Festival di musica e baci
Non ci si innamora quasi più. Al massimo, di tanto in tanto, con insolente insicurezza, ci si adopera per far innamorare di noi qualcun altro. Giusto per vedere se si è ancora capaci, se si è ancora attraenti a sufficienza, o non troppo vecchi.
Ma poi finisce lì.
In compenso, abbiamo infiniti album digitali pieni di fotografie strepitose, siamo capaci di scegliere nuovi layout meglio di qualsiasi parola, sappiamo elencare tutte le ascendenze musicali di tutte le band di ventenni già prima di averle scaricate, riconosciamo le marche di shampoo quando affondiamo il viso tra i capelli di persone sconosciute, mentre qualcuno che lavora alla televisione aspetta soltanto una nostra telefonata, e c'è sempre chi ci può ospitare in una capitale straniera. Aggiungiamo amici su amici, e non mostriamo mai di essere on line.
Poi, un giorno, la pelle si fa meno luminosa, i pori si dilatano e i tessuti perdono elasticità. Si passa più tempo a scegliere cosa mangiare, si smette di leggere giovani scrittori e si comincia a detestare il design Ikea, i posacenere colmi, la necessaria sterilità dei cosmetici, la puntualità delle riviste, la sciatteria delle droghe, tutti i nomi dei party di metà settimana. Ci si trova a preferire cuscini a concerti, e si giudica con amara superiorità chi arriva ora, nuovo, sorridente e vestito male, a spingersi fin sotto un palco per sentire sulla faccia tutta la musica che può.
Il MiaMi 2008, festival organizzato a Milano dalla webzine Rockit, ha dovuto combattere contro condizioni meteorologiche poco clementi, un programma non del tutto equilibrato e un certo clima ostile nei giorni che lo precedevano, probabile conseguenza del buon risultato della scorsa edizione. Ho partecipato alle prime due giornate e vorrei appuntarmi qui alcune brevi istantanee delle cose che mi hanno più colpito.
- Lo spostamento delle band della Collinetta all'interno del Magnolia ha penalizzato diversi live e invece ne ha esaltati altri. I Trabant, per esempio, secondo me sono stati più divertenti nella stanzetta umida e affollata. Magari avrebbero potuto fare meno chiacchiere tra un pezzo e l'altro, ma è un po' il loro stile. Dal vivo si confermano una delle band più coinvolgenti e "da festa" in circolazione, fregandosene dei suoni precisi e pestando con gusto.
- Anche The Calorifer Is Very Hot, nella nuova e perfetta formazione a quattro e con l'ingresso del contrabbasso, ci ha guadagnato. Pop a bassa fedeltà allegro e sregolato, cori e battimani per tutti e una bella attitudine sempre meno "italiana". Devo al più presto riascoltare i pezzi nuovi. Special guest: Francesco, tornato alla pompa da bicicletta, e Maolo dei My Awesome Mixtape sul palco per il finale di Outside Is Cold For Us.
- Purtroppo ho perso l'inizio del set dei Caloriferi per seguire gli Ah, Wildness! ma devo dire che ho fatto bene. Me ne parlavano già dallo scorso anno molti amici rimasti folgorati dai loro live, ma non li avevo mai inquadrati a dovere. Se volete farvi un'idea di chi sono gli Ah, Wildness! non basta ascoltarsi qualche traccia sul loro myspace, dovete vederli tutti assieme sopra un palco, male assortiti come personaggi di un fumetto, dovete restare spiazzati dalla loro arroganza, da quel rock'n'roll grasso come fosse il 1971. In realtà, credo che per le prime due o tre canzoni nessuno del pubblico si sia accorto che c'erano altri musicisti oltre alla fascinosa (e talentuosa) chitarrista Silvia Bertolotti. Poi è arrivato il groove di Thank You Falettinme Be Mice Elf Agin di Sly and the Family Stone e ci siamo lasciati conquistare da Federico Donelli e dalle sue mossette sfacciate. Abbastanza impressionanti anche le basette del bassista, mentre l'impassibile sassofonista sembrava il Sebastian de noartri.
- Rivelazione Calibro 35, un supergruppo di musicisti con le palle che riprende temi di colonne sonore dai poliziotteschi Anni Settanta e li spara in faccia al provincialismo (pure mio) dell'indie medio italiano con un tiro fenomenale. Morricone, Micalizzi, Cipriani, Trovajoli, alla faccia di tutti i nostri aperitivi, si è sudato e gridato un bel po'. Momento clou: il pezzo suonato con i passamontagna in testa. Note: li ha già passati la BBC e pare sia in arrivo un album per una grande etichetta specializzata.
- Mi aspettavo qualcosa di più da Il Genio. La scelta di aggiungere un batterista per il live, però gestendo anche le basi e così sacrificandolo, non mi pare abbia pagato. Qualche problema tecnico di troppo e la voce esile di Alessandra Contini si è persa, così come la delicatezza del loro suono. Nella scaletta di mezz'ora hanno infilato tutte e due le canzoni dell'album che mi piacciono di meno. Il disco l'ho comunque comprato, perché merita, ma spero di rivederli presto in una situazione più tranquilla.
- Si sentiva piuttosto male anche per i Tiger Tiger!, ma dato che li conosco già sono uscito a vedere com'erano i Drink To Me. E anche in questo caso si è trattato di una bella scoperta (una volta si andava a questi eventi anche per scoprire qualcosa, no?). Un trio acido, a tratti goliardico eppure intenso, difficilmente inquadrabili. Durante il loro live ho sentito gente intorno fare nomi sia di Oneida, sia di Blonde Redhead che di Flaming Lips, tanto per rendere l'idea di quanto possono essere sconcertanti. È da ieri che sto cercando di decifrare il loro album d'esordio Don't Panic, Go Organic.
- Divertimento astratto con i Camillas, che magari qualcuno potrebbe liquidare come demenziali, e invece hanno il perfetto controllo del casino che succede sul palco. Il pubblico del Miami ride e non sa bene dove lo stanno portando. Quello che sembra uno scioglilingua di numeri diventa una folle canzone d'amore, parte una specie di parodia dei Massimo Volume e subito dopo un pezzo techno, e Il gioco della palla mi rimbomberà in testa ancora nell'alba insonne. Cosa ci stava a fare quella Roland sul palco, se poi il suono di drum machine era sempre identico, non si è capito bene, ma davvero non importa. Il finale è stata per l'inedita Fanfare, forse la cosa più pop dei Camillas, con un potenziale da tormentone estivo.
- Finalmente ho visto pure io Le Luci Della Centrale Elettrica. Piace a tutti e tutti cantavano le sue parole gridate e strappate. Bisogna dire che la stanzetta stipata, sfatta e adorante, a quell'ora di notte, era davvero un bello spettacolo. Di sicuro Vasco Brondi ha una scrittura fuori del comune, ma a livello di progetto musicale, confesso che mi dice abbastanza poco (ok, è solo un problema mio), e credo che l'unico motivo per cui comprerei il suo disco sarebbe quello di avere una foto ricordo di questa stagione della musica giovane italiana. Però è sembrato simpatico.
- Tra gli headliner, gli Yuppie Flu erano quelli che aspettavo di più. Non li vedevo da almeno un paio d'anni e l'ultimo album, nonostante l'accentuato cambio di direzione, mi era piaciuto parecchio. Venerdì ho avuto la sensazione che il set sia stato troppo breve per loro, e che forse qualcosa dovesse ancora scaldarsi. In scaletta però le canzoni nuove si sono amalgamate bene e il pubblico ha risposto caldo ai "classici".
- Di molte altre importanti band (Disco Drive, Zen Circus, Altro, Three In One Gentleman Suit, Redworm's Farm, A Classic Education, Annie Hall...) non scrivo qui, l'ho già fatto tante altre volte, direi che sono state tutte all'altezza della situazione. Io mi sono divertito un sacco, nonostante la pioggia, le scenette da party pics e svariati gruppi che mi hanno lasciato un po' perplesso. Pur con tutte le critiche che di sicuro Rockit si attira in giro, fare una cosa del genere oggi in Italia non è da tutti. Bravi.
Non ci si innamora quasi più. Al massimo, di tanto in tanto, con insolente insicurezza, ci si adopera per far innamorare di noi qualcun altro. Giusto per vedere se si è ancora capaci, se si è ancora attraenti a sufficienza, o non troppo vecchi.
Ma poi finisce lì.
In compenso, abbiamo infiniti album digitali pieni di fotografie strepitose, siamo capaci di scegliere nuovi layout meglio di qualsiasi parola, sappiamo elencare tutte le ascendenze musicali di tutte le band di ventenni già prima di averle scaricate, riconosciamo le marche di shampoo quando affondiamo il viso tra i capelli di persone sconosciute, mentre qualcuno che lavora alla televisione aspetta soltanto una nostra telefonata, e c'è sempre chi ci può ospitare in una capitale straniera. Aggiungiamo amici su amici, e non mostriamo mai di essere on line.
Poi, un giorno, la pelle si fa meno luminosa, i pori si dilatano e i tessuti perdono elasticità. Si passa più tempo a scegliere cosa mangiare, si smette di leggere giovani scrittori e si comincia a detestare il design Ikea, i posacenere colmi, la necessaria sterilità dei cosmetici, la puntualità delle riviste, la sciatteria delle droghe, tutti i nomi dei party di metà settimana. Ci si trova a preferire cuscini a concerti, e si giudica con amara superiorità chi arriva ora, nuovo, sorridente e vestito male, a spingersi fin sotto un palco per sentire sulla faccia tutta la musica che può.
Il MiaMi 2008, festival organizzato a Milano dalla webzine Rockit, ha dovuto combattere contro condizioni meteorologiche poco clementi, un programma non del tutto equilibrato e un certo clima ostile nei giorni che lo precedevano, probabile conseguenza del buon risultato della scorsa edizione. Ho partecipato alle prime due giornate e vorrei appuntarmi qui alcune brevi istantanee delle cose che mi hanno più colpito.
- Lo spostamento delle band della Collinetta all'interno del Magnolia ha penalizzato diversi live e invece ne ha esaltati altri. I Trabant, per esempio, secondo me sono stati più divertenti nella stanzetta umida e affollata. Magari avrebbero potuto fare meno chiacchiere tra un pezzo e l'altro, ma è un po' il loro stile. Dal vivo si confermano una delle band più coinvolgenti e "da festa" in circolazione, fregandosene dei suoni precisi e pestando con gusto.
- Anche The Calorifer Is Very Hot, nella nuova e perfetta formazione a quattro e con l'ingresso del contrabbasso, ci ha guadagnato. Pop a bassa fedeltà allegro e sregolato, cori e battimani per tutti e una bella attitudine sempre meno "italiana". Devo al più presto riascoltare i pezzi nuovi. Special guest: Francesco, tornato alla pompa da bicicletta, e Maolo dei My Awesome Mixtape sul palco per il finale di Outside Is Cold For Us.
- Purtroppo ho perso l'inizio del set dei Caloriferi per seguire gli Ah, Wildness! ma devo dire che ho fatto bene. Me ne parlavano già dallo scorso anno molti amici rimasti folgorati dai loro live, ma non li avevo mai inquadrati a dovere. Se volete farvi un'idea di chi sono gli Ah, Wildness! non basta ascoltarsi qualche traccia sul loro myspace, dovete vederli tutti assieme sopra un palco, male assortiti come personaggi di un fumetto, dovete restare spiazzati dalla loro arroganza, da quel rock'n'roll grasso come fosse il 1971. In realtà, credo che per le prime due o tre canzoni nessuno del pubblico si sia accorto che c'erano altri musicisti oltre alla fascinosa (e talentuosa) chitarrista Silvia Bertolotti. Poi è arrivato il groove di Thank You Falettinme Be Mice Elf Agin di Sly and the Family Stone e ci siamo lasciati conquistare da Federico Donelli e dalle sue mossette sfacciate. Abbastanza impressionanti anche le basette del bassista, mentre l'impassibile sassofonista sembrava il Sebastian de noartri.
- Rivelazione Calibro 35, un supergruppo di musicisti con le palle che riprende temi di colonne sonore dai poliziotteschi Anni Settanta e li spara in faccia al provincialismo (pure mio) dell'indie medio italiano con un tiro fenomenale. Morricone, Micalizzi, Cipriani, Trovajoli, alla faccia di tutti i nostri aperitivi, si è sudato e gridato un bel po'. Momento clou: il pezzo suonato con i passamontagna in testa. Note: li ha già passati la BBC e pare sia in arrivo un album per una grande etichetta specializzata.
- Mi aspettavo qualcosa di più da Il Genio. La scelta di aggiungere un batterista per il live, però gestendo anche le basi e così sacrificandolo, non mi pare abbia pagato. Qualche problema tecnico di troppo e la voce esile di Alessandra Contini si è persa, così come la delicatezza del loro suono. Nella scaletta di mezz'ora hanno infilato tutte e due le canzoni dell'album che mi piacciono di meno. Il disco l'ho comunque comprato, perché merita, ma spero di rivederli presto in una situazione più tranquilla.
- Si sentiva piuttosto male anche per i Tiger Tiger!, ma dato che li conosco già sono uscito a vedere com'erano i Drink To Me. E anche in questo caso si è trattato di una bella scoperta (una volta si andava a questi eventi anche per scoprire qualcosa, no?). Un trio acido, a tratti goliardico eppure intenso, difficilmente inquadrabili. Durante il loro live ho sentito gente intorno fare nomi sia di Oneida, sia di Blonde Redhead che di Flaming Lips, tanto per rendere l'idea di quanto possono essere sconcertanti. È da ieri che sto cercando di decifrare il loro album d'esordio Don't Panic, Go Organic.
- Divertimento astratto con i Camillas, che magari qualcuno potrebbe liquidare come demenziali, e invece hanno il perfetto controllo del casino che succede sul palco. Il pubblico del Miami ride e non sa bene dove lo stanno portando. Quello che sembra uno scioglilingua di numeri diventa una folle canzone d'amore, parte una specie di parodia dei Massimo Volume e subito dopo un pezzo techno, e Il gioco della palla mi rimbomberà in testa ancora nell'alba insonne. Cosa ci stava a fare quella Roland sul palco, se poi il suono di drum machine era sempre identico, non si è capito bene, ma davvero non importa. Il finale è stata per l'inedita Fanfare, forse la cosa più pop dei Camillas, con un potenziale da tormentone estivo.
- Finalmente ho visto pure io Le Luci Della Centrale Elettrica. Piace a tutti e tutti cantavano le sue parole gridate e strappate. Bisogna dire che la stanzetta stipata, sfatta e adorante, a quell'ora di notte, era davvero un bello spettacolo. Di sicuro Vasco Brondi ha una scrittura fuori del comune, ma a livello di progetto musicale, confesso che mi dice abbastanza poco (ok, è solo un problema mio), e credo che l'unico motivo per cui comprerei il suo disco sarebbe quello di avere una foto ricordo di questa stagione della musica giovane italiana. Però è sembrato simpatico.
- Tra gli headliner, gli Yuppie Flu erano quelli che aspettavo di più. Non li vedevo da almeno un paio d'anni e l'ultimo album, nonostante l'accentuato cambio di direzione, mi era piaciuto parecchio. Venerdì ho avuto la sensazione che il set sia stato troppo breve per loro, e che forse qualcosa dovesse ancora scaldarsi. In scaletta però le canzoni nuove si sono amalgamate bene e il pubblico ha risposto caldo ai "classici".
- Di molte altre importanti band (Disco Drive, Zen Circus, Altro, Three In One Gentleman Suit, Redworm's Farm, A Classic Education, Annie Hall...) non scrivo qui, l'ho già fatto tante altre volte, direi che sono state tutte all'altezza della situazione. Io mi sono divertito un sacco, nonostante la pioggia, le scenette da party pics e svariati gruppi che mi hanno lasciato un po' perplesso. Pur con tutte le critiche che di sicuro Rockit si attira in giro, fare una cosa del genere oggi in Italia non è da tutti. Bravi.
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