Da qualche anno a questa parte, qui a polaroid abbiamo un debole per certe nuove band australiane. Che sia il suono di chitarre cristalline oppure garage a bassa fedeltà, sembra che down under non smettano mai di reinventare l'indie rock più diretto e coinvolgente. Gli Ocean Party sono senza dubbio da tempo una band da tenere d'occhio. In attesa di mettere finalmente le mani sul loro prossimo album Soft Focus (in fondo al post una nuova anticipazione: Head Down) arriva un'altra istantanea da New York a cura di Valeria di Trees Of Dreaming (grazie!), che ha visto la band dal vivo al CMJ.
Giusto il tempo di prendermi una birra e The Ocean Party attaccano puntuali alle venti. Siamo al Lit Lounge nell'East Village, un locale a tre piani: il seminterrato per i concerti, l'ingresso a piano terra con il bar e il biliardo, e il primo piano per i dj set. Appena comincia, però, la band australiana ha subito qualche problema di audio, è la tastiera, non riescono a collegarla bene, "this is embarassing guys". A un certo punto partono in quarta ed è Liam Halliwell la prima voce a farsi sentire con Every Decision. Tiene l'asta del microfono un po' troppo alta e canta sulle punte dei piedi, si muove parecchio, mi sorride, vacillo un secondo, come presenza sul palco è decisamente carismatica. Ma non è l'unico: tutti e sei hanno un'aria molto confidente, quasi scanzonata, da ragazzi cresciuti in mezzo ai campi. I pezzi sembrano parlare di argomenti semplici e familiari. Per esempio Sit On the Hill racconta della collina sulla quale vanno sempre a guardare da lontano la loro città, e che a quanto pare è un posto speciale per tutti. Fanno qualche pezzo dai vecchi album, ma la metà viene dal nuovo Soft Focus, che hanno lì in vinile e che non sarà "out" almeno per un'altra settimana: "so please guys if you buy it don't leak it!". Si ride e mi rendo conto che comunque ci sono al massimo una ventina di persone. Una ragazza in prima fila pare sappia tutte le canzoni, e mi chiedo se è la fidanzata di qualcuno (scopro dopo che è una sorta di groupie che il bassista deve aver conosciuto ieri). Nel complesso al concerto manca un po' d'azione ma la musica riesce comunque a trasportarti nell'atmosfera calda dalla quale proviene. Lo scantinato con il soffitto basso del Lit Lounge non aiuta, e immagino cosa deve essere ascoltarli di pomeriggio all'aperto e nella luce australiana, come si vede nei loro video. Finito il concerto esco e arrivano tutti quanti, quindi li saluto, bravi ragazzi, mi chiedono chi sono venuta a sentire (ci sono altre quattro band che suonano dopo di loro) e quando rispondo "you guys!" si illuminano in sorrisi sinceri. Non hanno fatto Quarter Life Crisis, peccato, glielo dico, mi dicono ma no!, avrei dovuto richiederla. Magari alla prossima. Chiedo come va in Australia, ci tengono a insegnarmi qualche parola in gergo (a quanto pare "donnie can" è il cesso e "ciggie" la sigaretta), mi chiedono chi altro mi piace di australiano e gli dico Bad Family, e li conoscono, ci hanno suonato e Jordan mi chiede se conosco i Twerps (certo!) e passiamo cinque minuti a parlare bene del nuovo Underlay. Liam, e Lachlan suonano anche in un'altra band e mi dicono di ascoltarli e fargli sapere che ne penso, mi fanno lo spelling, Ciggie Witch. Mi consigliano anche di recuperare i Dick Diver. Ci raggiunge un membro dei Shiloh, una band di Chicago che suona tra poco e che mi regala il loro disco: ci racconta che a Chicago al momento sono tutti su vibes garage anni 60/70, e che stanno tornando davvero di moda le droghe di quel periodo, il che contribuisce molto. Finiamo le birre e ci salutiamo. Io torno a casa perché domani si fa sul serio, al Cake Shop a partire da mezzogiorno c'è il party di Terrorbirds e due metri più in la quello del Pianos. Arrivo a Brooklyn, un po' di chinese takeaway per cena, un lungo sorriso per questa bella serata insieme agli Ocean Party.
(mp3) The Ocean Party - Head Down
(foto rubata al CMJ)
Giusto il tempo di prendermi una birra e The Ocean Party attaccano puntuali alle venti. Siamo al Lit Lounge nell'East Village, un locale a tre piani: il seminterrato per i concerti, l'ingresso a piano terra con il bar e il biliardo, e il primo piano per i dj set. Appena comincia, però, la band australiana ha subito qualche problema di audio, è la tastiera, non riescono a collegarla bene, "this is embarassing guys". A un certo punto partono in quarta ed è Liam Halliwell la prima voce a farsi sentire con Every Decision. Tiene l'asta del microfono un po' troppo alta e canta sulle punte dei piedi, si muove parecchio, mi sorride, vacillo un secondo, come presenza sul palco è decisamente carismatica. Ma non è l'unico: tutti e sei hanno un'aria molto confidente, quasi scanzonata, da ragazzi cresciuti in mezzo ai campi. I pezzi sembrano parlare di argomenti semplici e familiari. Per esempio Sit On the Hill racconta della collina sulla quale vanno sempre a guardare da lontano la loro città, e che a quanto pare è un posto speciale per tutti. Fanno qualche pezzo dai vecchi album, ma la metà viene dal nuovo Soft Focus, che hanno lì in vinile e che non sarà "out" almeno per un'altra settimana: "so please guys if you buy it don't leak it!". Si ride e mi rendo conto che comunque ci sono al massimo una ventina di persone. Una ragazza in prima fila pare sappia tutte le canzoni, e mi chiedo se è la fidanzata di qualcuno (scopro dopo che è una sorta di groupie che il bassista deve aver conosciuto ieri). Nel complesso al concerto manca un po' d'azione ma la musica riesce comunque a trasportarti nell'atmosfera calda dalla quale proviene. Lo scantinato con il soffitto basso del Lit Lounge non aiuta, e immagino cosa deve essere ascoltarli di pomeriggio all'aperto e nella luce australiana, come si vede nei loro video. Finito il concerto esco e arrivano tutti quanti, quindi li saluto, bravi ragazzi, mi chiedono chi sono venuta a sentire (ci sono altre quattro band che suonano dopo di loro) e quando rispondo "you guys!" si illuminano in sorrisi sinceri. Non hanno fatto Quarter Life Crisis, peccato, glielo dico, mi dicono ma no!, avrei dovuto richiederla. Magari alla prossima. Chiedo come va in Australia, ci tengono a insegnarmi qualche parola in gergo (a quanto pare "donnie can" è il cesso e "ciggie" la sigaretta), mi chiedono chi altro mi piace di australiano e gli dico Bad Family, e li conoscono, ci hanno suonato e Jordan mi chiede se conosco i Twerps (certo!) e passiamo cinque minuti a parlare bene del nuovo Underlay. Liam, e Lachlan suonano anche in un'altra band e mi dicono di ascoltarli e fargli sapere che ne penso, mi fanno lo spelling, Ciggie Witch. Mi consigliano anche di recuperare i Dick Diver. Ci raggiunge un membro dei Shiloh, una band di Chicago che suona tra poco e che mi regala il loro disco: ci racconta che a Chicago al momento sono tutti su vibes garage anni 60/70, e che stanno tornando davvero di moda le droghe di quel periodo, il che contribuisce molto. Finiamo le birre e ci salutiamo. Io torno a casa perché domani si fa sul serio, al Cake Shop a partire da mezzogiorno c'è il party di Terrorbirds e due metri più in la quello del Pianos. Arrivo a Brooklyn, un po' di chinese takeaway per cena, un lungo sorriso per questa bella serata insieme agli Ocean Party.
(mp3) The Ocean Party - Head Down
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