Storia d'amore e di coltelli (1)
Più a nord e più a est esiste un luogo che non ho mai visto, ma che non sento affatto lontano. Si chiama Maniago e l'indicazione prosegue con "Città dei coltelli". Lassù ha sede Knifeville, che definire etichetta discografica soltanto perché pubblica dischi mi pare un po' riduttivo.
Primo perché si tratta, anche formalmente, di un'associazione culturale. Secondo perché chiunque faccia e promuova cose di questo genere nella propria provincia ai miei occhi appartiene di diritto a un'altra categoria, e tende all'epica del rock.
Il cd che sto ascoltando ora si intitola Polar Days ed è il debutto dei Ten Thousand Bees. Sei canzoni che si muovono tra spigoloso indie (come la frenetica e al tempo stesso pacata June) e più morbido post-rock, addolcito anche dalla presenza di vibrafono e farfisa, e dagli interventi di una voce femminile.
Parte del fascino di questo disco si gioca proprio nel contrappunto tra le voci di Andrea Poddighe e Cristiana Basso Moro, mentre nei momenti più tirati chitarre e batteria scandiscono uno spazio ampio e netto, dove al vibrafono tocca il frequente compito di gettare luce. La conclusione è affidata a due dilatati episodi strumentali, il cui crescendo non degenera mai, come sarebbe facile aspettarsi, quasi una puntuale e misurata descrizione d'ambiente.
Mi chiedo quanto le canzoni di questo disco siano un ritratto di quelle terre settrentionali che non ho mai visitato. Di sicuro non si avverte alcuna "claustrofobia della provincia", anzi. Fate viaggiare questo disco, fategli percorrere tutte le statali e le strade basse che partono da quel luogo affilato. Vi porterà lontano.
*** I Ten Thousand Bees saranno in concerto questa sera all'XM24 di Bologna, insieme ai Thousand Millions. Ci si vede là.
Più a nord e più a est esiste un luogo che non ho mai visto, ma che non sento affatto lontano. Si chiama Maniago e l'indicazione prosegue con "Città dei coltelli". Lassù ha sede Knifeville, che definire etichetta discografica soltanto perché pubblica dischi mi pare un po' riduttivo.
Primo perché si tratta, anche formalmente, di un'associazione culturale. Secondo perché chiunque faccia e promuova cose di questo genere nella propria provincia ai miei occhi appartiene di diritto a un'altra categoria, e tende all'epica del rock.
«Abbiamo deciso di iniziare a pubblicare dischi quando ci siamo stufati di sentire ottimi gruppi con ottime canzoni rimanere confinati nelle sale prove di Maniago, e sciogliersi senza avere registrato niente.»Ditemi se esiste oggi motivo migliore e più ammirevole per mettersi a stampare dischi e organizzare tour e concerti. Non credo poi sia un caso che il cd che sto ascoltando ora sia arrivato da Maniago al mio stereo tramite le mani di Tiziano della nostrana Fooltribe. Qui c'è materiale a sufficienza per un'intera puntata di Linea Verde nell'Italia del DIY.
Il cd che sto ascoltando ora si intitola Polar Days ed è il debutto dei Ten Thousand Bees. Sei canzoni che si muovono tra spigoloso indie (come la frenetica e al tempo stesso pacata June) e più morbido post-rock, addolcito anche dalla presenza di vibrafono e farfisa, e dagli interventi di una voce femminile.
Parte del fascino di questo disco si gioca proprio nel contrappunto tra le voci di Andrea Poddighe e Cristiana Basso Moro, mentre nei momenti più tirati chitarre e batteria scandiscono uno spazio ampio e netto, dove al vibrafono tocca il frequente compito di gettare luce. La conclusione è affidata a due dilatati episodi strumentali, il cui crescendo non degenera mai, come sarebbe facile aspettarsi, quasi una puntuale e misurata descrizione d'ambiente.
Mi chiedo quanto le canzoni di questo disco siano un ritratto di quelle terre settrentionali che non ho mai visitato. Di sicuro non si avverte alcuna "claustrofobia della provincia", anzi. Fate viaggiare questo disco, fategli percorrere tutte le statali e le strade basse che partono da quel luogo affilato. Vi porterà lontano.
*** I Ten Thousand Bees saranno in concerto questa sera all'XM24 di Bologna, insieme ai Thousand Millions. Ci si vede là.
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