You put your songs around me

«What's broken can always be fixed
what's fixed will always be broken
you put your arms around me
»


Se non sai come dovrai vestirti, metti sempre in valigia qualcosa di nero. Se ti trovi in compagnia a tavola, non parlare mai di quanto è noioso e stressante il tuo lavoro. Ecco il genere di piccole cose che impari quando diventi grande.
Quando diventi grande non sono molte le cose che sai fare meglio di prima. Abbastanza spesso hai la sensazione che diventare grandi sia soltanto un maggiore grado di disinvoltura nel gestire la mancanza di competenze. Si può diventare grandi per abitudine.
Con i sentimenti non sembra andare in maniera diversa. Il senso complessivo continua a sfuggire, eppure in alcune occasioni si può scoprire di avere imparato ad amministrarli, a mettere in pratica una rudimentale forma di economia. Ciò non risponde né toglie significato a domande del tipo "come ti sei innamorato?", "com'è finita?", "succederà ancora?", "quanto durerà?". Piuttosto, tenta di ridurre il danno e tende a dare un aspetto più user-friendly alla paura.

Jens Lekman, nella canzone Sipping On The Sweet Nectar, teme di vedersi un giorno, sul letto di morte, rimpiangere "I wish I would have loved less". Eppure, ho l'impressione che uno dei modi in cui è possibile leggere il suo ultimo meraviglioso album Night Falls Over Kortedala sia proprio quello di prenderlo come un racconto sulle difficoltà del provare sentimenti. Passano le primavere e ancora "every heartbeat needs a reason". Sappiamo come vanno le cose e al tempo stesso non le capiamo. Non siamo sicuri se farle funzionare. A volte ci basta qualche buona imitazione.
"Things get more complicated when you're older" annuncia l'apertura di And I Remember Every Kiss, con la sua impossibile pretesa che ogni bacio sia come il primo bacio. Kanske Är Jag Kär I Dig sente il bisogno di temperare la dichiarazione d'amore con un "maybe". Rincara la dose I'm Leaving You Because I Don't Love You, sfuggendo al confronto con il passato cancellando il futuro.
Qualcosa è accaduto: "I know we've lost the final battle / I know we are prisoners", spiega Into Eternity, che pure sembrerebbe lasciare aperta una porta: "I have a love for this world / a kind of love that will break my heart / a kind of love that reconstructs and remodels the past".
Si resta così sospesi in un limbo, un po' lontani da ogni cosa. Si cammina in una città straniera senza provare nulla di particolare, né entusiasmo né solitudine, e non si sente la pioggia cadere. Al centro della tracklist campeggia un titolo come If I Could Cry (It Would Feel Like This), che nella sua magniloquenza orchestrale Anni Settanta non aggiunge altre parole.

Ma non intendo dipingere un quadro troppo cupo. È soltanto l'amore che, oramai, sembra essere diventato qualcos'altro. Una commedia brillante come quella di A Postcard to Nina e il suo gioco leggero degli equivoci. La sorridente aspirazione a una ritrovata spontaneità dentro un Friday Night At The Drive-In Bingo. Pura tenerezza per Shirin. Una serie di tranquilli momenti surreali che fanno dire: It Was a Strange Time in My Life.
Oppure il ricordo domestico e pieno di luce di un abbraccio d'estate in Your Arms Around Me, una delle grandi canzoni di Jens Lekman, sulla scia di Maple Leaves e I Saw Her at the Anti-War Demonstration (canzone che, ovvio, non ho potuto fare a meno di continuare a cantare nella mia testa a Medborgarplatsen, in mezzo alla manifestazione per la Birmania).

Dal vivo Lekman presenta uno show meticoloso e compatto, emotivo ma in qualche modo sereno. La cosa più vicina al sentirsi a casa che ancora mi capita di provare. La band tutta al femminile (l'inossidabile sezione ritmica con Tammy e Terese, i due violini, i due fiati e la fascinosa Ulrika "Compute") vede ora l'eccezione di Viktor Sjöberg in versione Mod. Ballando serissimo dietro al laptop lascia partire samples, percussioni e arrangiamenti (quanto vorrei sapere quale vecchio pezzo di Northern Soul si è innestato sul finale di The Opposite of Allelujah), con grande gioia di Jens, che sorride tutto il tempo. Durante i momenti più "Love Boat" del set, la platea del Södra Teatern si trasforma nel lucido ponte di uno yacht la sera di gala, e intorno proprio nessuno rimane fermo.
La scaletta è implacabile, senza un cedimento, a partire dall'attacco di Black Cab fino all'ultimo bis, il refrain estenuato di Pocketful of Money con il pubblico a schioccare le dita nella parte di Calvin Johnson. Faccio bom-bo-bom battendomi il petto anch'io per quelle Sweet Summer's Night On Hammer Hill e mi viene risparmiato il colpo di grazia di Higher Power. Non chiedo altro. The night falls.

I'm Leaving You Because I Don't Love You
(live in Stockholm - 2007-09-28)

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