La pazzia della gatta regina


Sabato il Container era pieno come un uovo. Il clima era dei più caldi: io madida di sudore, incline all'(auto)soffocamento annaspavo nel tuorlo. Le nostre lattine ribollivano tra le mani. Le ragazze, inusitatamente innumerevoli, cadevano a grappoli nell'intercapedine ventilata dell'antibagno.

Ant regalava a tutti secchiate di autocontrollo cantando e suonando sottovoce mentre il pubblico socializzava sguaiato, senza batter ciglio.

Women and children sarebbero riusciti meglio al Covo, proiettati lascivi sul muro, di fronte alla nostra indecisione sul loro ruolo nell'arte: lei indiscutibilmente bellissima (gli altri pure), in due dimensioni, psicadelia di ritorno a maggioranza californiana e epigoni franco-canadesi.

Chan (pronounced "Shawn") Marshall, poi, generosa, c'ha messo al buio per rinfrescarci. Nel mentre lei faceva un sacco di cose cistercensi ululando al sicuro da centinaia di sguardi annebbiati sprofondati nelle tenebre: tra le altre, talvolta, suonare e cantare. Good woman, che dice cose autoevidenti in modo, perchè no, autoevidente, e che dell'ultimo disco è la mia preferita, l'ha fatta per prima, quando ancora era la luce e la serata aveva una parvenza umana. Dopo, per le ore che si sono susseguite, c'è stata una sospensione temporale.

Commenti