QUARANTA



Le 1000 volte che abbiamo cantato Here. Naturalmente sbagliando tutte le parole, a parte quelle del ritornello, forse.



Il concerto di Grandaddy al Maffia.

Che ancora non sapevamo di quella cover alla fine.



La sera di Pavement al Vox.

Che ancora non sapevamo sarebbe stata la loro ultima.



Il primo Benicassim. Con i baristi che sembravano divi del surf a servire gin tonic in serie. Gratis.



L'Oktoberfest del 1998, quando le sette della sera parevano già l'alba del giorno dopo. La delusione di Belle and Sebastian, la scoperta di Lucksmiths.

E degli Sportsguitar interessava solo a noi.





New York City, Ben Lee e le giovani attrici americane.



La prima volta di Julie's Haircut, in quel tunnel sotterraneo di via Mascarella.



Le vie di San Francisco, le fragole assassine e la Death Valley. Come nel film di Michelangelo Antonioni.



Marina di Ravenna, laggiù al molo il venerdì dopo il lavoro. Seduti, le gambe appoggiate sul muretto, con il sole che sbatte negli occhi e il bicchiere in mano.

E quella canzone di Mark Eitzel che girava senza sosta dentro il walkman attaccato al televisore.



Praga, tra gli studenti americani in prima fila.

Giurerei ancora che ad un certo punto Casablancas ci ha fissato e ha strizzato l'occhio.



Il banco del bar del Covo, quello all'ingresso e l'altro giù in fondo. E i chilometri macinati su quei pavimenti.



I drink lunghi, anzi infiniti prima dei concerti. Poi risalire Via San Donato e parcheggiare di fronte la farmacia, dall'altra parte della strada.



La settimana di Bentivoglio.

Quella si che è stata difficile.



Ma poco importa.



Auguri Fabio.

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