Ho letto un paio di articoli sul ventennale di Wowee Zowee dei Pavement e vorrei averne trovati di più. Non so perché, non è nemmeno il mio disco preferito della band di Stockton. Immagino che uno dei motivi sia il fatto che non ho visto in giro molti articoli più interessanti (un altro è che stavo perdendo un sacco di tempo di proposito). In questa stagione la scrittura musicale contemporanea non appare in gran forma. Come spiega Lindsay Zoladz su Vulture, i critici sembrano soffrire di "surprise-album fatigue" e sono più preoccupati di restare a galla nel ciclo delle news che di capirci qualcosa. Tralasciamo le ammuffite liste alla Buzzfeed e le sfinite webzine che scoprono dieci sensazionali rivelazioni al giorno; tralasciamo certe scritture di Vice, divertenti solo se la tua massima aspirazione nella vita è fare lo stagista a Vice; tralasciamo i rispettabili autori che sentono la necessità di mettere le mani avanti e dichiarare "attenzione, questo non è lo sfogo di un cinquantenne nostalgico e un po’ rincoglionito", e tralasciamo pure le esegesi del disco di Kendrick Lamar pubblicate da OGNI testata del pianeta. Sul serio: To Pimp a Butterfly è di certo un ottimo lavoro, ma un bianco italiano sulla trentina che, a mezz'ora dalla messa online, grida in caps lock "signore e signori, abbiamo già il disco dell'anno", boh, rappresenta una forma di vita così distante dalla mia che - lo so, sono anziano e diffidente - non posso non mettere in discussione la sua sincerità.
In ogni caso, gli anniversari dei Pavement sono consolatori, gli articoli sui Pavement nel 2015 sono consolatori, e anche mettersi a raccogliere indizi intorno a un loro prossimo ritorno è molto, molto consolatorio. Ma in questo periodo mi sono reso conto di avere davvero troppo bisogno di queste specie di vasetti di Nutella in forma di scrittura intorno alla musica, e così mi sono sforzato di trovare epiche perfino le scarne, criptiche (e un po' deludenti) note della ristampa deluxe Sordid Sentinels, e ho cercato affetto tra i più assurdi commenti di Songmeanings (We Dance "sounds like he's at a friend's bachelor party, getting a lap dance from a stripper", oppure "has something to do with incest").
Sono passati vent'anni dal giorno in cui i Pavement voltarono le spalle al (possibile) successo dopo due dischi clamorosi come Slanted & Enchanted e Crooked Rain, Crooked Rain. Lo fecero con tutto lo stile e l'arguzia di cui erano capaci, e che pochi sapevano (e hanno saputo) eguagliare, ma quello fu pur sempre un momento in cui molti di noi reagirono con il corrispettivo del 1995 di un amareggiato MEH. Certo, riascoltato oggi, Wowee Zowee appare in una luce del tutto differente. Come sintetizzava bene già un anno fa Rob Sheffield su Rolling Stone "WZ didn't get appreciated until Pavement made Brighten the Corners, a totally different album that put the previous one's oddities into perspective". È facile oggi rimettere assieme i pezzi, ritrovare gli indizi che i Pavement hanno disseminato nella loro musica prima e dopo, e che sono poi filtrati anche nei dischi di Malkmus solista. Penso sopratutto a Brinx Job o Father To A Sister of Thought, non esattamente le canzoni più popolari dei Pavement. Oppure penso a una delusione di canzone dal titolo così ambizioso come Fight This Generation. Qualche lacrima scende tuttora per We Dance, mentre Black Out racchiude alla perfezione quella nostalgia-che-si-prende-in-giro-da-sola come soltanto i Pavement potevano permettersi, e pure Spiral Stairs dà il suo contributo con l'ottima Kennel District, ma in generale, lungo tutto il disco, la band sembra aggirarsi senza una meta precisa (e mi sembra improbabile fosse soltanto colpa del fumo, come hanno sempre voluto far credere). Anche se il loro essere così vagabondi e imprevedibili ha sempre fatto parte del loro fascino, mi sembra troppo facile dire col senno di poi "Wowee Zowee was Pavement's White Album", o anche rileggere la traiettoria dei Pavement come astrusa metafora degli stessi Anni Novanta, slacker e beffardi. Se Wowee Zowee ha segnato un po' il momento "Stephen Malkmus e soci sono usciti dal gruppo", dito medio e sorriso fraterno tanto al mercato quanto alla critica, a cui poi seguiranno riscatto e gloria, devo dire che all'epoca non si era percepito affatto in maniera così chiara. Troppo facile dire oggi che questo disco è "the ultimate compendium of inside jokes and substance-fueled curiosities" (Stereogum) o addirittura "is the one that has aged the most favorably" (Spectrum). Troppo facile e, ancora una volta, troppo consolatorio rileggere ogni cosa come se ci fosse sempre un ventennale da celebrare.
E poi lo so, è una tentazione troppo forte prendere qualche verso intricato e senza senso, o pieno di ogni senso possibile, scritto da Malkmus e sfruttarlo come supporto a qualsiasi argomento. Ma Black Out sembra dire qualcosa a proposito dello stesso atteggiamento dei Pavement nei confronti di questo disco e del music business in generale:
And your thoughts then start to turn
And those lessons that you're learning
No one has a clue
Nessuno ci capisce niente. Oh, triste mondo malato, domenica pomeriggio, facciamo un giro col furgone, passiamo davanti alla Hall Of Fame della nostra giovinezza, ciao ciao con la mano e cambiamo strada, verso l'assolato e ordinario paesaggio suburbano.
Sulla rinata pagina facebook ufficiale dei Pavement, con una schiettezza commovente, l'altro giorno Spiral Stairs si è messo a parlare dei Replacements: "I saw one of the legendary drunk shows the mats did back in 85 at the uc davis coffee house. thin white dope (as paul called them) and salem 66 opened. the mats didn't finish one song. tommy broke a hole in the bass drum and sat inside it for a few songs. they ended up playing for about 20 minutes and then the cops arrested them. what a show. always ingrained in my memory. and still to this day i remember wanting to be them. so... when you listen to wowee zowee tonight celebrating it's 20th anniversary, this is one of the places it comes from".
Forse ora, chiuso questo fin troppo lungo post, mi riascolterò i Replacements. Oppure lo farò tra vent'anni, tanto non c'è un argomento "definitivo" quando si tratta dei Pavement (o di tutti i Novanta?). Non arriva mai il momento in cui afferri qualche conclusione decisiva.
Twenty years goes by very fast. But a lot of stuff has happened. It's really weird and fascinating. When I was in the Boy Scouts we would hike, and one time we went to this tunnel in Maryland. When you stand at the edge of the tunnel it doesn't look that far because you see to the other side. And then when you're in the middle of the tunnel the entrance and the exit are these tiny little dots and you're in complete blackness. And then once you get to the exit it doesn't look very far. You're looking through again. That's how I feel about the passing of time.
Questo l'ha detto Steve Keene, l'artista che ha dipinto la copertina di Wowee Zowee, vecchio amico della band sin dai tempi del college. Leggendolo ho avuto un piccolo e imprevisto brivido. "The passing of time" e tutta la musica che ci siamo portati dietro a fatica lungo il nostro tunnel, anche quella che non ascoltiamo più davvero, come questo disco, un intero e pesantissimo groppo in gola di cose complicate tanto da raccontare quanto da tenere dentro. E questo Steve arriva con la sua istantanea dei boy scout, la sua serenità americana, e una canzone dei Pavement che deraglia sullo sfondo. Mi ha steso. Stava suonando Grave Architecture quando l'ho letto e credo che l'associazione sia stata micidiale.
Am I just a phantom waiting to be gripped or found on shady ground?
(mp3) Pavement - Black Out
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