"A taste of honey for all that could have been": se esiste un verso di una canzone dei Comet Gain capace di custodire in una manciata di parole tutta la loro poesia, per me è questo. Si trova dentro il singolo 'Sad Love' And Other Stories, uscito quest’estate. Eppure la coerenza dei Comet Gain è sempre stata tale che potrebbero averlo scritto all'inizio della loro carriera, oltre vent'anni fa. Qualcosa di dolcissimo, il miele, accompagnato all'amarezza di tutto quello che invece non è stato. La malinconia delle scelte prese e non prese, e accanto il fuoco per cui abbiamo combattuto e che sarà nostro per sempre. Quello che siamo e quello che detestiamo, la nostra incoerenza, quello che abbiamo perduto e il nostro semplice, modesto ma invincibile desiderio di mettere assieme un briciolo di bellezza. Usiamo parole logore e ne facciamo una bandiera. Una canzone dalla propulsione Motown e dalla melodia ostinata, per me la loro canzone più riuscita e più pura di sempre, forse ancora più della leggendaria You Can't Hide Your Love Forever, non a caso citata nell'ultima strofa.
Da un paio di mesi Fortuna Pop ha pubblicato il settimo album dei Comet Gain, Paperback Ghosts: ogni volta penso che poteva essere l’ultima, e invece è successo ancora un miracolo. Ogni volta sembra sempre il disco migliore, quello in cui la band londinese riesce a esprimere in maniera più netta il proprio mondo. David Feck e soci hanno messo a punto una formula che ormai conosciamo bene: quel miscuglio rabbioso e sentimentale di Northern Soul, Television Personalities, Velvet Underground, Style Council, riottose fanzine dimenticate, proteste proletarie, cataloghi Mod, l'impossibile rivincita dai margini, eleganti eroi della nouvelle vague in bianco e nero, e chissà che altro che non capisco. Eppure tutto questo non smette mai di farmi venire i brividi, e mi scaraventa via con la sua fiera energia.
Paperback Ghosts si presenta come un disco che parla di fantasmi. Il motto che campeggia nella copertina interna dell'album è THE LIFE WE LOVE IS SOMEWHERE ELSE. Ma c’è altro che forse Feck vuole spiegarci. Le parole che aprono una delle canzoni più belle dell’album, Wait ‘til December: “I think I’m running out of time”. I fantasmi con cui faccio i conti ogni giorno, il fantasma di me stesso, quello dal passato, quello dal futuro che poteva essere. "I live my life like this / Because I’m afraid of what I’d miss" (Far From The Pavilion). E nonostante sia facile cedere alla tentazione di lasciarsi andare alla tristezza - "You’re gonna be blue again" (in Avenue Girls) - i Comet Gain sono la band che sa sempre reagire, ti fa sempre saltare in piedi e stringere i pugni e adesso si prende una posizione e si resiste fino alla fine, perché questi siamo noi e non loro. Perché questo mondo è pieno di meraviglia ("wonder-filled") e noi siamo qui assieme, in questa alba: "Before the last drunk song is sung / I’ll hold on to your hand / I’ll hold on to everyone / and all we're believing" (Long After Tonite’s Candles Are Blown). Se sai ascoltare e guardare, i Comet Gain non possono suonare una singola nota, anche quella della loro canzone più sgangherata, senza che ti venga in mente la parola "epico".
In alcuni momenti ci sono arrangiamenti di sontuosi archi autunnali (le lacrime con cui si apre The Last Love Letter sono del tutto Clientele), un organo soul risuona dietro le chitarre in quasi tutte le canzoni, mentre l'acida accoppiata in chiusura An Orchid Stuck Inside Her Throat / Confessions Of A Daydream ci ricorda che quando i Comet Gain vogliono giocare con la psichedelia lo sanno fare in maniera raffinata: "A self-portrait of the fucked / in my teenage bedroom / got an A in daydreaming".
Forse è vero, the life we love is somewhere else, forse non abbiamo vinto. Ma l'amore, l'amore di questa vita piena di fantasmi, questo amore invece è qui, ora.
(mp3) Comet Gain - 'Sad Love' And Other Stories
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