Mod generations

Tra le letture estive ho finalmente recuperato Mod Generations di Antonio “Tony Face” Bacciocchi (NdA Press Edizioni), e dopo le numerose lodi lette in giro in questi mesi sono rimasto un po' deluso.
Ovvio, la figura e la competenza di Tony Face (quello che si definisce un vero "prime mover" del movimento Mod italiano, attivo dalla fine dei '70), non si discutono, ma forse questo volume poteva rendergli meglio giustizia.
Il libro funziona come una sorta di ricco Bignami della discografia Mod, con lunghi elenchi di band e dischi, ma per capire la storia e la "natura" di quell'articolato fenomeno è forse più utile partire da altri testi, come per esempio quello di Paolo Hewitt, Mods - L'anima e lo stile (Arcana). Lo stesso Bacciocchi, nelle prime pagine, spiega "non mi sono addentrato in sofismi stilistici o estetici, in dettagli sugli scooter, in particolari troppo approfonditi sui cambiamenti delle varie scene. Ho parlato prevalentemente di musica, lasciando sullo sfondo il brulicare della vita mod".
C'è qualcosa di cui però ho avvertito la mancanza nella lettura: ed è stata proprio la musica, il "racconto" dietro a tutti quei titoli raccolti con tanta cura. Se posso conoscere il suono dei Jam o degli Who, così non è per mille altri nomi. Ok, mi comprerò qualche compilation, ma forse avrebbe giovato un maggiore "calore" nel trasmettere così tante informazioni. Per esempio, mi sarebbe piaciuto che fossero state scelte alcune canzoni come esempio di quello "stile" che viene evocato ad ogni paragrafo, e fossero state raccontate sia nella loro forma (strumenti, registrazioni, ) che nella loro "biografia", la maniera in cui hanno attraversato le varie epoche Mod. Sarebbe stata certo una scelta per forza di cose parziale, ma sarebbe stata anche una selta di Tony Face, di assoluto rispetto, e si sarebbe così dato corpo e peso a un discorso che a volte sembra peccare di eccessiva fretta (da pagina 27: "Poco dopo, sull'onda della curiosità suscitata da quell'apparizione, fu realizzato un documentario sulla scena northern e sul Wigan Casino", senza indicare poi né titolo, né regista, né un sommario giudizio). Forse non è possible replicare per il movimento Mod quello che ha fatto Greil Marcus per la scrittura sulla musica rock e sul folk, ma credo sarebbe bello provarci.
Poi ci sono altre cose che non mi sono piaciute, ma si tratta più di gusti personali. Frasi come "continua a proliferare una scena sotterranea, meno incline ai compromessi da classifica, anche se sinceramente, largamente meno dotata artisticamente" (pag.68), in grado di infilare tre avverbi in -mente nella stessa riga, non sono una tragedia, ma in fase di editing si potevano limare un po'. Ok, non saranno queste le cose da cui si deve giudicare un libro, ma se basi la forza del tuo messaggio sul concetto di Stile, mi aspetto che tu lo metta in pratica con ogni mezzo.
Detto questo, il libro di Bacciocchi è di sicuro un tesoro di informazioni, date, curiosità, playlist e storie in prima persona (molto belli i contributi sulla scena Mod italiana in tempi "difficili"), e va comunque messo in biblioteca se vi sta a cuore la musica, non soltanto quella vicina al movimento Mod. Per quanto mi riguarda, proseguirò la lettura recuperando anche il suo primo libro di qualche anno fa, Uscito vivo dagli Anni Ottanta.

>>>(mp3): Wigan's Chosen Few - Footsee (da qui)

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