Falling into place



Take me to those places that I've never seen it might make me that person that I've never been it might make me that friend that you have always wanted, yet you've never had.



uno. il packaging: l'arte di confezionare impegno-pazienza-senso del bello. nelle copertine dei cidi fatti in casa che necessariamente subentrano alle cassette relegate in altre cassette o intravedi scappar fuori da cruscotti fatte di polvere e sbiadito inchiostro di bic.

Bene. Quasi niente va particolarmente bene, ma: trovare qualcosa nella buchetta ha la bellezza del lavoro che ci sta dietro. L'incantesimo di qualcuno che ha comprato un bollo prioritario, come fosse un mazzo di fiori, qualcuno che ha passeggiato fino alla posta, ha scritto il tuo nome da un lato e il suo dall'altro di una busta imbottita facendo attenzione a non sbavare.

Adesso la busta sta nella tua buchetta, riconosci la grafia. E dentro c'è: il cidi sottile con la carta da pacchi di una cassetta (nuovamente) di mele, un autore:un titolo, centrato stampatello sulla prima di copertina, la tracklist sulla seconda, che scansa la mela rosa appoggiandosi a destra.



due. dentro. dentro c'è falling into place di Komeit, che non è molto diverso da questo.

E' semplicemente la cosa nelle cuffie di qualcuno che esce di casa a comprare fiori e bolli prioritari, Chris per Julia, e viceversa, la storia dell'incanto nella semplicità di un gesto. C'è il tempo, rarefatto e dilatato, che traduce qualsiasi presupposto metereologico in clima benevolo e disteso. C'è la contemporaneità traslata e rallentata che somiglia alla sequenza rilassata di un battito sottovoce. Strumentale è la passeggiata, la voce la scrittura, che rimbalza nelle cuffie, mentre tutto il resto, quello che è fuori, è fermo o, se si muove e veloce, in silenzio.



(infinitamente grazie a Chià).





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