EIGHTEEN IN THE EIGHTIES
Rumore di dicembre (# 155) ospita un intervento di Joe Giovanardi, cantante di La Crus.
Argomento: la musica al principio degli anni 80.
Considerato il fatto che negli ultimi 12 mesi abbondanti, buona parte di ciò che abbiamo ascoltato e stiamo tuttora ascoltando (diciamo da Rapture in poi, tanto per semplificare) ha notevoli attinenze con quegli anni, mi pare interessante riflettere su alcune delle cose che Giovanardi ha scritto e che per inciso, avendo io vissuto come lui quegli anni, mi trovo a condividere appieno:
"Se c'è un fattore che contraddistingue la stagione 1977-1984 è la percezione che ogni disco che si ascoltava non era assimilabile a niente di quanto era stato fatto prima. I primi album di Joy Division, Banshees, Cure, Gang of Four, Virgin Prunes, a cosa erano paragonabili? Potevi fare riferimento forse a qualcosa sentita in passato?
Sicuramente no.
Questa è stata la vera spinta propulsiva di quel periodo.
E le case discografiche indipendenti, nate proprio in quei giorni l'avevano capito in pieno. Cercare di mettere sotto contratto i gruppi più originali, che non somigliassero a niente e nessuno. Diciamo che la musica era un po' più vicina all'arte di quanto sia ora.
Delle tre grandi rivoluzioni musicali degli ultimi 40 anni (1965-1977-1990) quella di mezzo rimane unica contenendo due fattori fondamentali: quello culturale, spinto dall'urgenza di esprimere la propria rabbia e un modo di essere e sentirsi vivi al di là di ogni appartenenza, e quello musicale, animato da uno spirito rivoluzionario non riferibile a nulla di quanto sino ad allora accaduto.
Ha un senso oggi il recupero di quegli anni, quando i presupposti di fondo sono - da un punto di vista filosofico - esattamente opposti a quelli da cui tutto è partito, con un orizzonte inevitabilmente ridotto all'aspetto estetico?
E' solamente mancanza di idee, o la voglia di ricreare un periodo che si ama ma che non si è mai vissuto?"
Rumore di dicembre (# 155) ospita un intervento di Joe Giovanardi, cantante di La Crus.
Argomento: la musica al principio degli anni 80.
Considerato il fatto che negli ultimi 12 mesi abbondanti, buona parte di ciò che abbiamo ascoltato e stiamo tuttora ascoltando (diciamo da Rapture in poi, tanto per semplificare) ha notevoli attinenze con quegli anni, mi pare interessante riflettere su alcune delle cose che Giovanardi ha scritto e che per inciso, avendo io vissuto come lui quegli anni, mi trovo a condividere appieno:
"Se c'è un fattore che contraddistingue la stagione 1977-1984 è la percezione che ogni disco che si ascoltava non era assimilabile a niente di quanto era stato fatto prima. I primi album di Joy Division, Banshees, Cure, Gang of Four, Virgin Prunes, a cosa erano paragonabili? Potevi fare riferimento forse a qualcosa sentita in passato?
Sicuramente no.
Questa è stata la vera spinta propulsiva di quel periodo.
E le case discografiche indipendenti, nate proprio in quei giorni l'avevano capito in pieno. Cercare di mettere sotto contratto i gruppi più originali, che non somigliassero a niente e nessuno. Diciamo che la musica era un po' più vicina all'arte di quanto sia ora.
Delle tre grandi rivoluzioni musicali degli ultimi 40 anni (1965-1977-1990) quella di mezzo rimane unica contenendo due fattori fondamentali: quello culturale, spinto dall'urgenza di esprimere la propria rabbia e un modo di essere e sentirsi vivi al di là di ogni appartenenza, e quello musicale, animato da uno spirito rivoluzionario non riferibile a nulla di quanto sino ad allora accaduto.
Ha un senso oggi il recupero di quegli anni, quando i presupposti di fondo sono - da un punto di vista filosofico - esattamente opposti a quelli da cui tutto è partito, con un orizzonte inevitabilmente ridotto all'aspetto estetico?
E' solamente mancanza di idee, o la voglia di ricreare un periodo che si ama ma che non si è mai vissuto?"
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