Me and the Nineties (part VII)
Going Underworld
Uno dei (non numerosi) contributi sensati che ho provato a dare alla guida sulla musica italiana Anni 90, curata da Arturo Compagnoni e allegata a Rumore di luglio/agosto (sì, anche se il cognome sul frontespizio è sbagliato un pochino c'entro anch'io), è stato segnalare nella sezione "Cronologia" l'uscita nel 1997 di Underworld di Don DeLillo: senza mezzi termini, un libro fondamentale per comprendere i Novanta.
Eppure, chi ha letto le quasi 900 pagine di Underworld, sa che dei Novanta si parla abbastanza poco, almeno in termini di quantità. Molto più abbondanti sono le digressioni sul dopoguerra, per esempio, o su certi momenti cruciali dei decenni successivi. Nonostante ciò, resto convinto che Underworld faccia capire i Novanta meglio di molti altri libri tutti compresi in quel decennio.
Quello che il romanzo di DeLillo racconta degli ultimi anni del secolo scorso lo dice, in un certo senso, in controluce, ritagliandone il contorno da fuori e occupandosi apparentemente d'altro. E invece riesce a consegnarci un formidabile ritratto proprio di quello che i Novanta, come risultato o residuo, sono stati.
Ormai anche alle medie studiano Il Secolo breve e hanno imparato che il Novecento finisce con il crollo del Muro di Berlino. Da qualche tempo, da qualche altro crollo, però, abbiamo cominciato a intuire che qualcosa è cambiato, e in giro non vedi più tanti sorrisetti post moderni.
E allora i Novanta cominciano ad apparirti da qui come un'epoca laboratorio, incuneata fra due età diverse in cui, in un caso, era ben salda una Grande Paura ("the bomb, the bomb, the bomb that will bring us together"...), e un'altra in cui una Nuova si sta affermando (ditemi cosa pensate quando prendete la metropolitana oggi).
Come scrive Coupland in quella pagina che vado rileggendo da quando abbiamo aperto questo blog, all'inizio non era nemmeno chiaro se i Novanta avrebbero saputo esprimere "una loro atmosfera". Era una confusione che procedeva per tentativi. Perchè lì tutti i fili che DeLillo ha saputo distendere e dipanare per mezzo secolo si annodavano e si stringevano, qualcosa finiva e si arrestava mentre qualcos'altro cominciava e prendeva nuova forma e nuova velocità.
Going Underworld
Uno dei (non numerosi) contributi sensati che ho provato a dare alla guida sulla musica italiana Anni 90, curata da Arturo Compagnoni e allegata a Rumore di luglio/agosto (sì, anche se il cognome sul frontespizio è sbagliato un pochino c'entro anch'io), è stato segnalare nella sezione "Cronologia" l'uscita nel 1997 di Underworld di Don DeLillo: senza mezzi termini, un libro fondamentale per comprendere i Novanta.
Eppure, chi ha letto le quasi 900 pagine di Underworld, sa che dei Novanta si parla abbastanza poco, almeno in termini di quantità. Molto più abbondanti sono le digressioni sul dopoguerra, per esempio, o su certi momenti cruciali dei decenni successivi. Nonostante ciò, resto convinto che Underworld faccia capire i Novanta meglio di molti altri libri tutti compresi in quel decennio.
Quello che il romanzo di DeLillo racconta degli ultimi anni del secolo scorso lo dice, in un certo senso, in controluce, ritagliandone il contorno da fuori e occupandosi apparentemente d'altro. E invece riesce a consegnarci un formidabile ritratto proprio di quello che i Novanta, come risultato o residuo, sono stati.
Ormai anche alle medie studiano Il Secolo breve e hanno imparato che il Novecento finisce con il crollo del Muro di Berlino. Da qualche tempo, da qualche altro crollo, però, abbiamo cominciato a intuire che qualcosa è cambiato, e in giro non vedi più tanti sorrisetti post moderni.
E allora i Novanta cominciano ad apparirti da qui come un'epoca laboratorio, incuneata fra due età diverse in cui, in un caso, era ben salda una Grande Paura ("the bomb, the bomb, the bomb that will bring us together"...), e un'altra in cui una Nuova si sta affermando (ditemi cosa pensate quando prendete la metropolitana oggi).
Come scrive Coupland in quella pagina che vado rileggendo da quando abbiamo aperto questo blog, all'inizio non era nemmeno chiaro se i Novanta avrebbero saputo esprimere "una loro atmosfera". Era una confusione che procedeva per tentativi. Perchè lì tutti i fili che DeLillo ha saputo distendere e dipanare per mezzo secolo si annodavano e si stringevano, qualcosa finiva e si arrestava mentre qualcos'altro cominciava e prendeva nuova forma e nuova velocità.
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