Una premurosa pugnalata al cuore, affettuosa e inesorabile, mentre il buio arriva così presto e non vedo nulla oltre la pioggia. Gli Ocean Party non dovevano tornare con un disco così, non in questo momento. Il quarto album della band australiana racconta a meraviglia la maturazione della loro musica e riesce a fare male, malissimo. Si vorrebbe restare per sempre attaccati a quelle giovanili jangling guitars che una volta ci ricordavano qualcosa dell'inquietudine dei Pants Yell, mescolata all'indolenza dei Real Estate. Ma il nuovo Soft Focus non è quasi più niente di tutto questo. Voltare pagina. Suoni morbidissimi, che spesso sembrano rimandare a certo rock Anni Ottanta, e ricchi di arrangiamenti che includono synth e sassofoni. Non a caso la band dice di essersi ispirata più ad atmosfere Roxy Music epoca Brian Eno, e di avere come numi tutelari i connazionali Triffids (il cui Rob McComb compare tra i credits di questo nuovo lavoro). Soft Focus cattura un sentimento esausto. "I did all the ground work / Now they’re probably going to throw it away". La sensazione di essere rimasti inchiodati in qualche posto sbagliato (Still Stuck Out Here). C'è molta solitudine, e tutto quel romanticismo da persone sole. Titoli come Bed As A Grave oppure Deluded. Versi netti come "relief will never come, and I waited enough, so now the need is gone". E c'è la consueta gentilezza nel modo in cui gli Ocean Party sferzano tutti questi fendenti spietati. C'è grazia nelle voci e nelle melodie distese. Ti chiedi se bisogna abbandonarsi o restare aggrappati con tenacia a queste macerie. Provo a pensare che la risposta sia già nella traccia di apertura: "I went out. I thought what else could I do". Ma fa ancora male.
(mp3) The Ocean Party - Sharps And Taylors
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