Ho visto la luce?
Out Hud + Disco Drive, live @ Link - 18 maggio 2005
Il light designer del nuovo Link andrebbe arrestato con l'accusa di disastro ambientale.
Il posto pare molto bello, ancora freddo e con alcuni dettagli da aggiustare ma chiaramente parecchio sopra gli standard ai quali siamo abituati.
Quando arriviamo è ancora chiuso e la prima cosa che mi colpisce è la totale mancanza di gente minimamente allegra per la serata. Tutti nervosi, tutti agitati, corrono come pazzi, sbattono le porte, spiegano chi sono all'immancabile armadio di colore addetto alla security. Persino il buon Amedeo è stato contagiato dal clima e non riesce nemmeno a leggere la lista accrediti (peraltro lunga come l'elenco dei samples di un disco degli Avalanches).
Ad aspettare lì fuori, insieme a FedeMc e Valido che citano a memoria le peggiori battute di Team America, ti viene proprio voglia di tornare verso casa e magari di fermarsi a bere qualcosa in una bettola.
Il concerto dei Disco Drive è disturbato da alcuni fastidiosi problemi tecnici. E poi c'è il fatto di averli già visti in posti come l'Ekidna o il cortile del cinema di Finale Emilia: lì, in mezzo a tutto quel cemento, su quel palco da set televisivo e con quelle luci da tortura sparate dritte in faccia, io (ma non sono il solo, direi) non riesco a scaldarmi a dovere né a muovermi, nonostante l'evidente impegno del trio torinese.
Menzione d'onore per le locandine in stile pennarello Carioca del tour di supporto al nuovo album What's Wrong With You, People?, piccolo gadget che conferma il gusto, lo stile e la cura per i dettagli della sempre più lanciata scuderia unhip records (sulla quale prossimamente debutteranno anche The Death Of Anna Karina).
Cerco di sollevarmi facendo un giro a banco, ma lì scopro che non tengono un prodotto di pur largo consumo come il Jack Daniel's. Al momento c'è appena mezza bottiglia di J&B. E rum soltanto bianco. La barista mi spiega che lo fanno perché altimenti dovrebbero alzare troppo i prezzi dei drink, e in un posto come il Link questo è complicato. La logica un po' mi sfugge ma ripiego su una birra piccola che contribuisce a farmi addormentare ancora di più.
Intanto il posto si è riempito (è quasi l'una), ci saranno circa 200 persone ma contando gli amici e la stampa chissà se il buon Giovanni sta pareggiando le spese. Qualcuno nota la sconsolante predominanza di braga, del resto comprensibile visto che almeno la metà degli uomini presenti fa l'organizzatore di eventi al Link stesso.
Gli Out Hud sono nel luogo adatto per predicare ai convertiti, come si suol dire, e infatti le prime file ballano dal primo minuto, senza nemmeno il tempo di urlare "Dacce er martellone", dal momento che per gli Out Hud martellone is all about.
Formazione a cinque, dove al posto della batteria, nel cuore del palco, risiede un immenso deck da cui nasce la maggior parte del suono. Il bassista resta buona parte del tempo nascosto sotto un minaccioso cappuccio e mena mattoni su mattoni.
Le due ragazze in linea dietro le tastiere (una suonerà anche una specie di piccolo violoncello elettrico) e, come da foto, Phyllis decisamente più carina, rotondità reggae e capelli che danzano, Molly occhiaie paurose e visibilmente provata.
Alla nostra sinistra Nic Offer, già nella consueta versione tarantolato come con i !!!. Qui i bpm sono più alti ma lui tiene bene il passo. Peccato che ogni tanto debba imbracciare (non si capisce bene per quale motivo) una chitarra che lo blocca un po'. Nei momenti cassa tutto buio e strobo è evidente che gli sembra di essere in paradiso, ed è una gioia per gli occhi.
Le voci delle due fanciulle dal vivo non brillano certo per potenza, ma di fronte a pezzi come It's For You o One Life to Leave poco importa. Quello che vorresti, mentre sei lì, accecato dalle luci e con il petto che pulsa di bassi, è ritrovare quei dischi che giravano alle feste prima della acid house e della techno, e ti vengono in mente solo etichette sbiadite dagli improbabili nomi come Baila Chico o Disco Dinamyte.
E alla fine, dopo un enorme crescendo che sembra non chiudersi mai e non lasciarti più riprendere fiato (e che spazza via gli ultimi che ancora non si stanno muovendo sotto il palco), anche 45 minuti di show sembrano la misura sufficiente per un gruppo come gli Out Hud.
Out Hud + Disco Drive, live @ Link - 18 maggio 2005
Il light designer del nuovo Link andrebbe arrestato con l'accusa di disastro ambientale.
Il posto pare molto bello, ancora freddo e con alcuni dettagli da aggiustare ma chiaramente parecchio sopra gli standard ai quali siamo abituati.
Quando arriviamo è ancora chiuso e la prima cosa che mi colpisce è la totale mancanza di gente minimamente allegra per la serata. Tutti nervosi, tutti agitati, corrono come pazzi, sbattono le porte, spiegano chi sono all'immancabile armadio di colore addetto alla security. Persino il buon Amedeo è stato contagiato dal clima e non riesce nemmeno a leggere la lista accrediti (peraltro lunga come l'elenco dei samples di un disco degli Avalanches).
Ad aspettare lì fuori, insieme a FedeMc e Valido che citano a memoria le peggiori battute di Team America, ti viene proprio voglia di tornare verso casa e magari di fermarsi a bere qualcosa in una bettola.
Il concerto dei Disco Drive è disturbato da alcuni fastidiosi problemi tecnici. E poi c'è il fatto di averli già visti in posti come l'Ekidna o il cortile del cinema di Finale Emilia: lì, in mezzo a tutto quel cemento, su quel palco da set televisivo e con quelle luci da tortura sparate dritte in faccia, io (ma non sono il solo, direi) non riesco a scaldarmi a dovere né a muovermi, nonostante l'evidente impegno del trio torinese.
Menzione d'onore per le locandine in stile pennarello Carioca del tour di supporto al nuovo album What's Wrong With You, People?, piccolo gadget che conferma il gusto, lo stile e la cura per i dettagli della sempre più lanciata scuderia unhip records (sulla quale prossimamente debutteranno anche The Death Of Anna Karina).
Cerco di sollevarmi facendo un giro a banco, ma lì scopro che non tengono un prodotto di pur largo consumo come il Jack Daniel's. Al momento c'è appena mezza bottiglia di J&B. E rum soltanto bianco. La barista mi spiega che lo fanno perché altimenti dovrebbero alzare troppo i prezzi dei drink, e in un posto come il Link questo è complicato. La logica un po' mi sfugge ma ripiego su una birra piccola che contribuisce a farmi addormentare ancora di più.
Intanto il posto si è riempito (è quasi l'una), ci saranno circa 200 persone ma contando gli amici e la stampa chissà se il buon Giovanni sta pareggiando le spese. Qualcuno nota la sconsolante predominanza di braga, del resto comprensibile visto che almeno la metà degli uomini presenti fa l'organizzatore di eventi al Link stesso.
Gli Out Hud sono nel luogo adatto per predicare ai convertiti, come si suol dire, e infatti le prime file ballano dal primo minuto, senza nemmeno il tempo di urlare "Dacce er martellone", dal momento che per gli Out Hud martellone is all about.
Formazione a cinque, dove al posto della batteria, nel cuore del palco, risiede un immenso deck da cui nasce la maggior parte del suono. Il bassista resta buona parte del tempo nascosto sotto un minaccioso cappuccio e mena mattoni su mattoni.
Le due ragazze in linea dietro le tastiere (una suonerà anche una specie di piccolo violoncello elettrico) e, come da foto, Phyllis decisamente più carina, rotondità reggae e capelli che danzano, Molly occhiaie paurose e visibilmente provata.
Alla nostra sinistra Nic Offer, già nella consueta versione tarantolato come con i !!!. Qui i bpm sono più alti ma lui tiene bene il passo. Peccato che ogni tanto debba imbracciare (non si capisce bene per quale motivo) una chitarra che lo blocca un po'. Nei momenti cassa tutto buio e strobo è evidente che gli sembra di essere in paradiso, ed è una gioia per gli occhi.
Le voci delle due fanciulle dal vivo non brillano certo per potenza, ma di fronte a pezzi come It's For You o One Life to Leave poco importa. Quello che vorresti, mentre sei lì, accecato dalle luci e con il petto che pulsa di bassi, è ritrovare quei dischi che giravano alle feste prima della acid house e della techno, e ti vengono in mente solo etichette sbiadite dagli improbabili nomi come Baila Chico o Disco Dinamyte.
E alla fine, dopo un enorme crescendo che sembra non chiudersi mai e non lasciarti più riprendere fiato (e che spazza via gli ultimi che ancora non si stanno muovendo sotto il palco), anche 45 minuti di show sembrano la misura sufficiente per un gruppo come gli Out Hud.
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