Brutti dischi che meritano belle recensioni: Miley Cyrus and Her Dead Petz



«In a way, Dead Petz is a fascinating milemarker of pop music in the post-album, post-Internet era: a major pop album that lands with a splash, then sinks like a brick, as ephemeral as the Tumblr culture Cyrus draws from. Maybe that’s the most visionary aspect of Dead Petz: it feels like it was built to disintegrate.»



- Dalla recensione di Meaghan Garvey su Pitchfork


I MIEI DUE CENTS: Non so bene perché, ma mi sono preso pure del tempo per ascoltarlo. Più che brutto, Dead Petz è proprio un'opera che mi sembra poco interessante, nonostante Miley Cyrus collabori con gente come Flaming Lips e Ariel Pink. Ho trovato però il punto della Garvey piuttosto affascinante, e quindi ci sono tornato su. Esistono dischi che falliscono in maniera così grandiosa che finiscono per raccontare altro. A volte qualcosa della contemporaneità. E questo mi interessa. Qui sul blog non parlo mai di "dischi brutti" (cioè che sono brutti per me, ovvio), né di robe mainstream a questo livello, ma ogni tanto ho l'impressione di perdere alcuni spunti curiosi, quelli che le recensioni "professionali" si preoccupano di raccogliere. Magari questa potrebbe diventare una nuova rubrica, non so.

Miley Cyrus è una pop star mondiale, eppure ascoltare la sua musica spesso è poco divertente, poco "piacevole". È anche questo un indizio del nostro presente? Immagino lei sarebbe pronta a difendere Dead Petz con l'Argomento della Provocazione, del cattivo gusto di proposito, ma la verità è che quando in BB Talk canta "I have no idea what the fuck I want, I guess" sembra straordinariamente sincera. Questo disco si presenta (quasi per intero) abbastanza sconclusionato, prolisso e interminabile, con scelte di suoni e arrangiamenti senza capo né coda. Più che la messa in scena di un trip acido ne sembra l'involontaria conseguenza. Le melodie accattivanti si contano sulle dita di una mano. Un paio di bei lenti come Space Boots o Karen Don’t Be Sad (subito mashup con Yoshimi Battles The Pink Robots!) e non molto altro direi. Per essere una pop star, una che si è guadagnata numeri che vantano ben pochi paragoni al mondo, sembra che Miley Cyrus non tenga in grande considerazione l'idea di Pop così come ci è stata tramandata. Davvero questa scrittura riflette soltanto il desiderio di sperimentare? Davvero questo lavoro è radicalmente diverso dal suo precedente Bangerz, o è solo diversa l'aria tra gli uffici stampa? Quanta parte c'è qui di capriccio? Quanto è solo un infantile bisogno di farcire versi con shit, pot e fuck. Quanta parte di questo disco è l'equivalente di un drunk text a tarda ora al destinatario sbagliato? E quanto, invece, mostra una reale incapacità di prendersi cura della musica? Nonostante gli oltre novanta minuti di lunghezza, tutto qui mi ricorda che l'iperattività è solo l'altra faccia della sindrome da deficit di attenzione. Se davvero la nostra è l'epoca delle playlist, a cosa importa costruire discorsi? (La "post-album, post-Internet era" di cui parla la Garvey.) Puoi vedere ogni canzone come un link, ridotta a un incrocio statistico di like, play e share. Del resto, Dead Petz è stato pubblicato free online e lo sto ascoltando su Soundcloud. Francesco "Bastonate" Farabegoli ieri su Fourdomino parlava dei "dischi fatti palesemente per piacere ai critici musicali". Mi da una quindicina d'anni a questa parte, chi non lo è? Arrivo alla fine della tracklist e sono esausto, provo qualcosa di simile alla nausea, e non credo di essere il solo. Perché questo disco esiste? Intendo, a parte l'insensata montagna di soldi e gli sforzi della macchina della comunicazione che presuppone. Potrei vederlo come un prodotto artificioso e molesto, junk food, puro inquinamento culturale, e di conseguenza dovrei condannarlo come un moralista scandalizzato dalle tette iperesposte della Cyrus. Oppure potrei accogliere Dead Petz come un meme, un disco "che imita un altro discorso", in questo caso la stessa presenza di un disco (vedo sulla home page di Dead Petz questa gif piena di glitter che gira in loop). Un oggetto che galleggia non so bene dove, comunque ora anche qui, tra un feed e l'altro, sempre in bilico tra un "PER IL LOL" e la convinzione, canne e "wake up world!". Il punto non è che si tratta di musica che "says nothing to me about my life", come ci chiedevamo da giovani: il punto è che rispecchia una "life" in cui è la musica a non avere più spazio per dire nulla (né di me, né a me). Non è un avvertimento da buttare via.

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