Questa mattina, quando ho guardato i feed mi sono trovato davanti tantissime segnalazioni della scomparsa di Peter Gutteridge, un musicista che aveva avuto un ruolo fondamentale sia nei Clean, che nei Chills, oltre che in una quantità di altre band del cosiddetto Dunedin Sound.
Le forti reazioni emotive che ho letto in giro (tanto per fare un esempio, quella di Everett True) e che continuano a uscire mi hanno colpito. Non era una star, era un personaggio schivo, la sua musica non è esattamente popolare. Eppure, tantissimi dischi che amo oggi, molti di quelli che passo in radio e su queste pagine, sono nati anche grazie a lui, al suo lavoro e alle sue idee.
Io non ne so abbastanza per scriverne in maniera adatta. Quindi ho chiesto a Jonathan Clancy (His Clancyness), uno che quel linguaggio lo ha inteso bene e fatto proprio, se aveva voglia di mandarmi un suo commento a caldo, ed è stato così gentile da scrivere questo post:
Per spiegare chi era Peter Gutteridge per me basta il giro di basso e la canzone che ha co-scritto per i The Clean, Point That Thing Somewhere Else, l'unica canzone del Boodle, Boodle, Boodle EP (1981) non composta interamente dal trio Kilgour/Kilgour/Scott.
E si sente! Mi piace pensare che quell'incedere velvettiano sia opera sua: il basso che pulsa e che trascina per più di cinque minuti.
Per chi è un Kiwi pop obsessed non basta dire che fu membro fondatore di ben due band di quella che per me è la sacra trinità (Clean, Chills, Verlaines), è nelle cose piccole che veramente vedi la luce, il sogno ed il suo contributo quotidiano a tantissima musica incredibile: The Great Unwashed, Snapper, Alpaca Brothers eccetera.
La sua strada lo insegna, fuggiva e rifiutava quello che diventava ogni due anni il "Dunedin Sound", cercava sempre qualcosa di nuovo, si nascondeva in mille band senza mai dimenticare le origini. Vederlo suonare con gli sbarbi High Dependency Unit con una foga incredibile è un gran testamento a quel mondo un pelo diverso, rumoroso e psichedelico, che aveva contribuito a importare nella scena neozelandese.
Io voglio ricordarlo con il suo disco solista del 1989, una cassetta uscita per l'incredibile Xpressway, intitolata semplicemente PURE. E dentro quel titolo c'è tutto quello che voleva raccontare Peter Gutteridge e che lo rendeva diverso e unico all'interno del Kiwi pop. Le liner notes per questo album sono un vero e proprio manifesto di vita. Per tornare alle allusioni velvettiane, questo è il suo Metal Machine Music con le canzoni. La copertina poi non ha bisogno di spiegazioni. Un cerchio, la scena pop di Dunedin che incontra la scena noise di Dunedin (Dead C) ed un uomo che è lì seduto a disegnarlo perfettamente.
Commenti
Posta un commento