Il socio di maggioranza
Ogni buco di culo vede Zeus, nello specchio
Louis Ferdinand Celine
Questa cosa dei pranzi tedeschi nel secondo dopoguerra, delle cautele con cui devono aver chiacchierato i padri e i figli, mi stuzzica da un po'. Credo anche che abbia a che fare con la straordinaria velocita' con cui gli adolescenti di quelle parti sono usciti ed escono di casa. Forse anch'io verso i diciotto avrei cambiato domicilio, emancipatissimo, davanti ad un abisso etico e generazionale come quello che si e' necessariamente creato tra i nonni e i nipoti delle due germanie.
Sono convinto che numerosi pranzi siano saltati in aria per colpa del fantasma nazista. Che - come capita quando ci si vuole tenere alla larga da una parola o da un argomento - sara' continuamente spuntato da ogni virgola, dietro le consonanti e le allitterazioni, oltre che per ovvi ma pur sempre frequenti motivi di cronaca o incidenti conversazionali. Ricordo l'ingenuita' con cui rientravo da scuola a collaudare le mie scoperte pubbliche. Una volta sono entrato in casa e' ho detto con mia madre: "Ciao mamma, corro in bagno a sborare". Mi avevano passato un'informazione falsa.
Ecco, immagino che gli stessi equivoci che hanno infiltrato i tabu' della mia educazione sentimentale (e politica), possano essersi addensati sul periodo di storia che i genitori tedeschi avevano vissuto e i loro figli ricostruivano ingenuamente, nei bagni di scuola o al cinema. E mi immagino che prima o poi i punti di domanda debbano essere arrivati: cosa vuol dire, papa', olocausto? E ariano? Di qui al chiedersi cosa diavolo facesse il padre mentre gli ariani combinavano l'olocausto il passo e' brevissimo, per quanto malfermo.
Mettiamola cosi', supponiamo che il figlio si sia limitato a chiedere: ma tu, non hai fatto niente? Oppure: tu non eri d'accordo, vero papa'? Pare che la Germania abbia risposto in massa che non ne sapeva nulla. E c'e' del vero, perche' non conosceva le conclusioni, nonostante avesse
alimentato e sostenuto di consenso e silenzi le premesse.
Non per forza in camicia bruna. Ma perche' bisognera' pur familiarizzare con l'idea che l'ambiente e' un socio di maggioranza, del modo in cui viviamo, consumiamo, parliamo, amiamo, ci deprimiamo... E' vero: i dove sono tanti e - se volete - sacrosanti. Ma si assomigliano tutti troppo. Sono villette a schiera o stanze del Grand Hotel Abisso, appunto.
Jonathan e Ebi hanno ragione, forse sono piu' sinceri di me. Ma, quando dico la Germania e noi, quando vi chiedo di dirmi in che posto vi trovate, voglio sragionare, cerco di dire cose assurde per riguadagnare un minimo di buon senso. Quello che rende incomprensibile la solitudine iperbarica dei nostri "dove" tutti uguali e ci rinfaccia la realta' di Ramallah, di Kabul... Non facciamoci mettere le parole in testa. Siamo sicuri che sia possibile o che a volte non valga semplicemente la pena di decidere da chi farcele mettere, dando credito a qualcuno? Siamo sicuri che la nostra autonomia non sia un formidabile dispositivo di passivita'? A noi hanno insegnato che prima di tutto bisogna ragionare con la nostra testa. Ecco, nella mia tutte le cose di cui dovrei ragionare non ci stanno piu' e a volte delego un colore, un amico, un libro...
Ma tu dov'eri? Vorrei solo evitare di rispondere che tirare avanti e' stata dura per tutti, ciascuno nel suo. Vorrei evitare di continuare a vedere nello specchio enormi problemi, olimpiche indecisioni... Credetemi, sono i piu' inutili esercizi di grandezza ai quali ci hanno allenato con la dottrina delle cose individuali e dell'autonomia.
Ogni buco di culo vede Zeus, nello specchio
Louis Ferdinand Celine
Questa cosa dei pranzi tedeschi nel secondo dopoguerra, delle cautele con cui devono aver chiacchierato i padri e i figli, mi stuzzica da un po'. Credo anche che abbia a che fare con la straordinaria velocita' con cui gli adolescenti di quelle parti sono usciti ed escono di casa. Forse anch'io verso i diciotto avrei cambiato domicilio, emancipatissimo, davanti ad un abisso etico e generazionale come quello che si e' necessariamente creato tra i nonni e i nipoti delle due germanie.
Sono convinto che numerosi pranzi siano saltati in aria per colpa del fantasma nazista. Che - come capita quando ci si vuole tenere alla larga da una parola o da un argomento - sara' continuamente spuntato da ogni virgola, dietro le consonanti e le allitterazioni, oltre che per ovvi ma pur sempre frequenti motivi di cronaca o incidenti conversazionali. Ricordo l'ingenuita' con cui rientravo da scuola a collaudare le mie scoperte pubbliche. Una volta sono entrato in casa e' ho detto con mia madre: "Ciao mamma, corro in bagno a sborare". Mi avevano passato un'informazione falsa.
Ecco, immagino che gli stessi equivoci che hanno infiltrato i tabu' della mia educazione sentimentale (e politica), possano essersi addensati sul periodo di storia che i genitori tedeschi avevano vissuto e i loro figli ricostruivano ingenuamente, nei bagni di scuola o al cinema. E mi immagino che prima o poi i punti di domanda debbano essere arrivati: cosa vuol dire, papa', olocausto? E ariano? Di qui al chiedersi cosa diavolo facesse il padre mentre gli ariani combinavano l'olocausto il passo e' brevissimo, per quanto malfermo.
Mettiamola cosi', supponiamo che il figlio si sia limitato a chiedere: ma tu, non hai fatto niente? Oppure: tu non eri d'accordo, vero papa'? Pare che la Germania abbia risposto in massa che non ne sapeva nulla. E c'e' del vero, perche' non conosceva le conclusioni, nonostante avesse
alimentato e sostenuto di consenso e silenzi le premesse.
Non per forza in camicia bruna. Ma perche' bisognera' pur familiarizzare con l'idea che l'ambiente e' un socio di maggioranza, del modo in cui viviamo, consumiamo, parliamo, amiamo, ci deprimiamo... E' vero: i dove sono tanti e - se volete - sacrosanti. Ma si assomigliano tutti troppo. Sono villette a schiera o stanze del Grand Hotel Abisso, appunto.
Jonathan e Ebi hanno ragione, forse sono piu' sinceri di me. Ma, quando dico la Germania e noi, quando vi chiedo di dirmi in che posto vi trovate, voglio sragionare, cerco di dire cose assurde per riguadagnare un minimo di buon senso. Quello che rende incomprensibile la solitudine iperbarica dei nostri "dove" tutti uguali e ci rinfaccia la realta' di Ramallah, di Kabul... Non facciamoci mettere le parole in testa. Siamo sicuri che sia possibile o che a volte non valga semplicemente la pena di decidere da chi farcele mettere, dando credito a qualcuno? Siamo sicuri che la nostra autonomia non sia un formidabile dispositivo di passivita'? A noi hanno insegnato che prima di tutto bisogna ragionare con la nostra testa. Ecco, nella mia tutte le cose di cui dovrei ragionare non ci stanno piu' e a volte delego un colore, un amico, un libro...
Ma tu dov'eri? Vorrei solo evitare di rispondere che tirare avanti e' stata dura per tutti, ciascuno nel suo. Vorrei evitare di continuare a vedere nello specchio enormi problemi, olimpiche indecisioni... Credetemi, sono i piu' inutili esercizi di grandezza ai quali ci hanno allenato con la dottrina delle cose individuali e dell'autonomia.
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