Nelle città del mondo
Gli amici
Nell'anno '51 li ricordi
la Giuliana e il Giancarlo
ballerini e acrobati com'erano
con vocazione di poveri
di cui sarà il mondo domani,
salute gioventù fierezza scatto.
E oggi? In una torpida
mattina del '60? O di essi e dei figli
con intatta vocazione di poveri
ancora può essere il mondo
domani
per la decima estate non si orna
di nuovo la bocca del Magra?
Che tempi - mormori - sempre più confusi
che trambusto di scafi e di motori
che assortita fauna sul mare.
Non lasciatemi qui solo
- stai
per gridare - ritornate...
Ma ecco dietro uno scoglio
sempre forte sui remi
spuntare in soccorso il Giancarlo.
E ti sembra un miracolo.
(Vittorio Sereni, da Gli strumenti umani)
Il Giancarlo di questa poesia leggera di Sereni è poi l'architetto Giancarlo De Carlo, e mi andava di dedicare questo post a lui, visto che domani il Politecnico di Milano gli conferirà la laurea ad honorem.
Non so nulla di architettura e non ricordo perché mi sono affezionato alla figura di questo vecchio anarchico (forse Glauco, forse Jonathan), in un certo senso abbastanza perdente e mai à la page come altri suoi contemporanei.Domenica scorsa, nell'inserto del Sole 24 Ore, c'era la foto qui sopra (uno scatto di Cesare Colombo). Ve la copio anche se la scansione da quotidiano viene male.
Ma voglio metterla lo stesso perché se penso a cosa stava facendo quella gente all'epoca la trovo totalmente rock'n'roll, e forte come le immagini dei primi Velvet Underground o del CBGB delle origini.
Era il 1964, e da sinistra si vedono Giovanni Pintori (storico grafico di casa Olivetti), Elio Vittorini, Vittorio Sereni e Giancarlo De Carlo.
Gli amici
Nell'anno '51 li ricordi
la Giuliana e il Giancarlo
ballerini e acrobati com'erano
con vocazione di poveri
di cui sarà il mondo domani,
salute gioventù fierezza scatto.
E oggi? In una torpida
mattina del '60? O di essi e dei figli
con intatta vocazione di poveri
ancora può essere il mondo
domani
per la decima estate non si orna
di nuovo la bocca del Magra?
Che tempi - mormori - sempre più confusi
che trambusto di scafi e di motori
che assortita fauna sul mare.
Non lasciatemi qui solo
- stai
per gridare - ritornate...
Ma ecco dietro uno scoglio
sempre forte sui remi
spuntare in soccorso il Giancarlo.
E ti sembra un miracolo.
(Vittorio Sereni, da Gli strumenti umani)
Il Giancarlo di questa poesia leggera di Sereni è poi l'architetto Giancarlo De Carlo, e mi andava di dedicare questo post a lui, visto che domani il Politecnico di Milano gli conferirà la laurea ad honorem.
Non so nulla di architettura e non ricordo perché mi sono affezionato alla figura di questo vecchio anarchico (forse Glauco, forse Jonathan), in un certo senso abbastanza perdente e mai à la page come altri suoi contemporanei.Domenica scorsa, nell'inserto del Sole 24 Ore, c'era la foto qui sopra (uno scatto di Cesare Colombo). Ve la copio anche se la scansione da quotidiano viene male.
Ma voglio metterla lo stesso perché se penso a cosa stava facendo quella gente all'epoca la trovo totalmente rock'n'roll, e forte come le immagini dei primi Velvet Underground o del CBGB delle origini.
Era il 1964, e da sinistra si vedono Giovanni Pintori (storico grafico di casa Olivetti), Elio Vittorini, Vittorio Sereni e Giancarlo De Carlo.
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