La maledizione dei side project e la sindrome del batterista invidioso

 fagottismi

Sul sempre provvido blog musicale del Guardian trovate qualche considerazione sull’evitabilità dell’epidemia di progetti laterali in circolazione. L’urgenza comunicativa di questi artisti è tale da non poter sopportare la paziente flessione di qualche mese di silenzio? Oppure suonare in una band di fama internazionale è davvero così opprimente? E infine, non sarà per caso una sindrome, quella del “batterista invidioso”? Dall’antecedente mesozoico (e paueroso) di Phil Collins, all’emblematico caso di Dave Grohl (questo lo aggiungo io) fino a Moretti degli Strokes, le ambizioni fuori porta dei batteristi sembrano una costante ricorrente della storia del rock. Va da sé intuire che a volte va male, terribilmente male, altre volte va di lusso. La prima conseguenza lamentata dal giornalista del Guardian sembra quella di rubare tempo e preziose attenzioni alle band principali e poteva essere un ottimo spunto di riflessione, ma come sempre gli articoli del Guardian non conoscono mezze misure: così l’articolo finisce subito, stroncato praticamente a metà - non prima di regalare un’affermazione come «do we have to wait for every single member of the Strokes to release some half-baked collection of phoned-in dirges before they return to the studio?» condivisibile persino da un’intossicata-da-Little Joy come la sottoscritta.

Infatti anche questo inutile post altri non è stato che un pretesto per postare, in questo tempio dello stile dorico-scandinavo, una foto di Fab Moretti.

(pic by dsbartholow)

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