Meeting Agyness Deyn



No davvero, è stato uno show talmente grottesco che non c'è bisogno di amplificare o dire cretinate per intrattenere.

Lo scenario è l'Industry di Shoreditch, il più classico dei club fighetti, con elegante bar al piano terra e piccola venue al piano di sotto, palco basso e tò, duecento persone di capienza a dire tanto. Gli avventori sono 25-30enni come ne incontri tutti i weekend nei posti più fashion di Milano. Sosia di Agyness Deyn: una sola, brutta, tristissima.
Apre la serata una band di ragazzini che più imbarazzante e molesta non si può. Non ho capito il nome ma a giudicare dal genere probabilmente si chiamavano Arctic Libertines. Il frontman a un certo punto fa involontariamente cadere l'asta del microfono, e di colpo gli si illuminano gli occhi al pensiero di tornare a casa e raccontare l'eclatante gesto rock'n'roll che ha appena compiuto. Per cui la fissa orgoglioso e la lascia dov'è, salvo poi chiedere scusa quando due minuti dopo uno della crew la va a rimettere a posto. Ballano solo tre racchie ubriache dure, ma loro sono contentissimi. E come smettono, la gente si ammassa frettolosa sotto il palco: ci sono più persone ad ammirarli mentre smontano tutto che prima mentre suonavano.

Alle 10.20 salgono i Five O'Clock Heroes: per essere una band che ha totalmente rinunciato a qualsiasi integrità artistica sono più che dignitosi, soprattutto nell'atteggiamento amichevole, rilassato e professionalissimo. Ma quasi tutti tra la folla hanno la testa girata: è entrata l'immancabile Pixie Geldof, e dietro di lei c'è Agyness, la diva del momento, la regina dei tabloid, l'annunciata erede di Kate Moss, che si piazza a ballare in un tavolo vicino protetta da una schiera di amici.
C'è da attendere ben otto insipide canzoni e svariati, fastidiosi problemi tecnici prima che arrivi il suo turno: quando sale sul palco, è accompagnata da un abbagliante muro di flash.
Senza perdere ulteriore tempo in descrizioni, via col filmato:



Dopo questa cosaccia è il turno del singolo Who, e poi il surreale cambio di programma.
Ho la scaletta sotto gli occhi: ora sarebbe prevista la pausa, seguita da due bis.
E invece la pausa salta, e parte il primo bis, una cover inutile di S.O.S. degli Abba, con Agy di nuovo alla seconda voce.
Finita questa, la band saluta.
Il silenzio che segue è quanto di più imbarazzante immaginabile.
Si contano tre applausi tre. In una sala di duecento persone. Un'indifferenza assordante che la dice fin troppo lunga sul vero interesse dei presenti.
Il dj attende circa un minuto, poi mette la musica.
E mentre Agy continua a bere e salutare gli amici (niente Dev in vista, delusione), fuori dall'Industry c'è già una barriera di paparazzi che l'attende.

Da Londonwatch per oggi è tutto: dalla prossima volta, giuro, mi sforzerò di nuovo di parlare di cose serie.

- Agyness Deyn live @ Industry: galleria di immagini

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