"Demolizioni gratuite"
Non sono sicuro che avrei dedicato la stessa attenzione a The Mix Up se invece di essere il nuovo album dei Beastie Boys fosse stato una qualsiasi jam dei Funk Inc. di trentacinque anni fa. Poi mi dico di essere un po' meno spocchioso e penso che per questo pomeriggio e per la mia testa che rimbomba dub va benissimo.
Mi sto godendo calmo la quieta poesia della Strada Statale 253, detta "la San Vitale", nel deserto dell'ultima domenica pomeriggio di luglio. Un sorridente hang over steso da Marina di Ravenna a Bologna, guidando tra la campagna e le zone industriali, con le colline a chiudere l'orizzonte giù a sinistra e un cielo grigio sbiadito che viene incontro portando un po' di vento.
Per come sono messo adesso, vedrei poesia più o meno ovunque, anche nelle parole in blocchi da 160 caratteri che questo fine settimana sono rimbalzate numerose tra Svezia e Romagna (per un attimo era sembrato che qualcuno le avesse scambiate di posto). Su a nord raccontano che Emmaboda ha segnato una svolta nella propria storia, mentre noi qui abbiamo giocato alla piccola Hana-boda.
Cerco nell'ipod Julian Nation, un disco che mi tiene il cuore tra le mani, ci infila dentro i pollici e lo apre in due come un'albicocca matura. Non ho bisogno di altro. Penso alle ultime maracas che qualcuno mi ha preso mentre mettevo i dischi e si è poi dimenticato di restituirmi. Penso alle magliette e alle camicie piene di sudore nel mio zaino. Dovevo essere davvero impresentabile a un certo punto ieri notte. Ma che importa? Mi è bastato trovarmi ancora una volta sotto la veranda di legno davanti alla spiaggia ("you know, this is a treehouse!"), salutare una quantità di amici arrivati anche da lontano, mi è bastato esaudire qualche richiesta dei Barcelonas e chiacchierare di quelle mancate. Qui c'erano già tutte le premesse per una festa memorabile.
Mi è bastato tenere il tempo battendo le mani e sgolandomi insieme a tutti voi quando è andata via la luce per la seconda volta, proprio all'inizio del concerto (l'impianto aveva avuto un primo collasso durante l'escalation del set di apertura, spalla a spalla con la Len, sulla collaudata sequenza Amato The Greengrocer, Me And The Washing Machine, Such Great Heights). Mi è bastato che Johan mi tenesse per la nuca sulla strofa "Love is a feeling that we don't understand / but we're gonna give it to ya". Mi è bastato protendere le braccia nello stage diving. Mi è bastato guardarmi intorno mille volte e vedere gente in piedi fin sopra la duna. Tutti i mesi passati, ancora una volta, si stavano riavvolgendo e di colpo, senza voce e fradicio di sudore, mi sono domandato di quanta adolescenza ancora abbiamo bisogno.
Ammettilo: delle canzoni degli I'm From Barcelona "in sé" ti importa fino a un certo punto. Piuttosto, è in quello che vogliono raccontare, è l'idea della musica che hanno, l'idea di festa che presuppongono, che ti coinvolge e ti trascina. E ti viene il sospetto che senza di noi, lì, sudati e scalpitanti, tutti stretti intorno a loro, quelle canzoni resterebbero quasi mute. E che d'altra parte, noi senza di loro saremmo più sordi. Perché quando le incontriamo, non le stiamo soltanto ascoltando. Stiamo partecipando, alle canzoni.
E adesso guido e guardo tutti questi anziani seduti davanti a casa a prendere il fresco della fine del pomeriggio, e mi chiedo cosa pensano mentre mi vedono passare, una macchina lungo il via vai della strada per il mare. Che bello andare in giro così, tranquilli.
Julian Nation canta the death of all the romance.
Mi accontento di quello che mi ricordo.
Cisco, Pullo e io avevamo portato per caso tre magliette degli Shout Out Louds diverse.
Corvetta è riuscita ad arrivare in tempo.
Ho acceso stelle filanti come fosse capodanno.
Una ragazza mi ha passato sopra i dischi un biglietto con scritto Cats On Fire.
Emanuel è saltato sulla pedana accanto al mixer e ha cominciato a cantare No Cars Go dentro a un megafono.
I cartelloni e le spille fatti a mano (qualcuno ci ha lavorato per ore) erano bellissimi, come tutti noi.
A un certo punto, forse dalle parti di Lugo, in mezzo a un campo nudo vedo questa enorme scritta a vernice nera: "demolizioni gratuite" e un numero di telefono che non faccio in tempo a leggere.
Mi viene in mente che oggi il settore delle demolizioni deve essere così saturo che oramai te le vengono a fare anche gratis.
Sempre pochi, invece, quelli capaci di costruire qualcosa.
>>(mp3): Funk Inc. - Smokin' At Tiffany's
>>(mp3): Julian Nation - 1992
>>(video): il filmato integrale del concerto grazie a Icepick
>>(video): la suspense prima dello stage diving grazie a Dhinus
>>(read): Violetta / Kay / Inkiostro
Non sono sicuro che avrei dedicato la stessa attenzione a The Mix Up se invece di essere il nuovo album dei Beastie Boys fosse stato una qualsiasi jam dei Funk Inc. di trentacinque anni fa. Poi mi dico di essere un po' meno spocchioso e penso che per questo pomeriggio e per la mia testa che rimbomba dub va benissimo.
Mi sto godendo calmo la quieta poesia della Strada Statale 253, detta "la San Vitale", nel deserto dell'ultima domenica pomeriggio di luglio. Un sorridente hang over steso da Marina di Ravenna a Bologna, guidando tra la campagna e le zone industriali, con le colline a chiudere l'orizzonte giù a sinistra e un cielo grigio sbiadito che viene incontro portando un po' di vento.
Per come sono messo adesso, vedrei poesia più o meno ovunque, anche nelle parole in blocchi da 160 caratteri che questo fine settimana sono rimbalzate numerose tra Svezia e Romagna (per un attimo era sembrato che qualcuno le avesse scambiate di posto). Su a nord raccontano che Emmaboda ha segnato una svolta nella propria storia, mentre noi qui abbiamo giocato alla piccola Hana-boda.
Cerco nell'ipod Julian Nation, un disco che mi tiene il cuore tra le mani, ci infila dentro i pollici e lo apre in due come un'albicocca matura. Non ho bisogno di altro. Penso alle ultime maracas che qualcuno mi ha preso mentre mettevo i dischi e si è poi dimenticato di restituirmi. Penso alle magliette e alle camicie piene di sudore nel mio zaino. Dovevo essere davvero impresentabile a un certo punto ieri notte. Ma che importa? Mi è bastato trovarmi ancora una volta sotto la veranda di legno davanti alla spiaggia ("you know, this is a treehouse!"), salutare una quantità di amici arrivati anche da lontano, mi è bastato esaudire qualche richiesta dei Barcelonas e chiacchierare di quelle mancate. Qui c'erano già tutte le premesse per una festa memorabile.
Mi è bastato tenere il tempo battendo le mani e sgolandomi insieme a tutti voi quando è andata via la luce per la seconda volta, proprio all'inizio del concerto (l'impianto aveva avuto un primo collasso durante l'escalation del set di apertura, spalla a spalla con la Len, sulla collaudata sequenza Amato The Greengrocer, Me And The Washing Machine, Such Great Heights). Mi è bastato che Johan mi tenesse per la nuca sulla strofa "Love is a feeling that we don't understand / but we're gonna give it to ya". Mi è bastato protendere le braccia nello stage diving. Mi è bastato guardarmi intorno mille volte e vedere gente in piedi fin sopra la duna. Tutti i mesi passati, ancora una volta, si stavano riavvolgendo e di colpo, senza voce e fradicio di sudore, mi sono domandato di quanta adolescenza ancora abbiamo bisogno.
Ammettilo: delle canzoni degli I'm From Barcelona "in sé" ti importa fino a un certo punto. Piuttosto, è in quello che vogliono raccontare, è l'idea della musica che hanno, l'idea di festa che presuppongono, che ti coinvolge e ti trascina. E ti viene il sospetto che senza di noi, lì, sudati e scalpitanti, tutti stretti intorno a loro, quelle canzoni resterebbero quasi mute. E che d'altra parte, noi senza di loro saremmo più sordi. Perché quando le incontriamo, non le stiamo soltanto ascoltando. Stiamo partecipando, alle canzoni.
E adesso guido e guardo tutti questi anziani seduti davanti a casa a prendere il fresco della fine del pomeriggio, e mi chiedo cosa pensano mentre mi vedono passare, una macchina lungo il via vai della strada per il mare. Che bello andare in giro così, tranquilli.
Julian Nation canta the death of all the romance.
Mi accontento di quello che mi ricordo.
Cisco, Pullo e io avevamo portato per caso tre magliette degli Shout Out Louds diverse.
Corvetta è riuscita ad arrivare in tempo.
Ho acceso stelle filanti come fosse capodanno.
Una ragazza mi ha passato sopra i dischi un biglietto con scritto Cats On Fire.
Emanuel è saltato sulla pedana accanto al mixer e ha cominciato a cantare No Cars Go dentro a un megafono.
I cartelloni e le spille fatti a mano (qualcuno ci ha lavorato per ore) erano bellissimi, come tutti noi.
A un certo punto, forse dalle parti di Lugo, in mezzo a un campo nudo vedo questa enorme scritta a vernice nera: "demolizioni gratuite" e un numero di telefono che non faccio in tempo a leggere.
Mi viene in mente che oggi il settore delle demolizioni deve essere così saturo che oramai te le vengono a fare anche gratis.
Sempre pochi, invece, quelli capaci di costruire qualcosa.
Grazie a Chris e a tutta lo staff dell'Hana-Bi
per avere messo in piedi una festa come questa.
per avere messo in piedi una festa come questa.
>>(mp3): Funk Inc. - Smokin' At Tiffany's
>>(mp3): Julian Nation - 1992
>>(video): il filmato integrale del concerto grazie a Icepick
>>(video): la suspense prima dello stage diving grazie a Dhinus
>>(read): Violetta / Kay / Inkiostro
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