Non so niente della città di Rostov. In un’intervista su Liberation di un paio di giorni fa i Motorama la definiscono “una città sporca, arrabbiata, ma bella e romantica". Guardo le fotografie a tinte vintage con cui la band russa riempie il proprio blog. Difficile ascoltare Calendar, il loro nuovo album (il primo distribuito commercialmente dopo varie uscite in free download, pubblicato dalla label francese Talitres) senza cercare di immaginarsi quei luoghi così remoti e diversi a fare da cornice a una musica invece così familiare. È come uno spaesamento. Il post-punk figlio dei Joy Division, tenebroso e austero come a volte è la voce del cantante Vladislav Parshin, abbraccia certe chitarre indiepop e cristalline, atmosfere più abbandonate e malinconiche. La formula è all’apparenza semplice, con il basso sempre in primo piano a spingere, e più in alto un vento di archi a rendere trasparente lo sfondo. Ma i Motorama riescono a far sembrare la loro musica qualcosa di distante, a lasciare qualcosa di non detto, c’è una foschia che si solleva e lascia il posto a un cielo freddo, più luminoso ma non ancora del tutto limpido. Non sarà un caso che il packaging del disco sembri ricordare vecchie cartoline sbiadite.
It's so divine when clouds are getting grey, oh boy
You see the light from evening sky
Is it a cure or a lousy disease?
So hold on tight, hold on tight
(mp3) Motorama - White Light
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