Vedere i Pains Of Being Pure At Heart in concerto la settimana scorsa sulla spiaggia dell'Hana-bi mi ha convinto di due cose: innanzitutto, il nuovo album Days of Abandon, da molti considerato il più debole della loro carriera, mi piace sempre di più. Il cambio di passo, che potremmo semplificare con un "disarmo" dei feedback (e di conseguenza un alleggerimento di tutti i chiaroscuri shoegaze, JMC, Black Tambourine eccetera) continua a sembrarmi un salto di qualità. Una maggiore aria lasciata filtrare nelle canzoni, proprio lì dove gli arrangiamenti sembrano più ponderati.
Secondo: dal vivo la band ha dato l'impressione di sapere meglio quali tasti toccare per caricare il proprio pubblico, e quindi le chitarre sono tornate a spingere e a graffiare come sempre. Rispetto però ad altre esibizioni della band di Brooklyn, più rumorose ma anche più caotiche, stavolta l'effetto è stato di maggiore ordine e consapevolezza. Ormai il repertorio permette a Kip Berman e soci di giocarsela in tutta tranquillità.
Lo stravolgimento della formazione (se ne sono andati tre quinti della band, tra cui la tastierista Peggy Wang), chissà se causa o conseguenza di questo cambio di direzione, sembra in fin dei conti aver fatto bene alla musica dei TPOBAH. Su disco le parti di voce femminili sono coperte da Jen Goma degli A Sunny Day in Glasgow, mentre dal vivo, approfittando dei Fear Of Men che li accompagnavano in questo tour, c'era Jessica Weis. Entrambe svolgono alla perfezione l'incarico assegnato.
E poi ci sono le belle canzoni di Days of Abandon: meno irruente del precedente Belong, un lavoro che sembrava cercare l'anello di congiunzione tra l'indiepop e un'enfasi alla Smashing Pumpkins. Il disco (così come il concerto) invece si apre con Art Smock, una traccia chitarra e voce (Berman da solo sul palco) che più nuda e diretta non potrebbe essere: "I was a mess but so were you, I should have guessed it was going to fall to pieces in my hands again". Anche quando la band lo raggiunge e parte subito spingendo al massimo (Until The Sun Explodes) il riferimento più vicino resta quello di Just Like Heaven dei Cure. In Kelly, invece, è evidente il tributo a This Charming Man. L'impressione generale è che i Pains oggi vogliano evitare il più possibile di saturare il suono come accadeva in passato. In Eurydice, dove il gioco delle due voci di Berman e Kelly funziona al meglio, sono poche note di synth a reggere la melodia. Beautiful You, con il suo tempo medio e i suoi arpeggi scanditi, e soprattutto il suo lasciare crescere il coro con pazienza, aggiungendo strato dopo strato arrangiamenti su arrangiamenti, senza per questo fare mai affondare la canzone, è a mio parere l'esempio più brillante e riuscito della scrittura di questi nuovi Pains. Ed è anche, non a caso, una delle canzoni in cui la poetica di Berman si concentra più nitida che mai: "Tell me that we're still so young / But you're wrong, so wrong / I felt forever in a day, and then I let it slip away".
(mp3) The Pains Of Being Pure At Heart - Beautiful You
(photo by TPOBPAH)
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