"Writing music" / "Scritti sulla musica"

Dato che lo consigliava qualche tempo fa anche Colas, ho letto questo nuovo Loops: non una nuova rivista musicale ma un "new journal of music writing", differenza piuttosto rilevante. L'iniziativa è stata lanciata lo scorso luglio in Inghilterra da Faber & Faber e Domino Records, e viene tradotta in Italia da Arcana (che pare non avere un sito web, nel 2010: régaz, chiamateci).
Con una serie di nomi in scaletta del calibro di Simon Reynolds, Jon Savage e Nick Kent, più alcuni contenuti esclusivi per l'Italia (Emidio Clementi, Maurizio Blatto, Luca Beatrice) era difficile mettere assieme qualcosa di meno che notevole. E infatti mi sono preso un sacco di appunti mentre leggevo.
Cose che non mi sono piaciute tanto: la grafica spartana; la carta patinata; la poetica di Nick Cave (ma lo so, è un problema mio); l'antipatico personaggio di James Yorkston raccontato da sé stesso; Maggoty Lamb tradotto in italiano che non è molto di più di un Complotto & Mezzo de noantri.
Poi ci sono state tutta una serie di cose che invece mi hanno fatto mettere un orecchio alla pagina:
- Hari Kunzru ha un modo di scrivere che spesso procede per suggestioni e che può risultare insopportabile, ma ogni tanto infila delle considerazioni illuminanti, come quella sull'odierno culto dell'assolutamente nuovo, che impedisce di sviluppare qualsiasi senso di appartenenza, anche storica, e si risolve nel pastiche (la cosiddetta "tragedia dell'hipster", pag. 21);
- l'analisi della patologia dei collezionisti di dischi condotta da Amanda Petrusich è molto spassosa, documentata e precisa al tempo stesso, e arriva a suggerire che, in realtà, lì si manifesti un potenziale controculturale e politico fortissimo (pag. 88);
- la mediocrità, o per essere meno aggressivi, la povertà di mezzi e conoscenze della critica di fronte alla musica elettronica e al suo rapporto con la tecnologia sottolineata da Matthew Ingram: "synth liquidi, synth galleggianti, synth cosparsi di polvere" eccetera... quante volte anch'io avrei potuto evitare certa retorica (pag. 131);
- la connessione tra la consapevolezza del Pop e i "cicli distruttivi del capitalismo" illustrata da Anwyn Crawford mentre cerca di parlare di femminismo (pag. 184);
- il modo in cui Reynolds riesce sempre a mostrarci come oggi abbiamo perduto la capacità di immaginare il futuro (pag. 192).

Direi che mi pare un sacco di roba. Sì, non si tratta di articoli che un magazine musicale, preso da altre logiche dell'attualità (mentre Loops è un semestrale), credo metta normalmente in sommario. Sono saggi: un genere letterario non del tutto gestibile né così leggero, ma io trovo che possa essere un punto a favore di Loops.
La prima obiezione che ho sentito in giro è stata "ma in Italia chi vuoi che spenda 18 euro per questa roba?". Ribalto il problema: se da queste parti nessuno comincia mai a diffondere questo tipo di scrittura intorno alla musica (e si resta appresso a quello che è la musica nelle pagine dei quotidiani), allora non sarà mai possibile provare a far crescere un gusto e una cultura diversi, magari più adulti, intelligenti, o semplicemente aperti.
E quindi, benvenuto Loops.

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