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Se è vero che esiste una scottish reinassance, vale la pena di ascoltare un paio di volte il primo lavoro di Dogs die in hot cars. Inaspettatamente godibile, se si può dire, for a band with a such nonsense name. Il loro primo singolo, uscito all'inizio di agosto dell'anno scorso I love you cause I have to, è il pezzo che avresti dovuto mettere dopo My girl dei Madness, e forse non avresti vuotato la pista, con Monkey man, solo perchè avevi paura. E' uno di quei dischi compatti, suonati da ogni lato. E vale forse la pena di dare un'occhiata ai testi: curiosamente astuti, in bilico tra un esistenzialismo post-adolescenziale, la vita non è un granché ma vivere può essere anche peggio, e un ironia sconclusionata alla The French (Celebrity sanctum). Lo dico perché, nonostante la loro loro fama che da una stagione invade, attenzione, in maniera carsica (un ossimoro, no?) la letteratura specialistica, all'aplomb tipicamente Great Britain affiancano una sincera mancanza di attitudine sul palco più che sulla carta o sul supporto (cosa di nuovo strana) e ciò ce li rende inevitabilmente simpatici.
Può succedere che improvvisamente qualcuno si prenda cura di farli diventare fashion quanto basta affinché qualcun altro ne parli come i nuovi Franz Ferdinand. Ma forse il cantante ha una voce un po' troppo bella (tra gli XTC e i Cure) perché possa succedere.
Se è vero che esiste una scottish reinassance, vale la pena di ascoltare un paio di volte il primo lavoro di Dogs die in hot cars. Inaspettatamente godibile, se si può dire, for a band with a such nonsense name. Il loro primo singolo, uscito all'inizio di agosto dell'anno scorso I love you cause I have to, è il pezzo che avresti dovuto mettere dopo My girl dei Madness, e forse non avresti vuotato la pista, con Monkey man, solo perchè avevi paura. E' uno di quei dischi compatti, suonati da ogni lato. E vale forse la pena di dare un'occhiata ai testi: curiosamente astuti, in bilico tra un esistenzialismo post-adolescenziale, la vita non è un granché ma vivere può essere anche peggio, e un ironia sconclusionata alla The French (Celebrity sanctum). Lo dico perché, nonostante la loro loro fama che da una stagione invade, attenzione, in maniera carsica (un ossimoro, no?) la letteratura specialistica, all'aplomb tipicamente Great Britain affiancano una sincera mancanza di attitudine sul palco più che sulla carta o sul supporto (cosa di nuovo strana) e ciò ce li rende inevitabilmente simpatici.
Può succedere che improvvisamente qualcuno si prenda cura di farli diventare fashion quanto basta affinché qualcun altro ne parli come i nuovi Franz Ferdinand. Ma forse il cantante ha una voce un po' troppo bella (tra gli XTC e i Cure) perché possa succedere.
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