L'apertura è già micidiale: "Hang me by my head / I’m already dead". E questo è soltanto l'inizio. Down Time, il debutto degli australiani Totally Mild è un disco così: non esattamente triste. Piuttosto, tutto impegnato a raccontare qualcosa di simile a una spossata monotonia post-tristezza. Un'amarezza disillusa senza più vera disperazione che porta ad allontanarsi dagli altri, e allontana gli altri da noi: "If you're looking happy I won't speak to you" (Nights), a cui fa da contrappunto "You're always my friend when I'm happy / But less in the down time (Always Around). Ma in fondo, la cosa più triste è che ci si può abituare a tutto: "are we getting better at living like ourselves?" (Move On).
La musica è spesso su battute lente, pigre, estenuate. I paragoni che la band di Melbourne si vede fare più di frequente sono con Beach House e Chromatics, e in un certo senso sono appropriati. Nei Totally Mild però sono le chitarre di Zachary Schneider (Full Ugly, The Great Outdoors) a ricreare quell'atmosfera che altrove è costruita su synth e drum machine. E poi c'è quella voce. La voce scintillante scintillante di Elizabeth Mitchell sale verso falsetti angelici con una facilità disarmante. Sembra dissolversi in una luminosa materia di cui sono fatti forse i sogni, pur continuando a cantare il tedio, la quotidiana malinconia, e a riconoscere che "nothing's fine anymore" (Christa). La chiusura dell'album, la struggente Money Or Fame (con tanto di appassionato assolo di sassofono), passa dal ricordo di come tutto era cominciato, con la confidenza e la dolcezza nuove, al confessare apertamente "I see we are through it / Nothing is ever as new".
(mp3) Totally Mild - Move On
Totally Mild - Christa
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