Negli ultimi tempi mi capita di ascoltare parecchi nuovi dischi davvero brutti, o che magari non dicono niente soltanto a me. Quando arrivo in fondo a certe scalette ho bisogno di dare un po' di sollievo alle orecchie con qualche "suono amico", dentro cui trovare pace.
Una delle scelte più frequenti, da ormai qualche mese, è l'ultimo disco dei Mantles. La band di Oakland non si può certo dire prolifica (due album e un ep in oltre sei anni) ma mi sembra aver comunque tracciato una bella traiettoria, dal polveroso garage rock degli esordi verso un distillato di psichedelia e pop a bassa fedeltà di stampo Flying Nun (vedi l'innesto di certe tastiere nel lavoro più recente).
Long Enough To Leave ha un passo mai troppo spedito e mai troppo triste, capace di metterti a tuo agio anche se alla fine ti rendi conto che non ti porta proprio buone notizie. Mi viene di dire che c'è qualcosa di agrodolce e che mi appassiona nel modo in cui l'elettricità dei riff contraddice la malinconia delle melodie e degli stralci di testi che riesco a afferrare. Ripensamenti, vicoli ciechi, decisioni sbagliate, città da cui ce ne eravamo già andati una volta, scambi di persona, ingratitudine, esitazioni indefinibili, frustrati desideri di fuga. In una presentazione track-by-track i Mantles hanno condensato così questo nodo di sensazioni: "You take to the streets trying to convince yourself that your life is just the story of someone else". Forse era questo quello dentro a cui mi ero rifugiato anch'io?
(mp3) The Mantles - Marbled Birds
(foto da ION Magazine)
Commenti
Posta un commento