Te lo dirò con un sorriso: ho il doppio dell'età dei ragazzi di questa band e sento di avere tutto da imparare da loro. Imparare da capo come si pronunciano parole che strappano cuori giovani a mani nude. Quella poesia che forse puoi concederti soltanto quando non hai nemmeno vent'anni, e non c'è posa se metti tutto quello che sei dentro la preghiera "I want to be lost with you".
Trattieni il respiro perché ogni cosa che hai sempre desiderato succede per la prima volta e non sai come sfiorarla: "days of being wild, nights we broke them with our style". La suprema facilità di tenersi la vita sulla punta delle dita senza accorgersi di nient'altro, "leave another heart in the dust", senza sapere che è tutto lì, "crushing petals with a hammer".
Tutto è urgenza in queste canzoni: dichiarare amore, versare lacrime, tuffarsi nell'oceano, una goccia di sangue che cade sulle orchidee, la fine di una festa all'alba e non riuscire a dormire, pensare di stare pensando troppo e volere fortissimo lasciarsi andare, e poi venire travolti da un romanticismo irripetibile, impulsivo e insostenibile: "when wast the very last time the sky was blue and you weren't bluer?".
E infine realizzare che il pericolo maggiore non è la fragilità: "people grow apart but I'd never thought it'd be so soon for both of us".
Floristry è disco d'esordio dei Trick Mammoth, trio proveniente da Dunedin, Nuova Zelanda, ed esce per Fishrider Records in patria e Occultation in Europa. Dieci canzoni di indiepop scintillante, tra chitarre classiche (pensate a qualcosa tipo Heavenly o Pastels) e armonie dolcissime, Camera Obscura e soul Sixties. La perfezione la raggiungono quando le due voci di Millie Lovelock e Adrian Ng si intrecciano (sentite come sono capaci di fare i sornioni nella title track) e il suono diventa così incantevole che non so davverocome farò a uscire da questo disco, a uscire dai vent'anni.
(mp3) Trick Mammoth - Baltimore
Commenti
Posta un commento