Magari non vale in tutti i casi, ma almeno questa volta per me ha funzionato: quando un disco che potenzialmente potrebbe piacermi diventa oggetto di qualche polemica fatta di fuffa, intorno alla quale tutti sentono il dovere di esprimere la propria opinione, per qualche specie di istinto di conservazione mi capita di starne quanto più alla larga. Pigrizia terminale o provvidenziale misantropia?
Tre mesi fa l'album di debutto dei Diet Cig, piccola band che aveva goduto di un certo hype agli esordi (se ne era parlato abbastanza bene anche qui), ha ricevuto una recensione piuttosto velenosa da Pitchfork, e si è levato un coro di reazioni tra il sarcastico e l'indignato, con conseguente e inevitabile backlash-del-backlash in difesa delle opinioni della recensione (trovate un riassunto fin troppo esaustivo su Broooklyn Vegan). In sostanza, i Diet Cig venivano accusati di essere vuoti e inconsistenti, e di essersi appropriati di un linguaggio vagamente femminista, o femminista solo in apparenza, senza averne credito. Dopo questa bufera, qualcuno si era addirittura spinto a cercare oscuri legami tra una ex del batterista dei Diet Cig Noah Bowman e la giornalista di Pitchfork Quinn Moreland, mettendo in discussione l'etica professionale di quest'ultima (?). Io intanto non avevo ascoltato nessuna canzone tranne il singolo.
Tre mesi dopo, in tutta sincerità, e pur con tutta la simpatia verso i Diet Cig, ho qualche dubbio che Swear I'm Good At This sia un album con le spalle abbastanza larghe per reggere tutto questo. Dieci canzoni di pop punk sbarazzino (o, viceversa, di indiepop "pompato", come preferite) che hanno altri riferimenti e obiettivi. Per esempio, la risoluta affermazione di quella rabbia (post-) adolescenziale che non conosce modestia e si lancia in sentenze tipo "I’m done with being a chill girl / I’m trying to take over the world" (poi ti rileggi cinque anni dopo e ti metti le mani sulla faccia). Oppure quell'esuberanza degli ormoni ("I wanna kiss you in the middle of a party / I wanna cause a scene"), che a volte può dare alla testa e portare un bel po' di confusione: "I wanted to need you / And now I’m forgetting why I tried". A tutto ciò si accompagnano dichiarazioni di indipendenza forse acerbe ma non per questo meno fiere: "I don’t need a man to hold my hand / But that’s just something you’ll never understand", sorrette da chitarre piuttosto Novanta (che i più maligni paragonano a un certo stile Blink-182) e cantate dalla voce squillante di Alex Luciano (che i più maligni paragonano a quella di Avril Lavigne).
Swear I'm Good At This è un disco "semplicemente divertente", che racconta nel dettaglio questo suo reclamare il diritto di essere "semplicemente divertente", il suo "essere adulto" ma, al tempo stesso, "EHI lasciatemi in pace con le vostre menate da adulti". Insomma, un disco che contiene ancora una certa dose di innocenza rock'n'roll, ovviamente mescolata in maniera irreversibile a una certa ingenuità: "I wanna be the best one at this / But i don’t wanna get out of bed". Forse è stato questo a venire percepito come un peccato capitale, un'offesa irrimediabile, o forse un'espressione dei tempi e di una generazione che non ha ancora capito bene come bilanciare consapevolezza ed efficacia. Per quanto mi riguarda, polemiche e fuffa intorno dischi come questo sono un'espressione dei tempi altrettanto fastidiosa.
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