La rabbia, l’orgoglio e due palle
Ne aveva già parlato Leonardo a tempo debito (raccontando, come ogni volta, qualcosa di divertente anche sul concetto di cultura), e davvero non ci sarebbe bisogno di aggiungere nulla, ma nelle ultime sbiadite giornate festive, fatte di digestioni lente, divani e postumi influenzali, mi era capitato in mano un settimanale che non leggevo dai tempi in cui “il grunge dominava le piste da ballo”. Ho riassaporato per qualche istante i piaceri dell’attualità, quella che fanno gli intellettuali veri, mica i phighetti che vanno ai Café del centro e guardano Mtv.
E allora, ancora impigliato in qualche linea di febbre, sono balzato in piedi facendo cadere il plaid il telecomando e la camomilla, puntando un dito malfermo al soffitto e biascicando a squarciagola: Vaffanculo!
«Sono molto fiera di non avere ombrelli politici, di non appartenere a nessun gruppo o club o lobby, d'essere attaccata sia dagli uni che dagli altri. È il complimento più grosso che possa essere rivolto alla mia onestà e alle mie palle…»
[ qui a Polaroid si parla spesso di cinema: a qualcuno non torna in mente quando Demi Moore, in una scena chiave del Soldato Jane, arriva a dire “succhiami il cazzo”? ]
«… sono convinta che gli italiani estranei ai gruppi e ai clubs e alle lobbies della mafia politica siano assolutamente d'accordo con me. La prova sta nel numero di coloro che comprano e leggono La rabbia e l'orgoglio».
C’est genial! Dunque né destra né sinistra ma un sano, popolare, democratico business. Il mercato cosa sarà mai, in fondo? Quello della "gente", sempre, comunque. Globale e rionale che fanno rima come nella canzone di Jovanotti, ma certo!
E se si verifica un certo numero di conseguenze o effetti collaterali, pazienza. Anzi, no: neanche quella. Infatti, le guerre «classiche o tecnologiche, gratta gratta sono tutte uguali. Risultato, ti ci abitui e a un certo punto t'accorgi di raccontare sempre le solite cose. I soliti scoppi, le solite morti, le solite tragedie. Dopo la guerra in Vietnam, ogni volta che sono andata a una guerra ho avuto l'impressione di vedere il già visto, scrivere il già scritto. E un giorno mi sono detta basta: non posso ripetermi, non voglio ripetermi, non devo ripetermi».
Ma sì, fuggiamo da questo tedio e ritiriamoci a Manhattan. Che barba, che noia.
Fino a quando non vengono a scocciarti anche lì e allora bisogna tirare fuori tutta la Rabbia e l’Orgoglio che puoi. Tira fuori le palle, Oriana!
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