*Finalmente venne un giorno di pioggia. Il vento frustava. Il tempo rinfrescando diventò più lungo. Essi si riebbero come piante. Si baciarono. Le parole che si dissero li ristorarono. Furono di nuovo felici. Aspettare ogni momento il successivo è soltanto un abitudine; chiudi la diga e il tempo straripa come un lago. Le ore scorrono, è vero, ma sono più larghe che lunghe. Vi fu un secondo giorno di pioggia; un terzo. [...] Il più piccolo aiuto, l'idea che quel tempo era un fato personale, un destino straordinario, e la stanza si riempie di una strana luce acquatica, o è come scavata in un dado d'argento. [...] Ma si sa bene, alla fine non è stato altro che un profondo peccato originale, la caduta in un mondo dove per i cento gradini della ripetizione si scende, librandosi, sempre più in basso.*
Abozzi e frammenti, pp.1669 e sg.
Mattina che finisce luglio e fuori è più caldo che dentro. I panini al latte con la marmellata, l'amaro del tè. Puoi anche pensare che basti e respirare a lungo. L'affanno nervoso, un piacere che non è piacere ma soltanto rumore, gli dei, le forcine per capelli, la psicanalisi, i vestiti che passano, il grammofono, contagio di esperienze, Ulrich/Anders/Agathe, Ulrich/Walter/Clarisse, Clarisse che impazzisce, i presentimenti, bastoni sassi foglie sulla sabbia con le loro centinaia di richiami/significati/vuoti, un cucchiaino finito nella spazzatura come rumore della selce del cortile movimento di duna, i disegni sui muri, la dispersione della montagna, dopopranzo.
Amanti che recitano difronte ad un golfo mistico e una sala buia. Tutti gli amanti dovrebbero farlo. E lasciare spento il proprio personale amplificatore di rumori morali.
*Nel luogo del sogno passavano in media cinquanta macchine al minuto e alla velocità di trenta chilometri orari, e seicento pedoni. Se tutto ciò attirava un po' di sguardi, o almeno pensieri, l'innervazione doveva percorrere un cammino di duemilacinquecentometri al secondo, lasciando da parte l'odorato e l'udito, il desiderio eccitato e tutto il resto e considerando soltanto pazzesco il film.* Abozzi e frammenti, p.1769
Ho finito Musil, sembra niente, eppure.
Der Mann ohne Eingenschaften
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