Musica per sabbia e falene
Avevamo conosciuto l'etichetta di Boston Total Gaylord Records grazie all'album degli Shumai qualche mese fa, ed ecco ora l'ultima uscita in catalogo: il nuovo ep dei Thee Moths, "Sand in pour pocket".
I Thee Moths ora sono il progetto di Alex Botten, da Dundee, Scozia. Attorno ad Alex ruotano di volta in volta diversi collaboratori: ad accompagnarlo in queste quattro canzoni di delicatissimo pop c'è la voce, la chitarra, il violino, il battimani e un po' di fremiti della ex fidanzata Dominique Ferraton, che sta a Montréal, in Canada.
(se volete saperla tutta, al momento Alex si è messo con Milly, hanno pure un gruppo, si chiamano Thee Infinite Golden Universe e suonano dub).
"Sand in our pocket" si apre con una incalzante Universe prayer che suona come una specie di REM filtrati da una coinvolgente bassa fedeltà, tratto che ritorna anche nello scarno folk di The Stream.
Questa cosa della bassa fedeltà e del do it yourself, poi, Alex, l'ha studiata a fondo e vi consiglio di leggere i suoi illuminanti consigli sul "Perché registrare in casa".
Però è Stereo Breath, la seconda traccia, a rimanermi in testa come un interrogativo, come qualcosa che pur sforzandomi non riesco a ricordare. In Stereo Breath, tutto sbatte, rimbomba, lontano, si avvicina, continua altrove, senza di noi. La voce è sommersa dal disordine scandito con passo marziale. Un attimo prima della fine, quando credi che quel nervosismo non si possa risolvere in nulla, le due voci si alzano, si uniscono, è poco più di un sospiro. Passa in fretta ma tutto per un attimo resta sospeso. Bello.
Di questo è fatta la sabbia che ci si ritrova nelle tasche (un verso che ricorre anche in Bob Corn, buffo) alla fine del disco, tra le pieghe del vestito, ali di falene, ricordi trasparenti.
Avevamo conosciuto l'etichetta di Boston Total Gaylord Records grazie all'album degli Shumai qualche mese fa, ed ecco ora l'ultima uscita in catalogo: il nuovo ep dei Thee Moths, "Sand in pour pocket".
I Thee Moths ora sono il progetto di Alex Botten, da Dundee, Scozia. Attorno ad Alex ruotano di volta in volta diversi collaboratori: ad accompagnarlo in queste quattro canzoni di delicatissimo pop c'è la voce, la chitarra, il violino, il battimani e un po' di fremiti della ex fidanzata Dominique Ferraton, che sta a Montréal, in Canada.
(se volete saperla tutta, al momento Alex si è messo con Milly, hanno pure un gruppo, si chiamano Thee Infinite Golden Universe e suonano dub).
"Sand in our pocket" si apre con una incalzante Universe prayer che suona come una specie di REM filtrati da una coinvolgente bassa fedeltà, tratto che ritorna anche nello scarno folk di The Stream.
Questa cosa della bassa fedeltà e del do it yourself, poi, Alex, l'ha studiata a fondo e vi consiglio di leggere i suoi illuminanti consigli sul "Perché registrare in casa".
Però è Stereo Breath, la seconda traccia, a rimanermi in testa come un interrogativo, come qualcosa che pur sforzandomi non riesco a ricordare. In Stereo Breath, tutto sbatte, rimbomba, lontano, si avvicina, continua altrove, senza di noi. La voce è sommersa dal disordine scandito con passo marziale. Un attimo prima della fine, quando credi che quel nervosismo non si possa risolvere in nulla, le due voci si alzano, si uniscono, è poco più di un sospiro. Passa in fretta ma tutto per un attimo resta sospeso. Bello.
Di questo è fatta la sabbia che ci si ritrova nelle tasche (un verso che ricorre anche in Bob Corn, buffo) alla fine del disco, tra le pieghe del vestito, ali di falene, ricordi trasparenti.
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