Autobiografia intellettuale
Ragazzi sono veramente figo, sono bello come il sole qui a torso nudo, sotto il sole delle mie finestre. Sono le tre e mezza e trasudo gesti ironici mentre mi affetto questo quarto di crudo di parma stando ben attento a schivare le cotiche. Mi fa pensare al grumo denso della mia intelligenza, così denso che questa coltellina non scenderebbe più di 2 centimetri, neanche se a schiacciarmela nel cervello fosse un braccio meccanico. E poi mi sono già agilmente preparato l'ananas, tagliato a spicchi secondo il gusto caraibico, per quando passerò, fra poco, sul mio divano a quattro piazze. Del resto, è il mondo che mi fa sentire importante, che mi costringe a rendermi conto del valore assoluto delle mie capacità. Tanto che davvero non so cosa ci faccio io qui girandomi per casa. Aspetto che si alzi un qualche vento, di novità a muovermi la penna? Non penso, no, non è quello. E' che proprio non mi posso distrarre. Mi devo concentrare sul serio. Tanto più che oggi come ieri è il giorno adatto: non c'è la tappa del Giro, la Daytona ha già vinto lo scudetto. Non c'è alcun pensiero esterno, nessun archetipo profondo che possa sviare la corsa in discesa del mio spirito dialettico. E' già abbastanza che domani sera mi tocchi uscire per presentare quel poeta dialettale di Sassuolo alla sala di via M. Curie.
Ma il mio prestigio non può stordirsi di fronte al valore oggettivo e socialmente qualificante del mio agire, anzi del mio eclettismo metamorfico di vero e raffinato intellettuale. Alle lezioni di dottorato non mi vedono da settimane e non credo mi vedranno spesso. Non è per accidia o indolenza, non è perché a volte anche vestirmi per uscire diventa un'impresa. Non è affatto per motivi del genere. Io non sono apatico. Al contrario. Sono gli impegni, le cose da fare, da pensare, su cui concentrarsi. Sono quelle che mi segregano. Ciascuno ha una propria gerarchia interna, no?, una prospettiva assiologica ordinatrice, che stabilisce le precedenze. Io ho la mia. Un po' com'è successo ieri sera, che in veste di giurato di non solo quale ramo secondario della sezione provinciale del premio Bancarella nella sua declinazione scolastica, dovevo leggere e scegliere le tre migliori recensioni scritte da alcuni anonimi studenti delle superiori modenesi, dedicate all'ultimo romanzo di Le Carrè, un volume che io, naturalmente, non ho neanche potuto aprire anche se me lo hanno mandato tre mesi fa. Non ci sono stato sopra più di cinque minuti, mentre guardavo il Real Madrid in finale di coppa. Alla fine ho scelto quella che mi faceva più ridere e stamattina mi sono anche rifiutato di andare alla riunione della giuria. Sono sceso dal tabaccaio a fare un fax. Basta e avanza. Così ho potuto correre spedito in casa per aspettare il collegamento della Rai con il Giro d'Italia. Solo in quel momento mi sono ricordato che oggi c'era la tappa di trasferimento, non la corsa. Ed è stato lì che ho tirato fuori il prosciutto ecc. Spero solo di non morire d'inedia nei prossimi giorni.
Ragazzi sono veramente figo, sono bello come il sole qui a torso nudo, sotto il sole delle mie finestre. Sono le tre e mezza e trasudo gesti ironici mentre mi affetto questo quarto di crudo di parma stando ben attento a schivare le cotiche. Mi fa pensare al grumo denso della mia intelligenza, così denso che questa coltellina non scenderebbe più di 2 centimetri, neanche se a schiacciarmela nel cervello fosse un braccio meccanico. E poi mi sono già agilmente preparato l'ananas, tagliato a spicchi secondo il gusto caraibico, per quando passerò, fra poco, sul mio divano a quattro piazze. Del resto, è il mondo che mi fa sentire importante, che mi costringe a rendermi conto del valore assoluto delle mie capacità. Tanto che davvero non so cosa ci faccio io qui girandomi per casa. Aspetto che si alzi un qualche vento, di novità a muovermi la penna? Non penso, no, non è quello. E' che proprio non mi posso distrarre. Mi devo concentrare sul serio. Tanto più che oggi come ieri è il giorno adatto: non c'è la tappa del Giro, la Daytona ha già vinto lo scudetto. Non c'è alcun pensiero esterno, nessun archetipo profondo che possa sviare la corsa in discesa del mio spirito dialettico. E' già abbastanza che domani sera mi tocchi uscire per presentare quel poeta dialettale di Sassuolo alla sala di via M. Curie.
Ma il mio prestigio non può stordirsi di fronte al valore oggettivo e socialmente qualificante del mio agire, anzi del mio eclettismo metamorfico di vero e raffinato intellettuale. Alle lezioni di dottorato non mi vedono da settimane e non credo mi vedranno spesso. Non è per accidia o indolenza, non è perché a volte anche vestirmi per uscire diventa un'impresa. Non è affatto per motivi del genere. Io non sono apatico. Al contrario. Sono gli impegni, le cose da fare, da pensare, su cui concentrarsi. Sono quelle che mi segregano. Ciascuno ha una propria gerarchia interna, no?, una prospettiva assiologica ordinatrice, che stabilisce le precedenze. Io ho la mia. Un po' com'è successo ieri sera, che in veste di giurato di non solo quale ramo secondario della sezione provinciale del premio Bancarella nella sua declinazione scolastica, dovevo leggere e scegliere le tre migliori recensioni scritte da alcuni anonimi studenti delle superiori modenesi, dedicate all'ultimo romanzo di Le Carrè, un volume che io, naturalmente, non ho neanche potuto aprire anche se me lo hanno mandato tre mesi fa. Non ci sono stato sopra più di cinque minuti, mentre guardavo il Real Madrid in finale di coppa. Alla fine ho scelto quella che mi faceva più ridere e stamattina mi sono anche rifiutato di andare alla riunione della giuria. Sono sceso dal tabaccaio a fare un fax. Basta e avanza. Così ho potuto correre spedito in casa per aspettare il collegamento della Rai con il Giro d'Italia. Solo in quel momento mi sono ricordato che oggi c'era la tappa di trasferimento, non la corsa. Ed è stato lì che ho tirato fuori il prosciutto ecc. Spero solo di non morire d'inedia nei prossimi giorni.
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