Il post lungo e noioso di stasera parla del pezzo di Steven Hyden su Grantland che si diverte a sbeffeggiare il "blog rock", qualunque cosa voglia dire un'etichetta del genere. Trovate un piccolo dibattito a caldo sul facebook di Colas. La mia prima reazione è stata pensare che l'articolo fosse piuttosto antipatico. Sì ok, sono di parte: uno dei principali obiettivi di Hyden sono i Clap Your Hands Say Yeah, e io da sempre faccio il tifo per questa band sfigata che si è scelta uno dei nomi più derisi degli ultimi anni. Ma non è questo il punto.
La definizione di "blog rock" da cui parte Hyden è quanto di più vago si possa immaginare. E tale vaghezza non è causale, dato che gli è molto utile per stiracchiare l'argomento a piacere. La collocazione temporale? "Circa" metà Anni Zero, senza ulteriori precisazioni. Una genesi? Un tramonto? Una discendenza? Non si sa. Poi passa alla descrizione di un suono che più ampia e contraddittoria non potrebbe essere: reminiscenze di "punk and post-punk [tutto assieme?] that originated between 1978 and 1987" (quindi, uhm, dai Joy Division ai Duran Duran?), e che però sarebbero al tempo stesso "a little infantile, a little nerdy, a little skinny". Controllo sul Collins se ci sono altri significati di skinny. No no, è proprio quello skinny che conosco anch'io e che associo ai Cheap Mondays del 2004. Steven, non sarò certo io a impedirti di usare metafore, ma di solito le preferisco quando riesci a collegarle a qualche oggetto concreto per illuminarmi un ulteriore significato, e non se stai solo rimestolando idee sfuggenti con un sorrisetto nervoso: "Jesus Christ what terrible goddamn band names". Beh, certo.
Poi Hyden passa il microfono alla gente della strada: "vado sui social network a chiedere cosa pensano che sia il blog rock". Gli rispondono Animal Collective, Fleet Foxes, TV On The Radio, Grizzly Bear e Arcade Fire. Sorry, roba troppo seria, non ce la faccio a prendere in giro nomi così grossi. "I personally don’t feel like they should fall under this umbrella". Vabbè, quindi avevi già in mente di chi NON parlare, potevi risparmiarci il finto giro sui social. Tra l'altro, vorrei sottolineare che una nota dell'articolo liquida come "blog rock" una sfilza di band senza altri argomenti: "Faint, Louis XIV, the Go! Team, the Rapture, Gang Gang Dance, Ponytail, Vivian Girls, the Morning Benders, the Unicorns, Islands, Bishop Allen, Midlake, and Rogue Wave". Tutti nella pentola (cit.).
Come sintetizza Kekko su Bastonate, "in sostanza, si intende per blog rock la musica rock emersa nel momento in cui le dinamiche di promozione sono passate in via definitiva dal classico assetto tipo stampa anni novanta a quello attuale, più orizzontale e meno redditizio [...], A PATTO di includere solo quella che fa cagare, altrimenti mi si smonta la teoria".
A questo punto Hyden dice: faccio un po' come cazzo mi pare e comincio a sparare nomi buffi che ci divertiamo, ragazzi state a sentire: The Boy Least Likely To! Voxtrot! Someone Still Loves You Boris Yeltsin!... Per me l'articolo sarebbe già finito qui. Invece voglio restare ancora un attimo sulla prima parola dell'etichetta "blog rock". Anche perché, tutto considerato, dei blog non se ne parla per davvero nell'articolo, se non di sfuggita nella seconda parte, dove si occupa dei CYHSY. Mentre i paragrafi dedicati a Black Kids, Cold War Kids e Tapes 'n Tapes raccolgono sommarie (e ovviamente legittime) recensioni negative, scritte in uno stile blandamente offensivo, per la band di Alec Ounsworth Hyden intende tirare fuori l'artiglieria pesante.
Il problema principale è che i CYHSY "were media darlings". Solo che nel loro caso i media principali pare siano stati i blog e le webzine. Del resto, erano gli anni in cui leggevi in tutti i comunicati stampa "arrivati al successo dopo il passaparola su MySpace", ma Hyden non cita la piattaforma. "For a while, the only sense that people had of CYHSY’s music derived primarily from what they read on the Internet": NO MA, E QUINDI? Sì, c'era dell'hype, sì qualcuno si è entusiasmato (io, per esempio), qualcuno no, qualcuno si è ricreduto in seguito. E QUINDI? Prima dei blog forse non succedeva? Non esisteva l'hype che durava un mese per la band con la giacchetta di pelle sulla copertina di NME? Non si è sempre "costruita" una scena con relativo sottobosco, costituita da band che sembrano raccogliere maggiore successo e che danno il senso di un'epoca, accompagnate da una corte di nomi minori? Non sono sempre esistite categorie musicali inventate da qualche giornalista che duravano una stagione? Tra l'altro non credo che nessun blog all'epoca abbia mai ragionato in termini di "blog rock", ma questo non è nemmeno poi così importante. Sembra che per Hyden l'intero problema stia soltanto nel mezzo, nello strumento "blog", oggi antiquato. Se possiamo discutere del valore più o meno effimero di certi dischi e gruppi, decidere che non valevano nulla perché se ne parlava su un mezzo o un altro sembra parecchio insensato. E le fanzine? E i newsgroup?
Infine, Hyden trascura due punti del suo discorso che avrebbero potuto infondere una briciola di vita al pezzo.
1) i blog avrebbero rivoluzionato il sistema dell'informazione musicale svalutandola e aprendo la porta al proprio stesso superamento. Hyden lo afferma così, en passant, e non gli sembra uno scarto generazionale interessante. Da questa prospettiva gli Anni Zero, anni che visti da qui vicino sembrano dotati di un proprio spirito ancora meno dei Novanta, sono stati quelli in cui ci siamo allenati a smontare il regalo che avevamo ricevuto, a distruggerlo. Anni in cui non abbiamo saputo né uccidere i padri né prendere il loro posto, ma li abbiamo lasciati svanire, dimenticandocene tra una serie tv e l'altra.
2) la superficialità con cui Hyden liquida una massa enorme di musica non gli fa venire nemmeno per un solo istante il sospetto che il suo punto di vista sia del tutto sballato, o quanto meno parziale. Penso, tanto per fare il primo esempio che mi viene in mente, a come il synth pop Anni Ottanta suonasse arcaico a metà dei Novanta, e a come dieci anni dopo rappresentasse la somma eleganza. Mi viene in mente l'accanimento con cui un nome sacro come Simon Reynolds se la prendeva con le band più o meno grandi dello shoegaze. Nemmeno tale autorità ha impedito che, una generazione dopo, quelle band diventassero di culto.
Non so prevedere se e quando ci sarà un revival del "blog rock" (e spero che non lo chiameremo mai così), non so se un giorno quello che ci è sembrato effimero si rivelerà invece dotato di forza e capace di prolungare un nuovo riverbero sugli anni a venire. Non è nemmeno necessario, tengo a precisare. Ma di sicuro non è con articoli di questo tono che la critica musicale aiuterà a pensare e a leggere cosa sta succedendo, né tanto meno ci divertirà.
Clap Your Hands Say Yeah - Is This Home On Ice
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