Nel 2012, scoprire per la prima volta una band su Pitchfork credo venga considerato ormai indizio di senilità irreversibile. Se poi si tratta della ristampa di un disco uscito l'anno scorso e che tu, tra i tuoi mille feed, non avevi mai sentito prima, beh è tempo di andarsene in pensione dalla musica e mettersi a leggere le recensioni su Vice.
Ma per la miseria, chi se ne frega, il debutto dei Royal Headache, da Sydney, mi sta ribaltando il cervello da quando ho premuto il primo play (che razza di attacco bruciante è Never Again?) e oltretutto lo sto mettendo da capo piuttosto spesso, dato che le dodici canzoni non durano in tutto nemmeno ventotto minuti. Dio, così si fa. Del resto, quando mai la newyorkese What’s Your Rupture ha sbagliato un'uscita?
"For me, Pitchfork is just really confusing and foreign. I don’t understand it. I never read it anyway. It’s weird to me that people think it’s still a thing" (Joe Sukit, bassista della band australiana, in un'intervista a Mess & Noise).
Comunque stiamo parlando del caro, vecchio, impolverato, furibondo Rock, quello in giacca di pelle, che fa alzare pugni al cielo, rovesciare le birre e buttarsi nella bolgia. Tipo la foto qui sopra, ma a volume molto, molto più alto. Alzatelo forte. Perché qui dentro ci sono le chitarre che prendono fuoco, uno schiacciasassi al posto della batteria e la voce di Shogun scossa di soul elettrico (in Psychotic Episode il microfono sta chiaramente strisciando su della carta vetrata) che fanno venire i brividi. E tutto è stato compresso a forza in un suono da cassetta logorata dai troppi anni a girare nell'autoradio e dalle troppe strade lungo cui ti sei perduto.
È punk, è garage, dimmelo tu. Ci sono gli Hüsker Dü, ci sono i Buzzcocks, e c'è un animo quasi black in fondo. Tutto si schianta. "Am I much too old to be a good boy?". E non mi importa più da dove mi è arrivata questa musica, se sono il primo o l'ultimo, voglio soltanto che un'euforia così non passi mai.
(mp3): Royal Headache - Down The Lane
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