a casa mia" - Leonardo
- "L’uomo delle stelle in una corsia d’ospedale" - Federico Pucci
- "Very sad. A long long time ago, in a land far far away..." - Kenny Summit
- "David Bowie e le sue incredibili apparizioni sulla televisione italiana" - Emiliano Colasanti su GQ
- "David Bowie – the man who fell to earth and saved our generation from boredom" John Robb su Louder Than War
- "Beh, ora parla Bowie" - di Paolo Madeddu
- "Reflections Of A Bowie Girl" - Ann Powers su NPR
- "Following David Bowie's Lead Means Listening To Ourselves" - Amy Rose Spiegel su The Fader
- "Author Jonathan Lethem Reflects on David Bowie" su Pitchfork
- "R.I.P. David Bowie" - by Everett True
- "Vic Godard on David Bowie"
- "How David Bowie and I hoaxed the art world" - William Boyd sul Guardian
- "Let's dance: David Bowie's everlasting influence on pop music" - Maura Johnston su Noisey
- "David Bowie: The Man Who Fell From Earth" - Sean Adams
- "Afterword: David Bowie" - Stuart Berman su Pitchfork
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