Nina Nastasia è la donna dell’anno, l’ha detto John Peel.

Tanto vale arrendersi e andarla a sentire questa sera al Covo


Talvolta per sopravvivere in certi contesti è necessario trovare la forza di ritagliarsi una propria autorevolezza in campo qualunque, il che consiste, essenzialmente, nello scegliere un argomento di nicchia con cui giocare alla roulette russa dello sparo dei nomi a caso.

Sbagli una volta e sei socialmente come morto (anche se il sesso debole parte con più vite).



Io, essenzialmente, non sono un tipo spericolato, e ho la tendenza ad evitare questo genere di iniziative. Sarei rimasta ad affogare la conversazione nell’alcolismo qualunquista, se qualcuno con velleità missionarie non avesse detto alla folla – lei è l’esperta di cantautrici, indicandomi.

La birra mi è andata di traverso, e un secondo dopo la gente mi chiedeva cosa ne penso di Laura Cantrell.



Ascoltare le cantautrici sconosciute ha un che di stilnovistico: reso formalmente l’omaggio alla Musica Indipendente (in cui rientrano a pieno titolo), puoi badare a cose più serie e vitali, tipo ai testi (spesso più interessanti, anche del loro aspetto, e questo è un vero peccato).

Le cantautrici sconosciute si somigliano tutte (anche di aspetto), per una certa naturale ruvida rusticità anche se del tutto urbanizzate. Così se parli di una puoi citare anche le altre in maniera disinvolta senza rischiare di dire vaccate.



Se ti incuriosisce Nina Nastasia, ad esempio, visto che è di lei che dovremmo parlare e non di me, gli esperti ti diranno mh, – Hope Sandoval, Suzanne Vega, Lisa Germano, Beth Orton, e tu ovviamente ne saprai quanto prima e cioè che è una donna.

Oppure ti diranno Steve Albini, il che non aggiunge niente alle informazioni precedenti, visto che Steve Albini è dappertutto.



Potrei, poi, gettare altra carne al fuoco suggerendo che suona la chitarra e che ha già fatto tre dischi (il primo per una microetichetta indipendente, la Socialist, dài), il cui solo packaging (che confeziona il suo fidanzato, dài), induce, in chi ne riveli già l’attitudine, istantanei istinti suicidi (negli altri, omicidi, che è un po’ la differenza tra chi ascolta le cantautrici e chi no).



Nina Nastasia abita in un appartamento a Manhattan, con un gatto.

Il suo ultimo disco Run to ruin (Touch & Go, 2003), si è meritato 7.8 da Pitchfork, esattamente quei 0.8 punti in più rispetto al precedente (The Blackened Air, Touch & Go, 2002 ), che voi potete leggere come cifra della maturazione della suddetta o, più semplicemente, come quota di involuzione lirica e musicale che la allontana in modo netto dalle prove precedenti aumentandone, di fatto, la complessità.

Un unico consiglio, se non la conoscete e non siete inglesi madrelingua, date un occhiata ai testi, giusto per evitare gli istinti omicidi.

Se siete presenzialisti, non mancherete, se siete donne non mancherete, in altri casi, venite disarmati. Se può interessare, credo che valga la pena di esserci.



(quanto scritto era sull'ultimo numero di ZeroInCondotta)

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