Non vedevo Billy da un paio d'anni, forse qualcosa di meno. Lui stava a Parigi o nella Bassa modenese. Non è da confondere con Fibra.
È tornato, e questa sera era Bologna. Anch'io ero a Bologna. Non bevevamo un aperitivo assieme dai tempi dell'università.
Siamo andati in giro a piedi per il centro all'ora di cena, mentre saliva il vento.
Olindo Faccioli, un'osteria alla quale eravamo affezionati per via di una certa luce che filtra dal banco dei salumi, purtroppo era chiuso.
Così abbiamo camminato. E siamo arrivati al Golem, un bar in quella piazzetta vicino al ristorante greco.
Era la prima volta che ci mettevamo piede.
Alle otto e mezza stavamo bevendo due calici di bianco.
All'angolo, dove sbuca Via Valdonica.
Billy ed io parlavamo ancora dei fatti di Genova, di filosofia, di cazzi nostri.
Avevamo visto un'ambulanza nella piazzetta, e ci avevamo pure scherzato.
Seduti al tavolo credevamo di parlare della Storia.
È passato un carabiniere nel locale, a chiedere se avevamo sentito degli spari verso le otto e un quarto.
Abbiamo risposto di no, ci è venuto in mente Battiato, ce ne siamo dimenticati quando abbiamo ordinato il terzo giro di vino.
E adesso parleranno dell'emergenza, della strategia della tensione, vi convinceranno a non andare a Roma sabato.
Ma come mi ricorda ora Billy, già Benjamin (nelle Tesi di filosofia della storia) scriveva che ovunque l'emergenza diventa regola. Dovremmo arrivare a un'idea di Storia adeguata a un'emergenza continuamente rinnovata, proprio evitando lo schematismo del rincaro dello scontro.
Quando ascolteremo i commenti domani sarebbe bene chiedersi se chi scrive si chiede un semplice "perchè l'hanno fatto", "a chi fa comodo" ecc., o piuttosto si interroga su quanto questo può significare per la nostra coscienza, su come farlo valere proprio perchè intollerabile.
Di fronte a questi fatti non è possibile delegare la nostra autonomia: contro la logica dello scontro bisogna rendere le coscienze più sensibili, farne una questione di pelle.
Ma siamo ancora confusi e stanchi: non sembra reale parlare di terrorismo. Non è giusto (è stupido?) arrendersi all'idea per cui tutto, semplicemente, ritorna.
Si è fatto tardi, è scesa un po' di nebbia, nella zona universitaria gente che parla e fuma davanti ai locali. Non ho voglia di aspettare che escano i giornali.
È tornato, e questa sera era Bologna. Anch'io ero a Bologna. Non bevevamo un aperitivo assieme dai tempi dell'università.
Siamo andati in giro a piedi per il centro all'ora di cena, mentre saliva il vento.
Olindo Faccioli, un'osteria alla quale eravamo affezionati per via di una certa luce che filtra dal banco dei salumi, purtroppo era chiuso.
Così abbiamo camminato. E siamo arrivati al Golem, un bar in quella piazzetta vicino al ristorante greco.
Era la prima volta che ci mettevamo piede.
Alle otto e mezza stavamo bevendo due calici di bianco.
All'angolo, dove sbuca Via Valdonica.
Billy ed io parlavamo ancora dei fatti di Genova, di filosofia, di cazzi nostri.
Avevamo visto un'ambulanza nella piazzetta, e ci avevamo pure scherzato.
Seduti al tavolo credevamo di parlare della Storia.
È passato un carabiniere nel locale, a chiedere se avevamo sentito degli spari verso le otto e un quarto.
Abbiamo risposto di no, ci è venuto in mente Battiato, ce ne siamo dimenticati quando abbiamo ordinato il terzo giro di vino.
E adesso parleranno dell'emergenza, della strategia della tensione, vi convinceranno a non andare a Roma sabato.
Ma come mi ricorda ora Billy, già Benjamin (nelle Tesi di filosofia della storia) scriveva che ovunque l'emergenza diventa regola. Dovremmo arrivare a un'idea di Storia adeguata a un'emergenza continuamente rinnovata, proprio evitando lo schematismo del rincaro dello scontro.
Quando ascolteremo i commenti domani sarebbe bene chiedersi se chi scrive si chiede un semplice "perchè l'hanno fatto", "a chi fa comodo" ecc., o piuttosto si interroga su quanto questo può significare per la nostra coscienza, su come farlo valere proprio perchè intollerabile.
Di fronte a questi fatti non è possibile delegare la nostra autonomia: contro la logica dello scontro bisogna rendere le coscienze più sensibili, farne una questione di pelle.
Ma siamo ancora confusi e stanchi: non sembra reale parlare di terrorismo. Non è giusto (è stupido?) arrendersi all'idea per cui tutto, semplicemente, ritorna.
Si è fatto tardi, è scesa un po' di nebbia, nella zona universitaria gente che parla e fuma davanti ai locali. Non ho voglia di aspettare che escano i giornali.
ebi+billy
Commenti
Posta un commento