Il trasporto della musica (2)
A proposito di trasporto e di ascolti musicali "da macchina", non mi capitava da un pezzo di entusiasmarmi per un disco così allegramente rumoroso come quello dei Thermals.
Come tanto tempo fa, in altre domeniche solitarie passate a guidare sotto un sole furioso, in compagnia di altre cassette, quest'estate non è proprio possibile per me ascoltare Fuckin A e resistere al lacerante desiderio di premere l'acceleratore e correre per città e campagne e autostrade, con la radio a mille senza vergogna, e a finestrini spalancati fare l'aeroplano con le braccia cantando a squarciagola let your earth quake baby.
Come forse molti di voi più attenti di me sanno già da un pezzo (tant'è che me li consigliava il solito Dave Kulp già a febbraio, ma c'è un tempo per ogni cosa, e si vede che per me il momento dei Thermals era solo questo), i Thermals hanno base a Portland e provengono da band fichissime come Hutch & Kathy, All Girl Summer Fun Band e Operacycle, e c'è di mezzo pure Chris Walla dei Death Cab For Cutie.
Io li trovo incredibilmente adatti all'estate perché questa per me, più di ogni altra, deve essere la stagione delle chitarre (ma quelle svelte) e le loro canzoni sono tutto uno sferragliare di chitarre, che a volte sembra anche un po' disordinato, e poi ci sono feedback che fischiano, ritmi pestati senza tregua e un cantato ostinato che don't give a fuck e this is how we know appena può: insomma, come avrete capito, un'accozzaglia di ingredienti à la Pixies e che qui sembrano non essere capaci di tenersi insieme fino all'ultimo, poi un brivido ed ecco: stai già ballando.
Perché in ogni canzone dei Thermals, anche la più grezza e dissonante, c'è almeno un momento dove tutto si spalanca, l'urgenza si distende (vedi il grido "you open your eyes" in A stare like us), la melodia sterza brusca e ti prende, ti prende e tu vuoi correre. E quando il rock fa ancora così, tu ingrana la quinta e stagli dietro, che non sai quando capiterà di nuovo.
A proposito di trasporto e di ascolti musicali "da macchina", non mi capitava da un pezzo di entusiasmarmi per un disco così allegramente rumoroso come quello dei Thermals.
Come tanto tempo fa, in altre domeniche solitarie passate a guidare sotto un sole furioso, in compagnia di altre cassette, quest'estate non è proprio possibile per me ascoltare Fuckin A e resistere al lacerante desiderio di premere l'acceleratore e correre per città e campagne e autostrade, con la radio a mille senza vergogna, e a finestrini spalancati fare l'aeroplano con le braccia cantando a squarciagola let your earth quake baby.
Come forse molti di voi più attenti di me sanno già da un pezzo (tant'è che me li consigliava il solito Dave Kulp già a febbraio, ma c'è un tempo per ogni cosa, e si vede che per me il momento dei Thermals era solo questo), i Thermals hanno base a Portland e provengono da band fichissime come Hutch & Kathy, All Girl Summer Fun Band e Operacycle, e c'è di mezzo pure Chris Walla dei Death Cab For Cutie.
Io li trovo incredibilmente adatti all'estate perché questa per me, più di ogni altra, deve essere la stagione delle chitarre (ma quelle svelte) e le loro canzoni sono tutto uno sferragliare di chitarre, che a volte sembra anche un po' disordinato, e poi ci sono feedback che fischiano, ritmi pestati senza tregua e un cantato ostinato che don't give a fuck e this is how we know appena può: insomma, come avrete capito, un'accozzaglia di ingredienti à la Pixies e che qui sembrano non essere capaci di tenersi insieme fino all'ultimo, poi un brivido ed ecco: stai già ballando.
Perché in ogni canzone dei Thermals, anche la più grezza e dissonante, c'è almeno un momento dove tutto si spalanca, l'urgenza si distende (vedi il grido "you open your eyes" in A stare like us), la melodia sterza brusca e ti prende, ti prende e tu vuoi correre. E quando il rock fa ancora così, tu ingrana la quinta e stagli dietro, che non sai quando capiterà di nuovo.
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